di Carla Tozzi
Esistono tante Torino. Quarto comune italiano per popolazione, Torino è una città che nel corso della sua storia ha indossato abiti sempre diversi: quelli reali dei Savoia e quelli patriottici della prima capitale d’Italia; quelli oscuri della tradizione esoterica, quelli della classe operaia che facevano da contraltare alle cravatte degli uomini d’industria negli anni della Fiat, le divise sportive della Juventus e del Grande Torino, quelli underground dei Murazzi e dei Subsonica.
Oggi la città rivela la sua anima contemporanea attraverso i numerosi processi di rigenerazione urbana che hanno interessato il tessuto cittadino dagli anni Ottanta ad oggi, attraendo i più grandi architetti contemporanei – da Norman Foster a Renzo Piano, passando per Oscar Niemeyer, Aldo Rossi e Carlo Mollino, torinese di nascita – per creare nuovi spazi culturali e di condivisione. Le tracce dell’importante passato produttivo non sono scomparse, ma hanno acquisito nuovi significati legati soprattutto al coinvolgimento della comunità.
Domus vi porta a Torino, con tre itinerari nella città post-industriale italiana per eccellenza, per scoprire i progetti di riqualificazione e archeologia industriale da visitare.
Itinerario 1: da sud a nord
L’itinerario inizia da Borgo San Paolo, uno dei principali quartieri operai di Torino, dove erano situati lo stabilimento della Lancia, le officine ferroviarie e altre aziende del settore meccanico. Qui si trova infatti una delle fondazioni d’arte contemporanea più importanti della città, e d’Italia: la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. La sede cittadina, realizzata nel 2002 da Claudio Silvestrin in Borgo San Paolo (complementare della nobile villa settencentesca di Guarene, nota anche per il suggestivo Parco d’Arte) sorge sull’area della ex Fergat, azienda specializzata nella produzione di componenti per auto, veicoli militari e a uso agricolo.
Nello stesso quartiere ha sede anche la Fondazione Merz, ospitata dall’edificio dell’ex centrale termica Officine Lancia, esempio di architettura industriale degli anni Trenta, un centro dedicato alla riflessione sulla produzione di Mario e Marisa Merz, ma anche un luogo aperto al dialogo con grandi progetti site-specific di artisti nazionali e internazionali.
Risalendo di poco verso il centro, si incontrano le OGR, Officine Grandi Riparazioni: si tratta delle più antiche officine ferroviarie d’Italia, realizzate intorno alla metà del XIX secolo per riunire le officine ferroviarie di Porta Susa e Porta Nuova, diventate poco efficienti con l’espansione della città. Dismesso dalla sua funzione all’inizio degli anni Novanta, ne è stata scongiurata la demolizione nel 2013 quando la Fondazione CRT ha acquistato questo enorme spazio dalla superficie di circa ventimila metri quadrati per riconvertirlo in centro che ospita mostre di arte contemporanea, eventi, concerti e manifestazioni culturali.
A pochi passi dalle OGR si trova un altro luogo che parla di Torino come di una città all’avanguardia, la GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea. La storia di questa istituzione – riaperta il 15 ottobre, dopo poco più di un mese di chiusura per una prima parte di ristrutturazione, curata dallo studio PAT. – ha inizio nel 1863: Torino è stata la prima città italiana a promuovere l’acquisizione di opere d’arte moderna nella collezione del proprio Museo Civico. Nel 1959, poi, gli architetti Carlo Bassi e Goffredo Boschetti progettano la sede odierna, riconoscibile per i volumi scultorei.
Non lontano dalla GAM, proseguendo verso nord, si incontra la luminosa stazione di Porta Susa, secondo polo dell’alta velocità di Torino, che si presenta come una reinterpretazione moderna delle affascinanti gallerie e dei padiglioni urbani ottocenteschi in ferro e vetro, costruita su progetto della società franco-italiana AREP.
Sulla galleria vetrata, che raggiunge quasi quattrocento metri di lunghezza, svetta il grattacielo progettato da Renzo Piano per Intesa San Paolo, inaugurato nel 2015 e situato nell’area originariamente occupata dal mattatoio civico, che è sicuramente uno dei simboli della Torino del nuovo millennio e la torre più alta d’Italia fuori da Milano.
Proseguendo l’itinerario verso nord, Piazza Statuto è una tappa obbligatoria. Ultima delle piazze del periodo risorgimentale a essere costruita, è caratterizzata dalla presenza di eleganti palazzi, come Palazzo Paravia con il suo sobrio stile neoclassico inglese, ed è diventata simbolo delle lotte operaie degli anni Sessanta.
All’inizio dello stesso decennio, sul lato ovest della piazza ha inizio la costruzione del comprensorio della Torre BBPR, unico esempio in città dell'architettura post-razionalista di scuola milanese. In questo filone di sperimentazione e dissenso, rispetto agli assunti dell'architettura razionalista e organica, che Paolo Portoghesi definì “neoliberty”, si inseriscono anche i progetti di Sergio Jaretti ed Elio Luzi, come la Casa dell’Obelisco in borgo Crimea, le ville gemelle di via Borgofranco, e la palazzina che proprio su piazza Statuto fiancheggia i BBPR.
Tra i progetti di riqualificazione degli spazi industriali, invece, il Parco Dora è tra i più significativi. Sul sito della Michelin e delle ferriere Fiat, un tempo grande quanto il centro città, dal 2004 lo studio di Peter Latz, ha integrato elementi naturalistici con strutture industriali monumentalizzate, come i pilastri e la tettoia delle ferriere.
Ai due estremi del Parco Dora troviamo la Chiesa del Santo Volto costruita tra il 2004 e il 2006 su progetto dell’architetto svizzero Mario Botta, la prima costruita in città nel XXI secolo, e l’Environment Park, progettato nel 2000 dall'architetto argentino Emilio Ambasz, che in trentamila metri quadrati ospita aziende e laboratori che operano nei settori della sostenibilità ambientale e dell'innovazione tecnologica.
In quest’ultimo snodo, due grandi testimoni della Torino industriale: le ex Officine Savigliano, in corso Mortara, l’edificio in cemento armato e ferrofinestra di una delle più antiche società metalmeccaniche del Piemonte, nata nel 1880; e la Le Roi Music Hall, il dancing che Carlo Mollino progettava per Attilio Lutrario nel 1959, e che ancora oggi attrae il pubblico più diverso sotto le luci del suo soffitto quasi psichedelico.
Itinerario 2: lungo la Dora fino in centro
Il secondo itinerario riprende il filo del discorso lungo le sponde della Dora, per arrivare fino in centro. Il punto di partenza è la Casa Aurora (1987) di Aldo Rossi e Gianni Braghieri, costruita sull’area dell’antica cascina Aurora, che dà il nome al quartiere in cui si trova, Borgo Aurora, considerato sul finire dell’Ottocento il quartiere operaio più grande della città.
La costruzione di nuovi edifici nel tessuto urbano è continuata creando nuove opportunità di dialogo con la città: tra queste la Nuvola Lavazza, che si trova in un’area originariamente occupata da una centrale elettrica dell’Enel. Il progetto è di Cino Zucchi.
Proseguendo verso il centro, nell’area si incontra il Campus Luigi Einaudi progettato da Norman Foster, considerato tra gli edifici universitari più belli al mondo.
Attraversando i Giardini Reali si arriva alla Cavallerizza Reale, Patrimonio Mondiale dell'Umanità dell'Unesco dal 1997. Il progetto di riqualificazione è ancora in fieri. Grazie a Paratissima, il complesso è diventato un punto di riferimento come centro contemporaneo dedicato a progetti artistici e culturali.
Itinerario 3: il distretto del Lingotto
Il terzo itinerario è tutto dedicato a un luogo rappresentativo non solo del carattere industriale di Torino, ma anche della sua intraprendenza, ed è tutt’oggi un polo in continua trasformazione. Stiamo parlando del Lingotto, progettato dall’ingegnere Giacomo Matté Trucco per la Fiat tra il 1916 e il 1920, divenuto fin da subito uno dei principali esempi italiani di modernità architettonica, che anche Le Corbusier definì «uno degli spettacoli più impressionanti che l’industria abbia mai offerto» nell'opera Vers une architecture del 1923.
Si tratta del primo stabilimento italiano in cemento armato, ispirato al modello americano della Ford di Highland Park a Detroit, che integra tutte le fasi produttive su cinque piani, e termina con una pista di collaudo sopraelevata (è uno dei tre soli edifici mai costruiti al mondo con un circuito automobilistico sul tetto).
Il Lingotto diventa un simbolo del proletariato torinese durante la Seconda Guerra Mondiale, e chiude nel 1982 dopo la graduale riduzione della produzione. Fiat pensa a restituire alla collettività l’uso dell’edificio dismesso, e nel 1985 Renzo Piano viene incaricato di ristrutturare l’intero complesso.
L’elemento più suggestivo del Lingotto è probabilmente la Pista 500, trasformata dalla Pinacoteca Agnelli in spazio espositivo. Sulle tre strutture centrali nell’ovale della pista si trovano anche la Bolla, sala per riunioni interamente vetrata sospesa a quaranta metri dal tetto, con l’eliporto aggiunto nel 1994, e lo Scrigno (2002), scatola metallica in cui sono conservati venticinque capolavori della collezione della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli.
Integrata nel complesso degli edifici del nuovo Lingotto, c’è anche l’edificio Oval, costruito in occasione dei giochi olimpici invernali del 2006 come pista da pattinaggio di velocità, su progetto dello studio inglese HOK Sport Ltd, con Studio Zoppini Associati, Buro Happold Ltd, e M.S.C. Associati SR. Questo spazio di ventimila metri quadrati che fa parte di Lingotto Fiere, ogni anno ospita la fiera d’arte internazionale Artissima.
A confermare la centralità del Lingotto, c’è anche la sede della regione Piemonte, che tra il 2006 e il 2007 viene rilocalizzata nell'area ex Fiat Avio. Il grattacielo progettato da Massimiliano Fuksas con i suoi 209 metri (compresa l’antenna) è il più alto della città, e il terzo in Italia.
Nella stessa zona si trovavano anche i Mercati Generali di Torino, costruiti nel 1932 su progetto di Umberto Cuzzi, esempio di architettura razionalista, con sette gallerie ad archi parabolici di calcestruzzo a vista, disposte simmetricamente. Parte del villaggio olimpico durante i Giochi invernali del 2006, oggi attendono una nuova destinazione.
Se hai più tempo
Con ancora una mezza giornata a disposizione, vi proponiamo delle mete fuori città che valgono una visita.
Il primo suggerimento riguarda due complessi costruiti su progetto di Oscar Niemeyer che si trovano in due comuni dall’area metropolitana torinese: il Palazzo FATA a Pianezza (1977-1979), e la Cartiera Burgo a San Mauro Torinese (1977). Il primo ancora in funzione come sede dell’azienda da cui prende il nome, il secondo ripristinato da poco più di un anno come sede della Argotec, space company italiana, con centri operativi a Torino e negli USA. Un salto al Castello di Rivoli è il secondo suggerimento: storica residenza sabauda restaurata negli anni Settanta, dal 1984 è sede di un museo d'arte contemporanea con una delle collezioni più importanti d’Italia.
L’ultima tappa è un esempio di archeologia industriale. Il complesso delle Officine Grandi Motori alla Barriera di Milano, costruito nel 1891 da Pietro Fenoglio per essere la sede delle Officine Meccaniche Michele Ansaldi, fu poi ampliato e nel 1923, venne acquisito dalla Fiat, che vi insediò la sezione Grandi Motori (OGM). Dalla chiusura dello stabilimento, è da molti anni in una condizione di forte degrado e al centro di un progetto di qualificazione che non ha ancora avuto inizio.