Se in questi giorni di un afoso luglio un filo d’ombra è un miraggio per un’umanità arroventata, c’è chi come lo scrittore giapponese Jun'ichirō Tanizaki trovava nell’oscurità ben più di un salvavita emergenziale per riequilibrare la temperatura corporea. Nell’ombra, Tanizaki vedeva infatti lo spirito della cultura tradizionale giapponese fatta di percezioni sfumate, gesti misurati, ambienti appartati, esperienze sensoriali non solo visive ma soprattutto olfattive, tattili e uditive in contrasto con la sensibilità occidentale ossessionata dal progresso tecnologico e votata agli eccessi dell’illuminazione elettrica. E la fascinazione per l’ombra trova una sua ragione d’essere anche in architettura: nella progettazione, l’ombra è infatti da sempre un elemento compositivo determinante che conferisce alla forma costruita una valenza plastica e vitale (lo sapevano bene Barragán, Terragni e Le Corbusier, tra gli altri), se non a volte “spirituale” (le piramidi di Chichén Itzà ne sono un esempio), grazie agli effetti chiaroscurali che animano i volumi di una propria espressività sempre mutevole, in contrapposizione alla stasi “mortifera” delle forme bi-dimensionali.
13 architetture che proteggono dal sole e dal caldo
Dove il sole si fa più cocente o semplicemente quando ci si vuole ritagliare un angolo di pace al fresco, l’ombra non è solo un toccasana, ma un elemento concettuale fondativo della progettazione.
Foto Gone Lone Wolf da CCsearch
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- Chiara Testoni
- 02 agosto 2022
Perciò tra simbologie, giochi geometrici e suggestioni percettive, il valore dell’ombra esula dal suo carattere prettamente prosaico di ristoro dal caldo per accedere ad una dimensione estetica che trova negli sfumati, nei contrasti, nel dualismo tra gli opposti, nella transitorietà una chiave interpretativa – di origine prettamente orientale – della realtà.
Un principio che trova espressione in molte architetture recenti concepite come ripari temporanei o permanenti in zone climatiche più o meno estreme, dove le ombre animano gli spazi di una loro forza endogena che trascende, spesso, la semplicità delle costruzioni: opere fatte di materiali naturali – legno, bambù, lino – dalle forme essenziali (Folly in the Forest Pavilion, Kokage-gumo Pavilion e Roof & Mushrooms Pavilion in Giappone; Matter.Space.Soul Pavilion in Bangladesh; Xylem Pavilion negli USA) o articolate (Urban Park Micro Renovation e Bamboo Bamboo Pavilion in Cina; livMatS Pavilion in Germania; Bamboo Stalactite a Venezia; Tematic district expo Dubai; Nocenco Café in Vietnam; Espacio Metropol Parasol e Parque Güell in Spagna) ma che esprimono sempre e comunque un rapporto simbiotico con la natura e con il tempo che passa e che, per questo, si percepiscono come “materia viva”.
Questa piccola struttura nella foresta, circondata da alberi ad alto fusto, offre un punto di sosta e relax per la gente del posto e un vivace mercato nei fine settimana. La costruzione è interamente realizzata con materiali reperibili localmente ed assemblata a mano, dalla struttura metallica leggera alla copertura inclinata fatta di foglie di alberi autoctoni, tradizionalmente utilizzate nella regione per costruire utensili, tetti e pareti delle case.
Hopkins Architects ha pianificato la più grande area edificata di Expo 2020: i "Distretti tematici" che comprendono 87 edifici permanenti distribuiti su tre "petali", dedicati ai tre temi di Mobilità, Opportunità e Sostenibilità. Progettati secondo il principio di rivisitazione in chiave moderna della tradizionale città islamica, ciascuno dei petali è un universo unico da scoprire, in cui strade alberate e cortili con vegetazione e specchi d’acqua accompagnano i visitatori ai padiglioni. Sotto il caldo sole del deserto, le strutture ombreggianti sono un must irrinunciabile: ispirate alla forma della palma da dattero, sottili alla base e ampie in copertura, si innalzano fino a 16 metri per creare una tettoia interconnessa da cui filtrano suggestivi giochi di luci e ombre.
Affacciato sulle risaie di Noakhali in Bangladesh, "Matter. Space. Soul" è un padiglione in bambù e legno inizialmente voluto dal committente come estensione del suo ristorante, dove i clienti potessero smaltire lo stress urbano in un contesto naturale pacificante. In ragione delle specificità climatiche della zona, fortemente battuta dalle piogge monsoniche, si è scelto di realizzare uno spazio flessibile con arredi temporanei per consentire una sosta informale nella contemplazione del paesaggio. Schermature in bambù rimovibili sono state introdotte per garantire la privacy dei visitatori.
Situato nel giardino botanico dell'Università di Friburgo, il padiglione livMatS è un esperimento innovativo nella direzione di un impegno sempre più concreto nei confronti della sostenibilità ambientale. Si tratta infatti del primo edificio con una struttura portante interamente in fibra di lino avvolta roboticamente, un materiale completamente biodegradabile e disponibile in Europa centrale. Il caratteristico e intricato aspetto degli elementi strutturali in lino evoca suggestioni zoomorfe, tra tecnologia ed ecologia.
Xianmo Flower Field è un parco urbano che ospita vaste aree per fioriture stagionali: un luogo incantevole ma poco fruito per via dell’assenza di zone ombreggianti. Per richiamare un maggiore afflusso di visitatori, sono stati potenziati i servizi di accoglienza, tra cui l’installazione di padiglioni per la sosta in bambù dalle forme aerodinamiche, rese possibili grazie alle performanti proprietà di trazione e flessione del materiale che si presta facilmente a comporre sagome tridimensionali.
Nell'ambito dell'iniziativa "Pavilion Tokyo 2021" l'architetto giapponese Junya Ishigami ha progettato il padiglione "Kokage-gumo", una struttura temporanea concepita per ridare linfa vitale al giardino di una villa abbandonata del 1927 a Chiyoda-ku e per offrire ai visitatori un piacevole spazio ombreggiato per la sosta. L’opera è caratterizzata da una tettoia in legno carbonizzato secondo la tradizionale tecnica dello "yakisugi" di conservazione del materiale attraverso una leggera carbonizzazione della superficie del legno di cedro. La costruzione ruvida e scura si estende attraverso il giardino, avvolgendo delicatamente gli alberi preesistenti come se avesse sempre fatto parte di questo luogo magico e misterioso.
Nel drammatico paesaggio montano carsico della contea di Yangshuo, nella regione del Guangxi nel sud della Cina, lo studio di architettura lllab ha progettato un padiglione leggero per uno spettacolo teatrale all'aperto. L’eterea struttura in bambù dalle forme morbide e avvolgenti, da cui filtrano animati giochi chiaroscurali, sembra essa stessa “danzare” sospesa tra la ricca vegetazione del luogo.
Tra le vaste distese a verde del Montana, all’interno del Tippet Rise Art Centre, Kéré Architecture ha “importato” un po’ della sua Africa: un padiglione che emerge in una radura circondata da alberi di pioppo, di fronte a un piccolo ruscello, scolpito in tronchi di legno di pino grezzo proveniente da un processo sostenibile di potatura. I tronchi della tettoia sono raggruppati in fasci circolari all'interno di strutture modulari esagonali a travi e colonne in acciaio. La copertura, al contempo massiccia e leggera, si ispira alla “tuguna”, lo spazio sacro di raccolta di molte piccole comunità burkinabè: un riparo basso in legno e paglia che offre ventilazione e protezione dal sole.
Lo studio vietnamita Vo Trong Nghia Architects (VTN) definisce il bambù come "l'acciaio verde del XXI secolo": e proprio con questo materiale progetta strutture flessibili, facilmente duplicabili e trasportabili ovunque. Bamboo Stalactite è un’istallazione per la Biennale di Venezia 2018 collocata sul lungomare: Il padiglione comprende 11 moduli, ognuno dei quali è formato dalla combinazione di 2 strutture a guscio iperboliche che offrono uno spazio ombreggiato per chiunque voglia trovare ristoro dalla calura.
Proseguendo le ricerche sul bambù, uno dei materiali fondamentali della tradizione architettonica vietnamita e già sperimentato a Venezia, VTN Architects realizza sulla copertura di un edificio moderno senza particolari qualità a Vinh, nel nord del paese, uno spazio accattivante e iconico per un bar-club. La struttura di cupole e volte autoportanti che modellano il Nocenco Café ospita un ambiente dalla texture vibrante e dalle geometrie variegate, da cui si gode una piacevole vista sul panorama urbano.
Un piccolo padiglione in legno nel campus della Kyoto University of Art and Design, addossato ad una ripida collina ricoperta da una lussureggiante vegetazione, offre ai visitatori un gradevole spazio ombreggiato per la contemplazione del panorama in mezzo a boschi di susini. Una copertura leggera ad andamento inclinato poggiante su sottili pilastri protegge la sequenza di sgabelli di fattura artigianale a forma di fungo -raggruppati alla base dei pilastri, negli angoli e nelle fessure dei muri di pietra e delle scale - a evocare, più che arredi, elementi naturali che spuntano spontaneamente dal terreno.
L’opera è concepita come un immenso “parasol”, un ombrello traforato per offrire un riparo dal sole ai visitatori di Plaza de la Encarnación, originariamente sede del più grande mercato cittadino poi soppresso e di recente ritornata “a nuova vita” grazie ad un efficace intervento di riqualificazione urbana. Il progetto si sviluppa su cinque livelli e accoglie diverse funzioni: al livello seminterrato una piattaforma consente l’affaccio su resti archeologici; il secondo livello ospita uno spazio adibito a mercato; il terzo livello una piazza per rappresentazioni e spettacoli; il quarto livello un ristorante e il quinto una terrazza panoramica sui quartieri vecchi di Siviglia. La megastruttura di reticoli in legno che garantisce l’ombreggiamento alla piazza, lunga circa 150 metri, profonda 75 e alta 28, è una meraviglia di ingegneria strutturale progettata dalla società Arup e definita dall’architetto tedesco “una cattedrale senza pareti”.
Voluto dal ricco imprenditore e intellettuale Eusebi Güell, impressionato dal fenomeno delle città-giardino di origine anglosassone, il parco è l’unica opera costruita di un piano urbanistico più vasto che prevedeva la realizzazione di un sobborgo verde sulle colline alle porte di Barcellona. Il parco, costellato di costruzioni dalle forme sinuose, primordiali e dai colori accesi, è un entusiastico inno alla vita e un esempio di equilibrio, tra l’onirico e il giocoso, di architettura e natura. I porticati, variamente cavernosi e umbratili, ben si prestano ad offrire una sosta ristoratrice agli accaldati turisti.