Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 1043, febbraio 2020
Lin’an si traduce con “sicurezza imminente”, un’espressione che riflette la storia dell’epoca Song (960-1279), quando la Cina fu divisa in due parti. Si tratta di un periodo segnato da continue guerre, al termine del quale tornò finalmente a prevalere la pace. Sebbene la città sia ricca di storia, la fama di Lin’an è ormai da tempo oscurata dalla crescente influenza di Hangzhou, principale centro urbano delle vicinanze nonché capitale della provincia.
Tuttavia, dopo aver ristagnato nella sua condizione di relativo anonimato, negli ultimi anni Lin’an ha cercato di rivendicare il suo patrimonio e il suo status. Per questo, sei anni fa ha commissionato ad Amateur Architecture Studio, fondato da Wang Shu e Lu Wenyu, la progettazione di un museo che doveva mettere in luce il suo importante retaggio storico e le sue tradizioni culturali. Il museo vuole essere la dimora permanente di una collezione di manufatti provenienti dagli scavi di tombe della dinastia Qian, che illustrano le origini della città.
Lo sviluppo del parco culturale Wuyue, sulla riva sinistra del bacino idrico di Qingshan, aveva tre obiettivi specifici: innalzare il profilo della città, fornire strutture ricreative per residenti e turisti e creare ulteriori opportunità per attività economiche e commerciali. Lu Wenyu spiega che il sito era originariamente occupato da un villaggio: “Nell’ambito del progetto siamo riusciti a preservare una vasta area di terreni, non solo come paesaggio, ma anche come archivio di ricordi della storia agricola del villaggio”, dice.
La richiesta della committenza include una serie di spazi museali per esporre le rare collezioni di forni e ceramiche antiche, ma anche di altri tesori nazionali. Ci sono inoltre caffetterie e spazi pubblici e commerciali.
Il museo sorge sul margine meridionale del sito, frammentato in una serie di padiglioni collegati. Nella parte nord del lotto, l’edificio più alto è adibito a parcheggio sotterraneo. Sopra il livello del suolo questa imponente struttura funge da showroom per gli artigiani locali, come gl’incisori di pietra sanguinaria, un quarzo semiprezioso e cristallino considerato uno dei migliori materiali per incidere sigilli.
Amateur Architecture Studio ha già sperimentato la soluzione con corti a più livelli. Le precedenti opere dello studio – in particolare il museo storico di Ningbo (2003-2008) e il campus di Xiangshan dell’Accademia d’arte della Cina (2004-2007) – sono state celebrate da Lord Palumbo alla cerimonia di assegnazione del Pritzker Prize a Wang Shu nel 2012 come “mediazioni tra monumentalità e intimità, tra passato e futuro, tra pittorico e tettonico, tra spazio pubblico e privato”. In effetti Wang, assieme allo studio, affronta costantemente le contraddizioni e usa la memoria del sito come spinta simbolica verso un’espressione contemporanea nella sua forma costruita.
Da quando si è imposto sulla scena mondiale, la concorrenza da parte di una nuova generazione di architetti cinesi è emersa con forza, ma la sua autorità persiste, in parte grazie al suo status internazionale, in parte per il rispetto che desta in qualità di direttore del dipartimento di Architettura dell’Accademia d’arte della Cina.
A Lin’an la topografia ha avuto un ruolo significativo nello sviluppo concettuale del progetto. Qui gli edifici si snodano seguendo i contorni del sito. Circondata da una natura rigogliosa, Lin’an è immersa in una delle regioni boschive di maggior richiamo in Cina e vanta da tempo una fiorente industria ecoturistica. Mentre i materiali, la lavorazione e la capacità espressiva rimangono ancora una caratteristica centrale della narrativa di Amateur Architecture Studio, il contesto storico ed ecologico di questo sito è ampiamente inserito nel programma generale del museo: un’opportunità per i progettisti di fondere la loro architettura con il paesaggio.
Come membro dichiarato della classe colta, Wang Shu si allinea agli intellettuali cinesi delle dinastie Tang (618-907) e Song che hanno usato la pittura e la poesia per rappresentare la loro cultura e la loro erudizione. Per lui, l’architettura è più della somma delle sue parti: è una virtù morale. Questo approccio filosofico, quando applicato a tutto il sito, attinge all’arte della pittura paesaggistica cinese e risponde consapevolmente al contesto naturale, storico e culturale.
In particolare, Wang Shu si è qui ispirato al lavoro di Li Tang (1050 –1130 circa), il più famoso fra i pittori Song Meridionali classici, e ha utilizzato la sua tecnica di accentuare i piani visivi a media e lunga distanza. Wang Shu nota che: “I ripidi fianchi montuosi che svettano su un lato ricordano l’imponente stile montano del Nord, mentre dall’altro lato i villaggi sullo stagno ricordano gli scenari delle terre coltivate del Sud”.
Un principio-guida per questo progetto era di lasciare intatti la collina, i terreni agricoli e i corsi d’acqua esistenti. Si trattava di rendere un omaggio figurativo agli sforzi fatti dal re Qian per proteggere e preservare la regione dall’invasione. In questo modo, il sito doveva essere simbolicamente protetto e conservato
Incrementando le dimensioni dell’edificio in proporzione al pendio della montagna, Amateur Architecture Studio crea quella che Wang Shu chiama “architettura come montagna”. Nella vita come nell’arte, lo spazio tra un fiume e una montagna “sarebbe naturalmente occupato da terreni agricoli e modeste abitazioni”, dice, e questo determina la forma e la massa dell’intervento architettonico a Lin’an. Un principio-guida per questo progetto era di lasciare intatti la collina, i terreni agricoli e i corsi d’acqua esistenti.
Si trattava di rendere un omaggio figurativo agli sforzi fatti dal re Qian per proteggere e preservare la regione dall’invasione. In questo modo, il sito doveva essere simbolicamente protetto e conservato. Per eliminare il rumore del traffico, gli edifici formano una barriera fisica lungo il bordo orientale dell’area, creando un’oasi di calma (salvo per le orde di turisti all’interno) e uno spazio chiuso per ospitare gli edifici nel vasto intervento paesaggistico.
A tutti gli effetti, sembra che nella progettazione del museo sia stata impiegata una tipologia militare. Una volta ammessi attraverso la biglietteria, i visitatori accedono a un austero passaggio tra pavimenti di pietra e pareti spesse che ricordano l’ingresso di una fortezza, prima di passare sotto un ponte e attraversare una corte chiusa. Qua e là, le finestre accessibili al piano inferiore sono state dotate di pesanti finte persiane di cemento, parzialmente chiuse, che sottolineano il senso d’isolamento: un tocco curiosamente postmoderno in un andamento prettamente tradizionale. Con la stessa precisione militaresca, i visitatori vengono chiaramente indirizzati verso l’ingresso del museo.
Nel lavoro di questi architetti – con l’utilizzo di muri di pietra e sassi, di bambù di provenienza locale e di terra battuta – è del tutto prevedibile una ricca tettonica. Ma ci sono anche soluzioni di compromesso e, per motivi strutturali ed economici, la terra battuta è stata sostituita in alcune parti con cemento rinzaffato. Allo stesso modo, la struttura del tetto di legno, con scenografici dettagli dougong a incastro con la grondaia, è completata da travi e tiranti di acciaio e da cornici di cemento delle porte. Di nuovo Lu Wenyu: “In precedenza, l’impresa edile non aveva mai usato molti dei nostri metodi costruttivi: per loro, si è trattato spesso di un esperimento”.
Il successo dei progetti di Amateur Architecture Studio tende sempre a essere legato all’attenzione ai dettagli degli artigiani locali, e quest’opera dimostra come stiano migliorando nello spiegare e supervisionare il lavoro: miglioramenti che derivano dall’esperienza, nonché dall’impiego di manodopera meglio formata. Sebbene questo generalmente dia buoni risultati, l’uso di casseforme di vimini ha prodotto un’impronta sulla superficie del calcestruzzo che ricorda i pannelli di amianto. Tuttavia, nel complesso, la lavorazione è di livello particolarmente elevato, testimonianza del controllo dedicato al processo di costruzione da parte degli architetti.
La piazza pubblica interna, inspiegabilmente separata dall’acqua e dal paesaggio da una vetrata fissa, fornisce ombra, posti a sedere e il necessario ristoro. Da qui, l’ingresso al museo avviene attraverso una corta scala cerimoniale e un chiostro aperto (delimitato da alcune barre di acciaio con giunti finemente dettagliati), fino alla prima sala.
Ognuno degli spazi museali successivi, a cui si accede in una progressione lineare attraverso l’edificio, presenta un disegno che rimanda alla tipica sala comunale del villaggio cinese: uno spazio a pianta aperta con un tetto curvo a falde, che all’interno rispecchia la forma esterna. Alcuni di questi spazi espositivi sono comunicanti, altri sono collegati da rampe chiuse piuttosto incongrue. Complessivamente, le costruzioni salgono il pendio in una rigida gerarchia di stanze, che riflette anche la struttura di un villaggio tradizionale. Il senso dell’avventura è mantenuto grazie a corridoi bui, rampe nascoste e recinti angusti che si aprono inaspettatamente sullo spazio espositivo successivo.
Allo sguardo occidentale, i primi schizzi di Wang Shu per il progetto possono sembrare grossolani o naïf, ma rappresentano lo stile classico della prospettiva cinese. Uno schizzo può presentare contemporaneamente una vista diagonale, dall’alto e dal basso nello stesso disegno. L’espressione esterna di questi volumi interconnessi è descritta come uno “sciogliersi, al pari di quelli che appaiono all’orizzonte nei dipinti di paesaggio”.
In effetti, visti dal lato opposto dello specchio d’acqua, da una distanza media, gli edifici sono presenti, ma sembrano far parte del paesaggio, piuttosto che essere stati inseriti al suo interno. È un tentativo credibile di fondere un museo moderno nel paesaggio naturale e di produrre una tipologia rurale in un vivace centro urbano.
Come forme architettoniche, questi edifici sono importanti, ma spesso rappresentano una critica antimoderna che deriva dalla percezione di Wang, convinto che la Cina si stia lanciando a testa bassa nell’urbanizzazione e stia calpestando il suo patrimonio culturale. Se possa essere descritto come
un tradizionalista, un radicale o un architetto che ripete semplicemente la stessa trovata, è questione puramente accademica. Lo studio continua a esplorare abilmente il concetto di rinnovamento culturale, oltre l’architettura. Come con il precedente museo di Ningbo, tanto acclamato, per il museo di Lin’an i progettisti si affidano a materiali locali di recupero – mattoni, piastrelle, pietre, ghiaia e fango – per lamentare la perdita della memoria collettiva, mentre il tessuto tradizionale delle città cinesi continua a essere demolito – a volte per lasciare spazio al commento architettonico di Wang Shu su quella mancanza.
In questo caso, il museo riflette sulla perdita della comunità locale, quella stessa comunità che solo cinque anni prima era stata trasferita altrove per far posto al nuovo edificio. Detto questo, Wang Shu e Lu Wenyu hanno chiaramente prodotto un’affascinante soluzione architettonica per i complessi dilemmi filosofici della Cina moderna.
Austin Williams è senior lecturer al corso di Architecture and Professional Practice alla Kingston School of Art di Londra, e Honorary Research Fellow alla XJTLU University, Suzhou, Cina.