L’arco è una struttura curvilinea concepita per superare uno spazio vuoto. Il profilo che lo caratterizza ne definisce gli attributi che variano in base alle epoche, alle culture e al tipo di utilizzo.
Le forme più celebri sono l’arco a tutto sesto, struttura romana per eccellenza, che con l’arco ribassato è alla base delle grandi costruzioni quali ponti, acquedotti o bagni; l’arco a sesto acuto, portato a perfezione dai costruttori gotici insieme all’arco rampante che, asimmetrico, svolge una funzione di controspinta; l’arco inflesso il cui profilo presenta un cambio di curvatura, spesso utilizzato nell’architettura islamica e nelle aree di influenza orientale; l’arco a ferro di cavallo, tipico delle architetture arabe o di derivazione araba; l’arco Tudor caratteristico dell’architettura inglese del XVI secolo; l’arco ellittico utilizzato principalmente per i ponti e l’arco a profilo parabolico utilizzato da Antoni Gaudì e l’arco a profilo catenario.
Questo elemento è una delle massime espressioni simboliche e costruttive dell’architettura e non a caso, insieme ai ponti, compare ripetutamente nelle incisioni di Giovan Battista Piranesi. Sostituito da sistemi trilitici nel corso di quella che viene definita l’architettura moderna per motivi di ordine ideologico e costruttivo, a partire dal secondo dopoguerra l’utilizzo dell’arco si inscrive nell’evocazione dell’architettura romana, senza però riprenderne la tecnica costruttiva.
L’arco è una struttura curvilinea concepita per superare uno spazio vuoto. Il profilo che lo caratterizza ne definisce gli attributi che variano in base alle epoche, alle culture e al tipo di utilizzo.
In tale cornice si colloca, ad esempio, l’arco catenario del Jefferson National Expansion Memorial a St. Louise (Missouri, 1947-68) realizzato insieme al parco e al museo per commemorare il Louisiana Purchase, il negoziato effettuato da Thomas Jefferson per acquisire i territori francesi del bacino occidentale del Mississippi.
Progettato da un’eterogenea équipe guidata da Eero Saarinen, l’idea di quest’arco scaturisce dai viaggi giovanili del suo autore alla scoperta delle architetture delle antiche civiltà in Europa e in Medio Oriente: esso viene pensato come “un simbolo dal significato imperituro. Tuttavia, né un obelisco, né un volume rettangolare, né una cupola sembrano essere adeguati a questo luogo e per questo proposito; piuttosto un grande arco sulla riva del fiume può rappresentare la soluzione”. Oltre al sottile riferimento a un arco trionfale e alla metafora del ponte, quest’arco, dalla sezione triangolare variabile e percorribile, dai profili in acciaio inossidabile che reagiscono alla luce e alle temperature, evoca la tecnologia aeronautica locale.
Parabolici e in cemento armato sono gli archi che cadenzano, con luci differenti, il fronte del Palazzo Mondadori di Oscar Niemeyer (Segrate, 1975). A Segrate, la straordinaria capacità espressiva di Niemeyer trova una perfetta integrazione tra forma e struttura: la memoria dell’ars aedificandi romana nel Palazzo Mondadori non è qualcosa di letterale o stilistico, essa rappresenta la capacità di saldare, in senso costruttivo e simbolico.
Di natura prettamente evocativa sono invece gli archi a tutto sesto e ribassati che caratterizzano le spazialità del Museo dell’arte romana di Mérida di Rafael Moneo (Mérida, 1980-85). Nel museo, concepito come un luogo di risonanza che si basa su una serie di analogie centrate attorno ai temi dell’ingegneria romana, la natura di rivestimento dei mattoni pieni “all’antica” è palesemente mostrata dalla presenza di strutture in cemento armato.
Oggi alcune architetture mostrano come l’arco sia soggetto a inedite declinazioni. Il profilo dell’arco compare, a esempio, nel campionario dei cosiddetti “pannelli platonici” messi a punto da ORG Architecture per realizzare unità strutturali dai profili diversificati, moltiplicabili e impilabili in base alle necessità. Realizzati in cemento prefabbricato e concepiti a incastro, i pannelli sono pensati per essere adattati a qualsiasi utilizzo e luogo e hanno trovato una prima applicazione per il Mercato di Anderlecht, (Bruxelles 2013): l’arco è trasportabile.
Nella Nuova Biblioteca dell’Università per le Arti Tama Hachioji (Tokyo 2007), l’arco viene sottoposto allo sguardo orientale di Toyo Ito e dell’ingegner Mutsuro Sasaki. Gli archi della biblioteca sono dotati di diverse altezze; essi non compongono più nel loro insieme una scansione ritmica dello spazio fissa, ma variabile – le luci variano da 1,8 a 16 metri; non costruiscono una maglia strutturale lineare, ma contessono una struttura sinuosa che rende fluente la successione degli spazi interni e inflette i prospetti.
Persino il cemento è qui utilizzato solo per le sue qualità superficiali: gli archi sono realizzati in lastre di ferro sagomate fuori opera. Quel “mondo fluttuante” mirabilmente espresso sul piano bidimensionale da Hokusai ri-scrive la grammatica dell’arco e la spazialità a esso connesso: l’arco è fluttuante.