“Oh, che sarà, che sarà, che vanno sospirando nelle alcove, che vanno sussurrando in versi e strofe, che vanno combinando in fondo al buio, che gira nelle teste, nelle parole…”. Inizia così uno splendido brano di Chico Buarque, una poesia in Bossanova che racconta dell’amore.
Amor, ch’a nulla amato amar perdona
Un San Valentino senza troppe cerimonie è passato in questo 2021, senza baci nuovi né carezze. Allora perché non raccontarlo attraverso l’arte nello stesso modo?
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- Valentina Petrucci
- 19 febbraio 2021
Il San Valentino pandemico, appena trascorso, ci spinge alle ricerca di opere d’arte che trattano il tema dell’amore. Nuove, diverse, sconosciute forse. Baci, baci e ancora baci, queste le scene più note che rappresentano l’amore nell’arte: Hayez, Klimt, Chagall. Ma l’amore è davvero solo il bacio? All’inizio del 1600 uno straordinario pittore francese arriva a Roma dando il via ad una numerosa produzione dalle forme e tematiche barocche: Simon Vouet.
Si forma in Italia all’ombra di Caravaggio, ma sceglie una pittura diversa, dai colori brillanti e vivaci, con argomenti mitologici e allegorici piuttosto che religiosi, anche se nella capitale lavora per il cardinal Barberini, futuro papa Urbano VIII.
Vouet affronta in molti dipinti il tema dell’amore, ma in uno in particolare ne rende direttamente omaggio: Saturno vinto da Amore, Venere e Speranza. I soggetti scelti raccontano, in una circolarità di movimento che racchiude ed esprime forza, con estrema potenza, il tema dell’amore, Il racconto si svolge partendo dal basso dove Amore, un piccolo puttino paffutello, tiene in ostaggio il dio del tempo che distratto dalla bellezza e dalla speranza sembra completamente inerme.
I panneggi danno forza alla scena e ne sottolineano la violenza, seppur dolce, di trattenere il tempo di fronte alla speranza di un amore. Le ali di Saturno proseguono il racconto che arriva alle due donne, creatrici e manipolatrici di un sentimento forte mentre gli angeli concludono la scena trionfanti e vittoriosi.
L’amore, quello delle tragedie che si svolgono e si concludono lasciando poco spazio al romanticismo, come quello che lega Antonio e Cleopatra, vittime e artefici della loro stessa fine, di quel loro stesso amore. La pittura però sceglie una tematica particolare per raccontare e riassumere la storia di questi due amanti: la fine, La morte di Cleopatra. In un intreccio di figure dagl’incarnati bianchi su di uno sfondo scuro si articola l’opera di Guido Cagnacci. Contemporaneo di Simon Vouet, nella seconda metà del 600 si trasferisce a Vienna e per la corte imperiale dipinge quest’opera straordinaria che per molti rappresenta il suo capolavoro. Qui l’opera si articola e si snoda nei volti e negli sguardi che tratteggiano delle linee che dall’esterno portano all’interno, sino ad arrivare al soggetto centrale, Cleopatra. Cagnacci crea attraverso le mani delle donne un secondo soggetto, che non distrae ma spiega, che non disturba ma arricchisce la scena: il serpente, causa stessa della morte della regina che sconfortata per la morte di Antonio, che ella stessa aveva in qualche modo creato e procurato, decise di uccidersi, sia per disperazione amorosa, sia per non cadere prigioniera nelle mani di Ottaviano Augusto.
Non passano inosservate nel dipinto le vesti, le capigliature, anche se improbabili, perché bionde, ma perfette, che si perdono nella complessità del tutto e che contribuiscono con la loro luminosità a rendere il quadro vivo in ogni angolo. Grandissima prova pittorica che sembra apparentemente semplice per via delle ampie campiture di colore omogeneo ma che più la si osserva e più la si trova ricca di dettagli preziosi, come il ricamo della camicia vicino alla coda dell’aspide o l’orecchino in primo piano di Cleopatra o ancora il ricamo che si perde sulla schiena della dama sullo sfondo, senza dimenticare i riflessi sul legno, caldi e perfetti. Una tragedia d’amore, una prova, forse eccessiva, impudente ma che contempla soprattutto amore.
William Shakespeare scriveva: “Se non ricordi che amore t’abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato”. E che sia Cleopatra, Giulietta o l’estremo atto d’amore del Cristo per gli uomini, questo sentimento non può di certo essere racchiuso in un breve, seppur intenso, racconto di un bacio.
Immagine di apertura: Francesco Hayez, Il bacio, 1859