Il risultato è una riflessione sugli effetti che la situazione politica può avere sulla personalità individuale e, al contempo, un’espressione del disagio collettivo che in questa fase vive una parte del Paese, privata com’è della propria voce. Un’opera inattesa, sottile ma decisa.
Il tutto è accompagnato da un pieghevole quadrato – come quadrate sono le copertine dei dischi che abitano la memoria e l’immaginario di un appassionato di musica – su cui compare un testo solo apparentemente enigmatico: “Eliminate direct signal”, “Hear repercussions”, “No cure”, “Face history or keep on masking it”…
Çın utilizza un linguaggio criptato, come l’arte si trova a fare quando gli spazi dell’espressione si contraggono. Ma è un modo per rispecchiare gli umori, per dare forma al sommerso, per partecipare alla storia di questo momento.
Il padiglione turco è stato organizzato dalla Istanbul Foundation for Culture and Arts (İKSV), che è anche responsabile della Biennale di Istanbul, prevista per settembre: un’altra sfida, in questi tempi in cui gli spazi dell’espressione si contraggono e anche l’arte deve trovare nuove energie e nuovi, non evidenti linguaggi.
fino al 22 novembre 2017
Cevdet Erek, Çın – Padiglione della Turchia
57. Esposizione Internazionale d’Arte
Arsenale, Sale d’Armi, Venezia
Comitato: Ali Kazma, Başak Doğa Temür, Özalp Birol, Paolo Colombo, Zeynep İnankur
Commissario: Istanbul Foundation of Culture and Arts (IKSV)