L'architetto Louis Kahn è morto nel 1974, sette anni prima che Rolf Fehlbaum iniziasse la costruzione del Vitra Design Museum. Sarebbe stato interessante se i loro percorsi si fossero incrociati, ma invece nella realtà, la grande retrospettiva dell'opera architettonica di Kahn è ospitata in un edificio museale di Frank Gehry, architetto che ha ben poco in comune con Kahn. Ma chiunque voglia sapere qualcosa di più dei più importanti architetti del XX secolo deve semplicemente dimenticare Gehry (il che in queste sale non è facile) e immergersi in quest'ampia e ricca mostra. La prima retrospettiva di Kahn visitabile in Europa da oltre vent'anni è ricchissima di disegni originali, modelli, fotografie, riviste e video.
Benché Kahn vada considerato uno dei progettisti più importanti del XX secolo, non raggiunse mai la popolarità di Le Corbusier, Gropius e Mies van der Rohe. Perché? Forse uno dei motivi è in parte la sua mancata partecipazione alle riunioni internazionali d'architettura moderna del CIAM, cui fu invitato solo una volta, nel 1959, quando il gruppo era già in via di scioglimento. La ragione principale — parrebbe — è proprio il suo lavoro d'architetto, difficile da classificare: Kahn fa categoria a sé. Non faceva parte del Movimento moderno, né era un precursore del Postmoderno. Edifici come il Salk Institute di La Jolla, in California, o l'Indian Institute of Management di Ahmedabad, sono opere che possiedono la perfezione, la nitidezza e l'atemporalità dei templi greci. Il virtuosismo di Kahn nel progettare spazi grazie alla luce e la semplicità delle sue strutture e delle sue idee sono leggendari, ma tutte queste qualità senza paragoni si comprendono solo nell'esperienza fisica.
Louis Kahn aveva un carattere enigmatico, talvolta quanto la sua architettura. Il film My Architect del 2003, girato dal figlio Nathaniel, ha svelato alcuni tratti sconosciuti della sua storia personale, ma anche dopo averlo visto, non si riesce a capire meglio la sua architettura. La mostra del Vitra, per fortuna, non dice molto sui dettagli della sua vita privata, ma inizia, dalla prima sala, con un'abbondanza d'informazioni e di materiali sulla sua carriera, compresa la sua cartella e i begli acquerelli dei viaggi in Europa e in altri Paesi, e certe sequenze in cui Kahn compare in interviste o filmati.
Louis Kahn: il potere dell'architettura
Ricchissima di disegni, modelli, foto e video la retrospettiva di Kahn organizzata dal Vitra Design Museum delinea un panorama completo dell'opera di un architetto enigmatico e che ha sempre fatto categoria a sé.
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- Andres Lepik
- 26 marzo 2013
- Weil am Rhein
Kahn studiò a Filadelfia, ma fece il suo primo lungo viaggio in Europa nel 1928, trovandovi ispirazione per l'architettura moderna. Contemporaneamente, si scoprì una passione per il lessico della classicità. Fin dal principio, non gli interessava l'"architettura degli architetti" — come talvolta viene etichettata la sua opera — ma un'architettura che affronta la situazione sociale e riflette chi la utilizza. Quando, nel 1932, il MoMA di New York allestì la mostra "Modern Architecture. International Exhibition", che ha ispirato l'International Style, Kahn fondò l'Architectural Research Group, che lavorò sull'abitazione per le classi lavoratrici; il suo primo edificio costruito fu la sinagoga Ahavath Israel di Filadelfia. Pochi anni dopo, nel 1936, fu presente per la prima volta al MoMA con una mostra sul "Government Housing", l'edilizia residenziale a finanziamento pubblico.
Dall'edilizia residenziale, i suoi interessi si volsero all'urbanistica, dato che gli interessava il più ampio quadro dell'architettura. Nel 1943, pubblicò, con Oscar Stonorov, un libro di grande successo: Why City Planning is Your Responsibility. L'urbanistica è uno dei capitoli della mostra, e qui si comprende bene l'importanza di Kahn per la "Philadelphia Therapy", l'iniziativa di reazione al rinnovamento urbanistico di Robert Moses. La mostra comprende anche dei capitoli sulle sue residenze private, sul suo rapporto con il paesaggio e anche sui suoi edifici comunitari — e tutte le sezioni sono così ricche che potrebbero diventare vere mostre a se stanti.
Benché il tentativo di delineare un panorama completo dell'opera di Kahn sia meritorio e la quantità dei materiali sia impressionante, questa retrospettiva non può non essere al tempo stesso deludente perché non riesce a spiegare i segreti che stanno dietro la quasi mitica qualità dei suoi edifici. È più che mai palese qui il problema intrinseco delle mostre d'architettura: non possono esservi presenti i veri oggetti del desiderio, ma solo le loro rappresentazioni.