Gli Archivi Nazionali di Hanzhou, un alternarsi di colline e specchi d’acqua
Il complesso architettonico progettato da Amateur Architecture è un gioco di forze tra materie opposte ma complementari, come l’acqua e la montagna.
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- David Leatherbarrow
- 24 ottobre 2022
Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1072, ottobre 2022.
“Vedendo lo shi del pennello intrecciarsi prima in una direzione, poi in un’altra, nel suo procedere sottile e sinuoso, si direbbe davvero che sia un drago: impossibile metterci le mani!”
(Jin Shengtan)
Se quel che ci aspettiamo da Wang Shu e Lu Wenyu è un’architettura vibrante, gli Archivi Nazionali di Hangzhou non soddisfano solo queste attese, ma fanno di più: per complessità, ricchezza e dimensioni ricordano i loro recenti musei di Fuyang e Ninghai, ma nessuno di quei pur affascinanti progetti possiede la raffinatezza e la qualità di questo complesso, né il suo dinamismo: credo che possa essere considerato una delle migliori espressioni del lavoro di Amateur Architecture Studio. Nel sito si alternano colline e specchi d’acqua: due elementi che, articolati e accentuati dagli edifici, sembrano ora, in retrospettiva, aver fornito al progetto la sua struttura primaria. Nell’arte e nel pensiero cinese non vi è probabilmente associazione più feconda dello shan shui: una forte componente verticale contro un altrettanto robusto elemento orizzontale, la prima a simboleggiare la virtù, il secondo il piacere. La montagna e l’acqua non sono, però, esattamente opposti: sono invece simili a gemelli eterozigoti dotati di attributi comuni, ma che non rinunciano alle loro qualità individuali. La terra e la pietra hanno una certa quantità di umidità, l’acqua una misura di tangibilità. Osservate più da vicino o, meglio, nel corso del tempo, la montagna e l’acqua condividono qualcosa di più profondo di ciò che le distingue, ovvero un’insopprimibile capacità di cambiamento.
Foto Ji Yun
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Foto Ji Yun
Foto Ji Yun
Foto Ji Yun
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Negli scritti antichi, questo potenziale veniva descritto come una forma di energia che dava origine al dinamismo, come esemplificato dalle citazioni in apertura di questo testo. Quando le opere architettoniche mostrano la loro capacità di mutare senza sosta, possono essere definite “costruzioni naturali”, nelle parole di Wang Shu. Colline e laghi cambiano volto con il passare dei giorni, delle stagioni e delle fasi della vita. Sono quindi sia luoghi sia potenze, più vivide quando elementi di natura opposta si trovano faccia a faccia come forze uguali e contrarie.
Il movimento lungo le linee di confine tra le colline e gli specchi d’acqua unisce i diversi edifici che compongono gli Archivi Nazionali. Nei dipinti di paesaggi della dinastia Song, che gli architetti hanno studiato attentamente, linee come queste sono spesso velate dalla nebbia o da nuvole basse. Qui i sentieri sono racchiusi dentro a una forma ibrida, per metà incava e per metà panoramica, con una piattaforma, un tetto e un muro a ridosso della collina e una cornice colonnata che si apre sui prati o sull’acqua. La vicinanza alla parete rocciosa si percepisce talvolta grazie alle aperture nel muro che la racchiude, mentre il colonnato segue il percorso dell’acqua. Ombra e sole si incontrano lungo questa linea, richiamando l’attenzione verso l’interno e sottolineando l’orientamento verso l’esterno, l’una a sostegno e in contrapposizione all’altro.
Nei tradizionali dipinti di paesaggio cinesi, la nebbia spesso unisce cielo e terra, mentre la roccia e la vegetazione sfidano la forza di gravità. Lo sfasamento dei piani si riscontra anche nei percorsi pedonali di questo progetto, situati a vari livelli, all’altezza del ponte o del tetto, apparentemente intercambiabili a causa degli allineamenti geometrici e dell’uso di un unico materiale per finalità diverse. La complementarità tra gli opposti si nota anche quando si osserva il complesso delle piante dei passaggi, con la sovrapposizione di punti panoramici, di arrivo o di partenza. Più tempo si passa dentro e intorno a questi edifici, più le concezioni comuni di natura sembrano inadeguate. Questi volumi non si inseriscono tanto nel contesto naturale, ma rivelano piuttosto le tensioni e le affinità che conferiscono al paesaggio una ricchezza e un dinamismo inaspettati: la pietra bagnata, la durezza dell’acqua, le viste diagonali da percorsi rettilinei, e così via. Alcune forme richiamano progetti precedenti, ma presentano nuove interpretazioni creative. Nei vialetti che ricordano i percorsi dei giardini classici, per esempio, è stato utilizzato un doppio colonnato: una linea di colonne all’interno della balaustra, un’altra all’esterno. Perché questo raddoppio atipico? Credo per motivi di scala. All’interno, gli intervalli danno ritmo e misura al passaggio, mentre le spaziature più generose della linea esterna sono in scala con la collina e l’intero corpo dell’edificio. Le finestre a parete allargano ulteriormente una prospettiva già ampia, mentre la pianta a zig-zag dei percorsi guida lo sguardo e il cammino verso direzioni contrastanti. Infine, ci sono tracce dei lavori di costruzione visibili sulle superfici, mentre tradizionalmente vernici e smalti le nascondono.
“C’è un particolare piacere nel vedere i capelli muoversi in tutti i modi possibili, attorcigliarsi e annodarsi e tremolare nell’aria come fiamme, come serpenti che si intrecciano tra loro, avanzando qui e là.”
(Leon Battista Alberti)
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Wang Dachao
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
Foto Zeng Han
In questo progetto, i materiali sono parte attiva del gioco di forze e controforze della configurazione topografica. La cura dei dettagli si manifesta in modo semplice e sorprendente nelle modanature che coprono le fughe tra le piastrelle di ceramica: inaspettatamente, si interrompono poco prima dei punti di giuntura bidirezionali che normalmente coprirebbero. Un’analoga esitazione si riscontra nel punto in cui le colonne strutturali incontrano le solette del pavimento o del soffitto. I giunti negativi celano le connessioni nell’ombra. Ancora, i ponti abbreviano la loro estensione verso gli edifici che sono stati progettati per collegare. Perché mai degli elementi dovrebbero desistere dall’unirsi a destinazioni che potrebbero facilmente raggiungere? Una colonna che si allontana dalla soletta che apparentemente sostiene mostra il suo potenziale, quello che la rende ciò che è. Quando sono accorciati, gli elementi architettonici rivelano il loro potere di agire, che è analogo a quello degli organismi viventi. Questi dettagli, tutti assieme, indicano come dare vita a un’opera di architettura.
Superate le vecchie idee di un’architettura d’imitazione, di risoluzione dei problemi o di autoespressione, siamo di fronte a un’opera vibrante e pulsante che non si conforma alla natura, ma partecipa alla sua continua trasformazione e al suo rinnovamento. Per Leonardo da Vinci, “il movimento nasce dalla rottura dell’equilibrio, perché nulla che non esca dal suo stato di equilibrio può muoversi da sé”. Il disequilibrio assiale rispecchia la disaffezione o il desiderio. L’allontanamento o l’avvicinamento indicano la vita sia negli animali sia nelle opere costruite.
Muovendosi tra i vari edifici di questo progetto, le alternanze di elementi, materiali e superfici si presentano continuamente. Una linea di alti pannelli girevoli, rivestiti di piastrelle verde brillante, si muove parallelamente a una parete grigia e cupa. Le caratteristiche antitetiche appaiono anche nella giustapposizione dei supporti di compressione e di trazione di una passerella sospesa. In questi due casi e in molti altri, un senso di vitalità deriva da elementi antitetici che agiscono in risposta uno all’altro. La ripetizione toglierebbe vivacità alla disposizione spaziale. Se accettiamo la tesi espressa dall’edificio − alternanza continua, ovunque − giungiamo alla sorprendente conclusione che la buona architettura non ha una forma totalizzante. Forme discrete sì, ma nessuna forma dell’opera nel suo complesso. La composizione ha qui due premesse fondamentali: l’abbondanza e l’alternanza, per cui un numero apparentemente illimitato di elementi conferisce incessantemente vitalità l’uno all’altro e all’intera opera. Questo senso di un’opera priva di una forma dominante, ma pulsante di vita, ha antecedenti sia nella tradizione cinese sia in quella europea. Ancora Leonardo: “Osserva come [i contorni di un oggetto] si attorcigliano come un serpente (...) qualunque cosa tu faccia, ricordati di evitare la rigidità”. Allo stesso modo, Wang Fuzhi: “La [migliore] poesia è come un drago vigoroso, sempre ondeggiante, circondato da nuvole vorticose”. Per entrambi, l’alternanza continua vivacizza le figure e l’ambiente circostante.
Liberatosi da un concetto o da un principio dominante, questo edificio sostiene che la continuità può essere raggiunta attraverso il gioco dei contrari, un corpo che si protende in un verso e gira la testa in un altro, un ponte che si allunga in direzione di una soglia ma termina prima di raggiungerla, pannelli che salgono verso il tetto ma si fermano prima di toccarlo. Come corsi d’acqua che scendono dal fianco di una montagna, gli elementi che non hanno uno scopo finale né una forma definitiva hanno un desiderio fondamentale: formare contrasti successivi animati e capaci di animare, come l’ambiente naturale con cui l’opera architettonica si accompagna.