Una scelta dettata dal tema che la mostra indaga: come approcciarsi al nostro tempo minacciato da profondi cambiamenti che stanno trasformando l’essenza stessa dell’ambiente in cui viviamo. I fattori climatici sono una delle prospettive sensibili che i curatori mettono al centro di “Reset Modernity!”, questione che Bruno Latour ha iniziato ad affrontare nel suo saggio cult Nous n’avons jamais été modernes: Essais d'anthropologie symmetrique (Noi non siamo mai stati moderni) del 1991. Una riflessione dal sapore quasi profetico in cui il filosofo e sociologo francese declina l’inadeguatezza di molte categorie di pensiero come modernità e postmodernità aprendo lo sguardo su una realtà ibrida. Natura e cultura s’intrecciano formando un universo di oggetti stratificati che necessitano di uno sguardo collaborativo col quale i saperi dialogano per cogliere aspetti più inclusivi che conducono a un mondo non gerarchizzato ma potenzialmente più orizzontale.
Proprio questa sensibilità molteplice e aperta anima l’intero progetto espositivo. Oltre alle opere in mostra, propone un fondamentale libretto d’istruzioni (field book) fornito all’ingresso che fa da specchio ai materiali audiovisivi pubblicati sul sito web del ZKM. Elementi connessi al corposo catalogo curato da Bruno Latour per i tipi di MIT Press, rendendolo imprescindibile strumento per cogliere le innumerevoli suggestioni della mostra.
L’allestimento concentrato al pianoterra dell’ex fabbrica di munizioni convertita in incubatore e diffusore di ricerca artistica e scientifica, richiama alcune atmosfere di Stalker, il film capolavoro di Andrej Tarkovskij con al centro la misteriosa “zona”. Un’analoga dimensione di minacciosa sospensione segna il percorso espositivo punteggiato non da sezioni o ambiti tematici bensì da sei “procedure” indicate come modalità di resettaggio del nostro senso di orientamento nel mondo globale. “In un momento di profonda mutazione ecologica, la bussola comune non offre più molto orientamento. Questo è il motivo per cui è giunto il momento per un reset. Soffermiamoci nel seguire una procedura e la ricerca di sensori che ci consentano di ricalibrare i nostri rivelatori, i nostri strumenti, per sentire di nuovo dove siamo e dove potremmo desiderare di andare. Nessuna garanzia, ovviamente: si tratta di un esperimento”.
È con quest’invito scritto sul “field book” che ci si avvicina alla procedura A, Relocalizing the global. Un ricollocamento della nozione di globale che ha come primo snodo di riflessione il film realizzato nel 1977 da Ray e Charles Eames per IBM, Powers of Ten: a film dealing with the relative size of things in the universe and the effect of adding another zero; dove un picnic sulle rive del lago Michigan si trasformava in un viaggio dentro i meandri più nascosti del cosmo fino alla struttura stessa delle molecole che lo compongono. Un’indagine che potremmo considerare tipica dell’atteggiamento modernista ben sintetizzato nello slogan di E. N. Rogers “Dal cucchiaio alla città”.
La procedura C Sharing Responsibility: farewell to the Sublime si appunta sul rapporto che l’uomo ha con eventi naturali imprevedibili come terremoti, tsunami, eruzioni, ecc. “l’addio al Sublime” – che allude alla nozione settecentesca da Burke a Kant – è espressa con intensità da un lavoro di Tacita Dean. È un polittico fotografico, Quatermary, ispirato da un documentario che ha diffuso la falsa notizia di un rischio imminente di eruzione di un vulcano nel Parco di Yellowstone così violenta che avrebbe spazzato via diversi stati americani. La quarta procedura From lands to disputed territories prende come archetipo da indagare la calotta artica. Una terra apparentemente desolata ma che in futuro potrebbe generare interessi diffusi di sfruttamento delle risorse.
È estremamente interessante il lavoro del collettivo italiano Folder, Italian Limes. Un’installazione multimediale che si interroga su cosa sia il confine tra due luoghi, soprattutto se questa frontiera cade in un’area alpina che, a causa del surriscaldamento globale del pianeta, si sta sciogliendo velocemente, mettendo a rischio l’intero ecosistema. Un confine mobile che scompagina le certezze cartografiche cambiando il concetto stesso di limite, di confine.
fino al 21 agosto 2016
GLOBALE: Reset Modernity!
ZKM Center for Art and Media
Lorenzstraße 19 Karlsruhe