Nel villaggio di Salvador do Mundo, a nord di Goa, l’ambiente naturale selvaggio e le condizioni climatiche tropicali, con una stagione monsonica che dura sei mesi, determinano le caratteristiche dello spazio costruito e le consuetudini di chi lo abita.
Il giovane studio indiano Field Atelier ha realizzato in questo contesto un’abitazione che, da un lato, incarna la vocazione archetipica dell’architettura come riparo dagli agenti esterni e, dall’altro, come luogo di intimità e relazione domestica che si snoda intorno ad ambienti comuni e a spazi all’aperto.
L’edificio si adagia su un terreno in ripida pendenza, circondato da fitta vegetazione a sud-ovest e digradante a nord-est verso la strada di accesso. Una scala esterna che si articola tra pareti di contenimento del terreno e vegetazione conduce al piano nobile, dove si collocano i locali abitativi. All’ingresso, uno specchio d’acqua rivestito in piastrelle scure evoca una sottile inquietudine nel non percepire la profondità della vasca (e forse anche quello che sta dentro la casa) dialogando con lo spazio di accoglienza e distribuzione all’aperto: intorno a questo hortus conclusus, perimetrato da pareti di recinzione e invisibile dalla strada, si raccolgono al piano terra gli ambienti diurni di soggiorno, zona pranzo e una camera da letto e, al piano superiore, due camere da letto e lo studio.
L’impianto planimetrico semplice e funzionale articolato attorno al patio esterno, da cui filtrano generosamente luce e ventilazione naturali, si traspone in alzati essenziali caratterizzati da volumi immacolati che, tra rientranze e affacci direzionati, proiettano lo sguardo sul tranquillo paesaggio domestico interno e sulla foresta esterna retrostante.
Un’aura composta e umbratile caratterizza gli interni, dominati dai toni terrosi di pavimenti, rivestimenti, e tessili, e da arredi e infissi in legno grezzo dal sapore monastico, ad evocare un’esigenza di riservatezza e raccoglimento come condizioni essenziali dell’abitare.