Una “città spugna” in India per fronteggiare la crisi dell'acqua

Jane Withers traccia i confini di quella che si delinea come la più grande crisi sociale del XXI secolo — la crisi dell'acqua — e racconta City of 1,000 Tanks, l'idea di Ooze Architects di una “città spugna” a Domus 1044. Il progetto pilota City of 1,000 Tanks per fronteggiare la crisi dell'acqua a Chennai. Da Domus 1044.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1044, marzo 2020.

La città di Chennai (ex Madras), nell’India meridionale, per dimensioni la terza metropoli del subcontinente, l’estate scorsa ha fatto notizia e destato allarme a livello mondiale perché costretta ad affrontare la catastrofica prospettiva di rimanere senz’acqua.

La rapida urbanizzazione e un’infrastruttura idrica insufficiente, insieme con modelli meteorologici imprevedibili, esacerbati dai cambiamenti climatici, sono stati citati come fattori critici che contribuivano alla crescente crisi. Uno scenario evitato solo per poco – o meglio schivato – quando a luglio sono arrivate le piogge.

Chennai segue le orme di Città del Capo che, nel 2018, è stata la prima grande città a iniziare un conto alla rovescia per il Day Zero, il giorno in cui i rubinetti sarebbero stati chiusi. Ora che più della metà della popolazione mondiale vive in un contesto urbano, è probabile che una città a secco diventi un problema ricorrente in tutto il mondo.

“Una persona può sopravvivere solo per tre-cinque giorni senza acqua”, scrive l’attivista di Città del Capo Ashley Dawson su The Washington Post. “E una città? Questa non è una domanda ipotetica: quella delle città senz’acqua promette di essere la più grave crisi sociale del XXI secolo”.

Rendering del progetto per Mylapore con il bel tempo e le piogge monsoniche. Le zone umide artificiali e i canali di filtrazione e drenaggio con vegetazione rendono la città più verde. Progetto di Ooze Architects.

La crescente crisi idrica di Chennai ha reso la metropoli indiana una scelta ovvia – insieme a Khulna in Bangladesh e Semarang in Indonesia – come centro-pilota per il programma Water as Leverage, un incubatore per approcci radicalmente diversi alla gestione delle risorse idriche, avviato dal Governo olandese. Mentre affrontiamo un futuro caratterizzato da crisi di mancanza d’acqua, è chiaro che molti dei modi in cui è stata gestita nel XX secolo non hanno più senso, e nuovi approcci ispirati a metodi casalinghi o preindustriali che, fino a pochi anni fa, sarebbero stati considerati non ortodossi vengono esplorati come possibili soluzioni.

La prima iniziativa-pilota a Chennai è City of 1,000 Tanks, la città dai 1.000 serbatoi, un progetto guidato da Eva Pfannes e Sylvain Hartenberg di Ooze Architects, studio con sede a Rotterdam. L’iniziativa propone di fare risorgere lo storico sistema di serbatoi d’acqua della città come parte di una soluzione olistica ai problemi causati da piogge torrenziali, scarsità d’acqua e inquinamento. Invece di seguire l’attuale paradigma di progettazione di sistemi per difendere la città dalle forti piogge monsoniche, Ooze propone di collegare serbatoi storici, canali e fiumi in una nuova rete verde di condutture biologiche, zone umide artificiali e stagni di ritenzione idrica. Questo flessibile paesaggio urbano ha lo scopo di “far sentire l’acqua benvenuta” e lavorare in sinergia con il clima locale e le risorse idriche disponibili, in particolare con le piogge monsoniche.

Nonostante la nostra associazione tra scarsità d’acqua e clima secco, Chennai riceve all’incirca la stessa quantità di pioggia del Regno Unito. Tuttavia, due terzi della superficie della moderna Chennai sono impermeabilizzati dal cemento, problema che, esacerbato dallo sviluppo non regolamentato delle zone umide circostanti, implica che le precipitazioni defluiscano direttamente in mare anziché filtrare nel terreno e ricaricare la falda acquifera. Invece di sfruttare questa risorsa liberamente disponibile per integrare la diminuzione delle sue acque sotterranee, la città attualmente fa affidamento su costosi impianti di desalinizzazione o autotrasporti d’acqua da lontano, per quanti possono permetterselo.

Questo approccio da “città spugna” che introduce superfici porose nell’ambiente urbano, è un principio sempre più centrale dell’urbanistica sostenibile, con interventi che vanno dai parchi tascabili e dai marciapiedi permeabili fino alla scala urbana. Un esempio notevole è il Chulalongkorn University Park di Bangkok, progettato da Landprocess, che cattura e trattiene le acque alluvionali in prati, zone umide e stagni fino a quando non possono essere utilizzate.

City of 1,000 Tanks è stato esposto come parte del programma di ricerca Water Futures che ho recentemente curato presso la galleria A/D/O a New York. Concepito in risposta all’aumento delle situazioni critiche legate all’acqua nell’ambiente urbano, il programma era inteso come una piattaforma per ispirare e informare fantasiose soluzioni di progettazione alla crisi idrica.

Come ha sottolineato Upmanu Lall, direttore del Water Center della Columbia University, le visioni ingegneristiche dell’era vittoriana diventate la norma per le infrastrutture idriche urbane non hanno più senso a livello pratico, economico o ambientale. Lo sviluppo da parte di Ooze di soluzioni non allacciate alla rete e basate sulla natura fa parte della crescente tendenza a reinventare drasticamente i sistemi idrici urbani convenzionali che spesso attingono a pratiche vernacolari, rispettose dell’ambiente.

Accanto a Chennai, Ooze ha esposto anche le proposte per altre due città di dimensioni equivalenti. Il loro progetto-pilota per una strategia su scala urbana è Água Carioca, testato a Rio de Janeiro come mezzo per fornire sistemi locali di depurazione delle acque a basso costo per le comunità informali che non hanno mai avuto infrastrutture idriche centralizzate.

Allo stesso modo, New York: Every Other Street, proposta che affronta il problema del deflusso delle acque piovane che inquinano i corsi d’acqua naturali, reintroduce la natura come mezzo per trattenere l’acqua, allo scopo di evitare di sovraccaricare il sistema fognario combinato, creando allo stesso tempo un’attraente rete verde. Secondo il partner di Ooze Sylvain Hartenberg, “portando New York e i newyorkesi un po’ più vicini alla natura attraverso la riprogettazione delle loro strade, abbiamo il potere di prevenire l’inquinamento e allo stesso tempo di proporre uno stile di vita migliore. Si tratta solo di ascoltare ciò che la natura vuole”.

Una persona può sopravvivere solo per tre-cinque giorni senza acqua. E una città?

Le infrastrutture moderne su larga scala sono spesso invisibili, incomprensibili e vulnerabili ai guasti sotto la crescente pressione. Ooze crede che nascondere i sistemi indispensabili su cui facciamo affidamento – per risorse come l’acqua, il clima o l’energia – c’impedisca di comprendere l’impatto che abbiamo sul mondo che ci circonda. Sebbene il loro schema per Chennai abbia lo scopo di allentare la pressione sulle infrastrutture esistenti piuttosto che sostituirle, il lavoro si sforza di reintrodurre i processi ciclici della natura e le variazioni stagionali dell’acqua nella vita di tutti i giorni, rendendoli sia visibili sia tangibili.

Oltre alla loro funzione vitale di contenere l’acqua piovana e offrire a essa l’opportunità di penetrare nella falda acquifera, i magnifici serbatoi di Chennai sono stati progettati per celebrare l’acqua nella vita urbana, proprio come gli acquedotti nell’antica Roma o l’elaborato sistema di cisterne e tubi che ha permesso alla città nabatea di Petra di diventare una città-giardino nel deserto. C’è un rinnovato interesse per i sistemi idrici antichi e vernacolari. Nel suo libro Steps to Water: The Ancient Stepwells of India (2002), Morna Livingston illustra le mutevoli funzioni comunitarie, spirituali e di approvvigionamento idrico dei pozzi a gradini nell’India occidentale, le cui forme prototipiche furono costruite intorno al 200 d.C. Spesso dismessi durante il dominio britannico, vi è ora un’iniziativa per ripristinare l’uso di questi serbatoi in Gujarat e Rajasthan.

City of 1,000 Tanks è stato sviluppato come progetto iterativo che può espandersi in tutta la città e replicarsi altrove. È in corso una sperimentazione sul campo presso la PS Senior School di Mylapore, un’area storica di Chennai, che oltre a dimostrare l’efficacia dei sistemi naturali è concepita per educare studenti e residenti locali. Il prossimo passo è uno schema che ripristinerà due dei 53 serbatoi dei templi storici di Mylapore e tesserà una rete di canali di filtrazione e drenaggio con vegetazione attraverso lo spazio pubblico di collegamento, dando origine al primo stadio di un sistema di gestione delle acque in tutta la città, ma creando anche una nuova attrazione turistica. Questo è inteso come il primo di quattro progetti adattati ai diversi ambienti urbani di Chennai, inclusi alloggi resistenti alle calamità naturali nell’area di Chitra Nagar e un programma di corsi d’acqua intelligenti per Mambalam.

Questo progetto è la prova di un nuovo approccio per risolvere problemi idrici che fino a poco tempo fa sarebbero stati considerati marginali. Ora c’è una crescente consapevolezza che dovremmo lavorare con la natura, piuttosto che contro di essa. Affrontare questi problemi in modo olistico e su scala umana e locale ha l’ulteriore vantaggio di rendere l’ambiente urbano più piacevole e vivibile. Quando disse che “la verità sta in fondo a un pozzo”, Democrito vedeva probabilmente molto lontano.

Jane Withers è un’affermata curatrice, consulente e critica di design. Ha diretto il programma di ricerca annuale Water Future spresso la galleria A/D/O di New York ed è impegnata da lungo tempo sui modi creativi di affrontare le problematiche relative alla sostenibilità idrica.

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