Le case autocostruite Wayúu del deserto colombiano

Abbiamo visitato La Guajira, una delle regioni più povere e remote della Colombia, nonché riserva indigena più grande del paese, per documentare come l’architettura autoctona si è adattata a un contesto climatico estremamente sfidante.

La Guajira è una vasta regione desertica situata nella parte più settentrionale della Colombia, incastonata tra la costa caraibica e il confine venezuelano. Si tratta della regione più arida, povera e remota dell’intero paese, nonché della più grande e popolosa riserva indigena, abitata dalla comunità Wayúu. La vasta regione desertica della Guajira è praticamente inaccessibile per chiunque non faccia parte della comunità Wayúu. I contatti con il mondo esterno sono limitati alle istituzioni religione (come la Chiesa Cattolica, arrivata con i conquistadores spagnoli, e le sette protestanti provenienti dagli USA affermatesi negli ultimi anni) e alle autorità governative che offrono scarsa assistenza. Il turismo qui interessa principalmente una sola città sulla costa caraibica, raggiungibile attraverso l’unica strada della regione. Nessun visitatore straniero osa avventurarsi nel deserto. Data la mancanza di strade segnalate, cartelli stradali, indirizzo e persino nomi di paesi, solo i residenti del luogo in possesso di una motocicletta possono farsi strada nella regione. 

Per raggiungere le comunità del deserto, ho fatto visita alla divisione governativa per Affari Indigeni di Uribia, la capitale indigena della Colombia. In questa piccola città ai margini del deserto, sono stato messo in contatto con Morris, una guida e cacique (capo) Wayúu. A pagamento, Morris mi ha assicurato un passaggio in moto fino a casa della famiglia di sua sorella, a tre ore da Uribia, dove aveva vissuto prima di trasferirsi in città.

Le famiglie Wayúu vivono in rancherias, appezzamenti di terreno dotati di abitazioni per i membri della famiglia, una cucina comune, un bagno pubblico (il deserto fa da WC) e un patio coperto, dal cui tetto pendono grandi amache (chinchorros). La famiglia estesa degli zii e dei cugini materni, la cui casa è stata costruita una discreta anche se visibile distanza, fa parte di un clan e i clan all’interno di un determinato territorio formano le comunità indigene. Solo coloro che hanno legami diretti con la famiglia possono risiedere in queste comunità e l’accesso al territorio è pressoché impossibile per gli estranei al clan. Le donne raramente si allontanano dalle loro cose se non per visitare i parenti più vicini, e solo pochissimi Wayúu residenti in questa regione si sono spinti oltre Uribia.

Ho trascorso tre notti nel deserto, dormendo in un chinchorro costruito dalla sorella di Morris e mangiando arepas di mais e carne di capra. Ho visitato il cimitero locale, la chiesa, il pozzo d’acqua, la scuola abbandonata e le case della famiglia allargata e ho fotografato tutte le costruzioni che i Wayúu si sono costruiti. Nel corso degli ultimi anni trascorsi in Colombia ho attraversato l’intero paese per documentare quella che definisco architettura autentica, cioè quella delle persone che abitano le proprie case. E, non avendone trovate molte, ero certo che l’avrei trovata in questo deserto. Non c’è un vero e proprio studio sull’architettura del deserto Wayúu e spesso le fotografie delle loro case sono solitamente utilizzate solo per mostrare la povertà in cui vivono. Si tratta, ovviamente, di una rappresentazione della realtà distorta, perché, sebbene il reddito medio degli abitanti locali sia notevolmente al di sotto della media nazionale, è il deserto stesso a fornire loro quasi tutto ciò di cui hanno bisogno, gratuitamente, e la loro cultura e le loro tradizioni millenarie forniscono loro le competenze necessarie per costruirsi case meravigliose. 

Nel profondo del deserto, lontano dalle luci, dall’inquinamento e dal dilagante consumismo delle città, l’architettura Wayúu, così come lo stile di vita di questa comunità, può essere descritta come elegantemente minimale, capace di costruire ripari efficienti e confortevoli con materiali naturali e del luogo, utilizzati e perfezionati nel corso di centinaia di anni.

Proprio come il yotojoro e gli alberi del luogo si sono perfettamente adattati alle estreme condizioni climatiche del deserto, anche le case dei Wayúu rispondono efficacemente a tutte le sfide imposte dalla vita in un ambiente così rigido.

La Guajira, un territorio desertico a nord-est della Colombia, è la regione più arida, ventosa e calda del paese. Le condizioni climatiche estreme presenti in questo contesto contribuiscono alla disgregazione della materia solida e causano un’erosione significativa, compromettendo la durabilità e la vita utile di tutte le strutture situate in questo deserto.

Le abitazioni dei membri della comunità Wayúu e i recinti delle capre e dei polli sono costruiti con materiali del luogo, tra cui piante, alberi e il suolo stesso. Il materiale di costruzione più comune ed esclusivo della regione della Guajira è il yotojoro, un cactus alto che cresce nel deserto. Le piante di almeno tre anni vengono essiccate per ottenere assi di legno completamente resistenti al sole e all’acqua impiegate per la realizzazione di pareti e tetti. Gli alberi autoctoni forniscono, invece, il legno usato per le strutture di supporto. Proprio come il yotojoro e gli alberi del luogo si sono perfettamente adattati alle estreme condizioni climatiche del deserto, anche le case dei Wayúu, costruite con materiali provenienti da queste piante, rispondono efficacemente a tutte le sfide imposte dalla vita in un ambiente così rigido. Le attuali case presenti nel deserto della Guajira seguono sostanzialmente lo stesso design e utilizzano gli stessi materiali usati secoli fa, a eccezione di alcune piccole aggiunte come i tetti in zinco o amianto e le porte di metallo o legno. L’utilizzo esclusivo di materiali naturali gratuiti e facilmente reperibili in tutta La Guajira, rende l’architettura Wayúu tradizionale 100% rinnovabile. 

Nonostante queste abitazioni si adattino bene al clima avverso e nonostante la libertà di costruzione, nel deserto sono state realizzate diverse costruzioni che cercano di “migliorare” e modernizzare l’architettura tradizionale Wayúu. Tra queste, la più recente è una scuola elementare situata lungo l’autostrada, progettata da un architetto professionista di Bogotà e finanziata da una fondazione con sede in Florida che costruisce edifici. Sebbene per la costruzione siano stati utilizzati materiali tradizionali, come fango, legno e yotojoro, l’edificio ha un tetto in metallo e poggia su una spessa base di cemento.

Inoltre, sia i materiali artificiali che quelli naturali sono stati acquistati e trasportati nel deserto da una città vicina. L’investimento finanziario nella costruzione, l’importazione dei materiali e il coinvolgimento di un architetto implicano che, in caso di rottura o degrado dei materiali, è probabile che mancheranno sia i fondi che le competenze necessarie per la manutenzione della struttura, il che condurrà al suo inevitabile abbandono e progressivo sbriciolamento e ritorno al deserto.

Lo stesso vale per le scuole costruite dai governi locali per la comunità di La Guajira. Queste imponenti costruzioni in cemento richiedono considerevoli investimenti per la loro costruzione e per i materiali usati, che devono essere trasportati da grandi distanze. Nonostante il cemento sia un materiale più duraturo dei materiali naturali, anch’esso soccombe alle temperature estreme e all’aridità del deserto. Così le decine di strutture in cemento disseminate nel deserto, con muri crollati e tetti sfondati, diventano monumenti e lapidi per le tecniche e i materiali che non si adattano all’ambiente o alla cultura in cui sono state costruite. La tensione tra materiali e design tradizionali e quelli moderni non emerge solo nella costruzione delle case di coloro che vivono nel deserto, ma anche in quelle dei morti. I luoghi di sepoltura degli antenati Wayúu sono stati costruiti per secoli e secoli mediante l’utilizzo di sole rocce e rami degli alberi del luogo, mentre le spoglie venivano poste in vasi di ceramica e sepolte, in modo da permettere ai corpi di essere riassorbiti dalla terra. Tuttavia, negli ultimi decenni, con l’avvento dei missionari evangelici nel cuore del deserto, le tradizionali sepolture ancestrali hanno ceduto il passo a tombe di cemento, costruite per resistere a qualsiasi interazione con l’ambiente circostante.

È pur vero che, nel caldo estremo e nell’aridità del deserto di La Guajira, i materiali da costruzione locali e naturali (yotojoro, fango e legno) utilizzati per la costruzione delle abitazioni dei vivi e dei luoghi di sepoltura dei morti hanno una durata relativamente breve. Eppure, è proprio questa impermanenza, che costringe i Wayúu a ricostruire costantemente le loro case, che mantiene viva l’architettura tradizionale Wayúu. Queste abitazioni si sono perfettamente adattate non solo al clima ma anche all’economia locale (possono essere ricostruite in un giorno senza alcun costo) e, cosa altrettanto importante, sono custodi della millenaria cultura Wayúu. Sebbene a La Guajira i tassi di povertà e malnutrizione siano elevati, gli abitanti del luogo hanno almeno il vantaggio di avere case autentiche che si sono costruiti loro stessi, che riaffermano le loro radici radicate nel deserto e nei loro antenati.