Dream City 2015

A Tunisi, la quinta biennale pluridisciplinare di arte contemporanea nello spazio pubblico ha arricchito la riflessione sul ruolo dell’arte in un Paese che sta ancora cercando la sua piena identità.

Snodandosi all’interno della Medina di Tunisi, la quinta edizione di “Dream City – Biennale pluridisciplinare di arte contemporanea nello spazio pubblico” (4-8.11.2015) ha affrontato il tema “Art et lien social” (“Arte e legami sociali”) e ha offerto agli artisti provenienti dalla regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa), dal Sudafrica e dall’Europa una piattaforma creativa per immergersi nelle problematiche più pressanti della società contemporanea attraverso un intenso dialogo con gli abitanti e gli edifici di uno dei più antichi quartieri della capitale. 

In apertura e qui sopra: Dream City 2015. Photo © Rahma Rahma Megarech

A poco meno di cinque anni dalla Rivoluzione dei Gelsomini, la Tunisia è tuttora una società in piena ricostruzione e, non a caso, questa edizione è stata realizzata a partire dal presupposto che l’arte possa essere uno strumento per facilitare la coesione sociale e il confronto interculturale. Per arricchire la riflessione sul ruolo dell’arte in un Paese che sta ancora cercando la sua piena identità, i coreografi Selma e Sofiane Ouissi, creatori e direttori artistici di “Dream City” per conto dell’associazione Art in Rue – che dal 2007 organizza questa biennale nello spazio pubblico – hanno invitato, per la prima volta, il curatore esterno Jan Goossens che, direttore artistico del Teatro Royal Flemish KVS a Bruxelles e da tempo impegnato nello sviluppo di progetti artistici dedicati alle popolazioni dell’Africa sub-sahariana costruiti a partire dalla discussione e confronto con i contesti sociali e territoriali. 

Dream City 2015. Photo © Rahma Rahma Megarech

In Tunisia, forse più che altrove, l’arte può essere il cemento di una nuova società, una pratica costruttiva e dinamica che contribuisce a far vivere insieme in modo complesso, a volte attraverso la provocazione o il conflitto, ma con il pregio di creare autentici spazi di dibattito democratico. Proprio per questo, a differenza delle precedenti edizioni, questa edizione di “Dream City” è stata costruita a partire dalle residenze artistiche che hanno coinvolto nella Medina vari artisti provenienti da Sudafrica, Egitto, Marocco, Siria, Tunisia, Regno Unito, Belgio, Italia, Francia e Svizzera spingendoli a rintracciare, interpretare e ad interagire con i complessi legami sociali che si tessono nello spazio pubblico. 

Compagnie Ntsoana No 11, No Man's Land. Photo © Hela Snoussi

Partendo dal presupposto che le grandi questioni dell’attualità, fondamentali e in parte internazionali, richiedono delle risposte approfondite e ben ancorate nella dimensione locale, 15 degli artisti coinvolti in questa edizione di “Dream City” hanno lavorato attraverso residenze che hanno permesso di definire delle opere site-specific costruite con il totale coinvolgimento degli abitanti della Medina e, in particolar modo, con i suoi bambini. Le residenze artistiche sono state sviluppate in due passi successivi: il primo periodo, d’immersione e ricerca, dal 3 al 17 maggio scorsi, ha offerto agli artisti l’occasione per conoscere la Medina, esplorandone luoghi e legami sociali confrontandosi con i suoi abitanti; il secondo step, nel mese di settembre, ha invece riguardato la creazione dei diversi progetti con il coinvolgimento degli abitanti del quartiere che hanno quindi attivamente partecipato alla costruzione di scenografie, costumi, installazioni artistiche e riprese video. 

DreamCity2015, Installazione all’interno del Palais Kheireddine durante il festival. Photo © Hamza Bennour

Attraverso questo dialogo serrato con la Medina di Tunisi, gli artisti si sono dunque confrontati con la sua consistenza e con il suo tessuto urbano e hanno interpretato testimonianze e frammenti del passato per costruire un futuro comune. Questa visione costruttivamente utopica dello spazio come luogo in cui coesistono la memoria della collettività e il suo progetto di futuro trova la sua ulteriore conferma nell’attenzione che questa edizione di “Dream City” dedica all’architettura radicale. Tra le opere presentate nel quadro di questo quinto appuntamento è infatti da segnalare la mostra del progetto per la Medina di Tunisi elaborato nel 1959 da Yona Friedman che, con questo lavoro, inaugurava la sua ricerca sulla Ville Spatiale, una struttura tridimensionale, sollevata da terra capace di contenere e articolare un modo di abitare la città organizzata secondo il principio della flessibilità. 

Dream City 2015. Photo © Nadhem Mouadhen

Redatto in occasione di un concorso internazionale per la realizzazione di un grande viale che avrebbe dovuto attraversare la Medina causando la distruzione parziale del centro della città vecchia, il progetto di Friedman risolve la questione del dialogo tra memoria e futuro proponendo una catena di spazio sospesa costituita da anelli assemblati in una prospettiva tridimensionale. Come dichiarato dallo stesso autore nella presentazione della mostra “Da allora, ho usato questa tecnica in vari progetti, e, più recentemente, per quello che io chiamo iconostasi e il Museo Strada che fanno parte della mia nuova teoria, architettura senza edifici”.

Dream City 2015. Photo © Hela Snoussi

Dopo la paura e il senso d’isolamento che ha attraversato la Tunisia scossa dal drammatico attentato di Sfax la necessità di scambi aperti e approfonditi che riguardano prospettive artistiche e umane, progetti sociali costruttivi, idee creative ed emozioni è oggi più urgente che mai. Non a caso, con il tema “Arte e legami sociali”, la maggior parte delle opere presentate nel corso di questa edizione ha posto l’accento sulle relazioni umane che si snodano nello spazio urbano, coinvolgendo nella costruzione stessa dei progetti in residenza bambini, donne, uomini, giovani e anziani in uno scambio volto a conoscere la storia, il presente e il futuro della comunità locale e dei suoi rapporti con la dimensione internazionale.

Yona Friedman, Tunis 1959. © Yona Friedman

Friedman non si è mai considerato un artista, anche se il suo approccio coincide con l’orientamento dell’arte relazionale in cui il coinvolgimento tra gli spettatori, gli artisti e gli oggetti che producono è totale, spingendosi – talvolta – al ribaltamento dei ruoli. La presenza del teorico delle Utopie realizzabili in questa nuova edizione di “Dream City” appare quindi emblematico della volontà di promuovere un dialogo tra uomini, tempi e spazi differenti con l’obiettivo di determinare una risposta positiva alle sfide della contemporaneità.  Che si lavori nella Medina di Tunisi o in un’altra città dell’entroterra tunisino, l’idea di fondo di questa biennale che porta varie discipline artistiche nello spazio pubblico, è che, per aprire la strada verso il futuro, vi sia bisogno del coinvolgimento di artisti che sappiano rendere visibili e leggibili queste realtà complesse agendo attraverso i diversi livelli interpretativi offerti da arti visive, musica, teatro, danza e dall’architettura.

© riproduzione riservata