Il primo assaggio della Biennale che aprirà al pubblico il 10 maggio del 2025, dato dal curatore Carlo Ratti e dal presidente Pietrangelo Buttafuoco, è subito una questione di lingua: né italiano, né inglese infatti, è il latino a fornire un nome alla diciannovesima mostra internazionale di architettura. Sotto la parola Intelligens (intelligenza, ma anche gens, popolo, persone) si vorranno combinare quelle che Ratti ha definito come tre intelligenze, quella naturale, quella artificiale e quella collettiva.
Fino da Ruskin, tutti sono venuti a Venezia chiedendosi come salvarla, forse adesso è Venezia che può mostrare una via per salvare tutti quanti.
E sono anche queste le tre sezioni in cui sarà suddivisa la mostra centrale alle Corderie dell’Arsenale. Le prime due racconteranno un rapporto di co-evoluzione tra naturale e artificiale: materiali organici, vegetazione e biomimetica, ma anche reti e infrastrutture digitali, l’ambiente costruito come organismo vivente e l’intelligenza artificiale nel suo ruolo ancora in definizione rispetto alla pratica di chi progetta. L’intelligenza collettiva, poi, dovrebbe esprimersi in quelle formulazioni associate spesso al cosiddetto informale, come luogo dove l’architettura lavora con e non contro la natura. Questo per arrivare a una sezione finale che si interrogherà sulle possibilità dell’abitare fuori dal pianeta Terra, nel caso quest’ultimo dovessimo finire per danneggiarlo irreparabilmente.
L’introduzione invece è dedicata proprio alla città di Venezia che, con tutte le azioni che la animano e la proteggono, viene vista come irripetibile esempio di come diverse forme di intelligenza si mettono in pratica.
Fino da Ruskin, tutti sono venuti a Venezia chiedendosi come salvarla, forse adesso è Venezia che può mostrare una via per salvare tutti quanti, ha detto Ratti, ed è attraverso questa lettura che si arriva a quella che forse è la componente destinata ad attirare più attenzione in questi mesi pre-opening; componente che inevitabilmente ha a che fare con il luogo fisico da sempre più denso di confronto: i Giardini.
Il padiglione centrale, prima di tutto, che non ci sarà: chiuso per lavori, diffonderà la sua attività di ricerca attraverso tutta la città, che nelle parole del curatore diventerà un laboratorio, anche in termini di circolarità nella produzione dell’evento: si punta a fare un’esperienza-manifesto, dove contenuto e contenitore andranno a coincidere.
Quanto ai padiglioni nazionali, si è fatto subito riferimento all’azione coordinativa della Biennale 2014 curata da Rem Koolhaas per invitare tutti i Paesi partecipanti – ancora in fase di formulazione delle singole proposte – ad affrontare il tema comune “Un luogo, una soluzione”, declinazione del titolo di questa edizione nei termini di casi di successo da presentare. Pare che la Francia abbia già sorpreso il gruppo curatoriale formulando la sua proposta proprio in questa direzione. Non ci sono ad oggi altre informazioni o posizioni rispetto alle diverse partecipazioni nazionali.
Si inserisce in questa modalità combinatoria di top-down e bottom-up anche una novità, rispetto alle edizioni precedenti: uno spazio dedicato a proposte dall’esterno, da parte di architetti e non, che il curatore valuterà per un inserimento nella mostra, e che resterà aperto fino al 21 giugno del 2024.
Immagine di apertura: Foto Andrea Avezzu