Una casa non-casa

Negli ultimi anni, il declino dell'industria dell'acciaio ha lasciato la città belga di Liegi impoverita, ma ricca di una natura idilliaca. Su questo sfondo, avendo a disposizione un budget limitato, lo studio Nicolas Firket Architects ha disegnato "un vuoto da colonizzare" per una giovane famiglia.

Questo articolo è stato pubblicato in origine su Domus 966, febbraio 2013

La stazione centrale di Liegi è un'enorme volta vetrata, che incornicia vistosamente la città e rende più visibile il suo progressivo decadimento. La vista è sconsolante: un quadro formato principalmente da edifici segnati dal tempo, talvolta del tutto fatiscenti—sale da gioco, negozi di telefonia, bar di terz'ordine e una moltitudine di abitazioni operaie in stato di abbandono. L'industria siderurgica ha portato la prosperità, ma gli anni d'oro appartengono ormai a un passato lontano: l'ultima grande acciaieria, la ArcelorMittal, ha chiuso i battenti l'anno scorso. La fabbrica, simile a un enorme congegno metallico sviluppatosi come un organismo, si sta lentamente sgretolando lungo la Mosa. Oltre il fiume, ecco un'altra icona di lamiera ondulata, un altro baluardo della città belga: lo stadio dello Standard Liegi, ancora accuratamente dipinto di rosso.

Per anni, a Liegi, il sistema panem et circenses era perfettamente organizzato. Oggi, invece, pare che la produzione di birra sia l'unico settore tradizionale in grado di mantenere salda la sua posizione, rendendo quella urbana una società che ai circenses non unisce più tanto il pane quanto il bicchiere. Questo è il terreno di casa di Nicolas Firket, il quale sottolinea che "la prospettiva di stampo sociale che era solita dare alla comunità una spinta progressista è stata largamente sostituita dalle promesse di una società consumista". Gli abitanti di Liegi sono gente semplice, facile da accontentare: sono degli esperti nell'arte del party, ai quali basta poter organizzare una festa ogni tanto. Per questo, lo stesso Firket è molto prudente riguardo alla possibilità che l'architettura abbia un ruolo nel sovvertire l'andamento delle cose.

In apertura: L’ultima vista che gli abitanti della casa hanno, prima di inabissarsi negli spazi domestici attraverso un’apertura ricurva, è quella delle colline intorno a Liegi. Qui sopra: Insediata su un pendio naturale, la casa si sviluppa in due volumi sovrapposti di lineare geometria cartesiana, perpendicolari tra loro

Tuttavia, il suo progetto per villa arra può essere considerato una dichiarazione d'intenti, un vero e proprio manifesto su come le cose possano essere fatte anche in modo diverso. I committenti dell'abitazione, Aline e Régis, sono una giovane coppia con due figli: non particolarmente abbienti, ma molto determinati, e con una vera passione per il fai da te. In modo del tutto casuale, si sono imbattuti in un appezzamento di terreno del quale hanno immediatamente capito il potenziale: il lotto è in cima a una collina, esposto a sud e con una splendida vista sulle dolci alture circostanti. È l'altro lato di Liegi: una città che sorge nella vallata della Mosa, circondata da boschi e colline, famosa per il suo formaggio Herve. Con un po' d'immaginazione la si può paragonare a Firenze, e quindi questa porzione di terreno si poteva trasformare con poca spesa in un luogo dall'allure classica: un luogo che poteva anche garantire alla coppia la libertà di organizzare la propria vita nel modo più consono alle sue esigenze.

Le armadiature integrate affiancano tutto il corridoio del livello inferiore, illuminato dal lucernario

Il caso, ancora una volta, ha voluto che Aline e Régis incontrassero Firket proprio mentre si trasferiva da Rotterdam—dove aveva lavorato per OMA—a Bruxelles, città in cui intendeva aprire il suo studio assieme alla nuova collega Marie-Noëlle Meessen. Dopo il fatale incontro, i quattro si sono lanciati nell'impresa di reinventare l'abitazione privata. "Abbiamo subito capito che il lavoro più immediato per tutti noi era mettere da parte ogni idea preconcetta sull'abitare e smontare le richieste dei futuri occupanti della casa, operazione che ci avrebbe lasciato con gli elementi fondamentali, con quello che conta veramente", spiega Firket. L'obiettivo era creare uno spazio capace di neutralizzare l'effetto alienante che la società dei consumi esercita su di noi: la frammentazione che deriva da abitudini inveterate, la catena di azioni di routine e di compiti domestici di cui siamo vittime. Villa arra non produce niente di tutto ciò. Firket vuole che la casa dia la sensazione di un tocco di realtà: ironicamente, essa produce l'effetto opposto, generando un'impressione quasi surreale.

Facciate e tetto sono rivestiti con elementi prefabbricati in cemento, che consentono la crescita di erba, abitualmente utilizzati nei parcheggi. Di fatto, la copertura della casa può fungere anche da area di sosta per un’auto. Le mattonelle sono testate in laboratorio per assicurare la resistenza verticale alla compressione. La casa connota il paesaggio con un segno fortemente orizzontale: il riferimento storico, per Firket, è a villa Malaparte. Nella voluta elementarietà del processo di costruzione, sono stati selezionati cinque semplici materiali: cemento, mattonelle per parcheggio, compensato marino, acciaio e vetro

All'arrivo, ci viene subito chiesto di abbandonare ogni idea precostituita su quale aspetto debba avere un'abitazione, perché non c'è un'abitazione. Al suo posto, un terreno aperto, sul quale si allunga una piattaforma, invita lo sguardo a spostarsi lontano, e occorre qualche istante per capire che questa superficie altro non è che il tetto dell'abitazione. È solo un momento; sufficiente, però, per creare una nuova prospettiva. Ma questa coscienza altra, lontana dalla vita quotidiana, continua a essere stimolata da una realtà astratta, più grafica, nuova e meno ovvia. Si tratta di una realtà che non intende sottrarsi al pericolo. In questi luoghi bisogna tenere gli occhi aperti: non ci sono ringhiere che proteggano il ciglio del vuoto che circonda il tetto. Non c'è corrimano che ci accompagni lungo le scale. Nessun elemento funzionale come maniglie o armadi esterni. È una casa che ha bisogno di istruzioni per l'uso, il che le conferisce un senso tutto personale. Come un coniglio in Alice nel Paese delle Meraviglie, all'arrivo a casa gli abitanti spariscono nel sottosuolo attraverso un pozzo stranamente curvato che scende dalla piattaforma superiore. Le scale portano al piano inferiore, dal quale si accede alla terrazza o agli spazi interni. La porta d'ingresso è in vetro, coperta da una piastra di alluminio perforato per garantire una maggiore privacy, e dà accesso alla cucina e al soggiorno. In qualsiasi caso, si tratta di uno spazio in cui è possibile collocare un divano e un televisore, o che può essere organizzato come sala da pranzo. Ma nulla di tutto questo accade: Aline, Régis e i loro figli ci vivono da quasi un anno, eppure gli spazi non sono arredati in modo da ricordare la vita familiare. "La casa è una specie di vuoto che gli occupanti possono colonizzare", spiega Firket. "Il che richiede del tempo". E perché mai ci dev'essere bisogno di oggetti se la casa è apprezzata al meglio quando è vuota? Si tratta del logico risultato della volontà di ridurre tutto all'essenziale.

A differenza della terrazza con lucernario, il tetto è privo di recinzioni di protezione

Tutti gli oggetti introdotti in casa possono essere custoditi nei 75 metri di armadi a muro. Elementi in legno, inseriti per suddividere gli spazi e per modulare, come la bacchetta di un direttore d'orchestra, il ritmo spaziale. Gli armadi accompagnano il visitatore giù dalle scale. La disposizione perpendicolare tra il volume del piano superiore e quello del livello inferiore permette a tutte le stanze una vista più ampia. Provoca, inoltre, un lieve senso di disorientamento, a cui pongono rimedio i lucernari aperti vicino alla facciata esterna. Come nel Buddismo Zen, la semplicità si traduce in calore grazie alla cura e alla squisitezza dei dettagli. Determinazione e spirito d'iniziativa sono caratteristiche condivise dagli architetti e dai loro committenti, e sono state usate per risolvere ogni singolo dettaglio come in un puzzle, il che ha reso la collaborazione un vero successo. Dice Firket: "Il coinvolgimento dei proprietari ha dato a questo progetto un'energia che nessuna impresa di costruzione sarebbe stata in grado di attivare. Le imprese non riflettono sui problemi, quando è ora di dormire". I dettagli sono stati risolti da un'azienda edile locale che, per orgoglio professionale, ha affrontato il lavoro col massimo puntiglio. Régis si è preso carico dei calcoli strutturali, ha organizzato la produzione delle scale metalliche nella fabbrica di un amico, ha installato l'intero sistema di climatizzazione, l'impianto elettrico e idraulico. Se Dio è nei dettagli, allora deve risiedere anche nelle porte delle camere. "La vista di questi dettagli mi riempie sempre di soddisfazione", commenta Firket.

Gli arredi fissi occupano lo spazio strettamente necessario, per lasciare gli ambienti vuoti il più possibile. Le maniglie delle porte sono composte da due elementi diversi: su un lato, una maniglia di produzione industriale; su quello opposto, una serratura che svolge anche il ruolo di apriporta. Per ottenere questa soluzione, le porte sono state progettate con uno spessore maggiore del normale

Spazio e funzione sono sempre combinati in modo tale che il risultato sia maggiore della somma delle parti. Il corridoio del pianterreno funge da stanza aperta sul cielo, anticamera e spogliatoio. Firket ama definire soluzioni come queste "design con un bonus". Inserendo in qualche modo uno spazio libero, l'architetto punta a stimolare gli abitanti della casa a mettere in moto le cose. Alla fine del corridoio, nella camera padronale, il grande armadio a muro ha in serbo un bonus supplementare: mostra un piccolo intaglio, grande abbastanza per infilarci la mano. Sembra esserci una maniglia. Tirandola con forza, lentamente, una grande porzione dell'armadio si mette in movimento, facendo apparire un guardaroba e uno specchio. Ma anche una grande porta che si apre sul bagno, dove fa la sua comparsa una vasca vecchio stile. Con la parete aperta, gli abitanti possono fare il bagno godendosi la vista della campagna e la realtà naturale che li circonda. Con un po' di fortuna, vedranno qualche cervo. Persino in una città che non cerca prospettive future, una casa come questa riesce a creare valore aggiunto. Non necessariamente in termini economici, ma grazie all'intraprendenza e alla volontà. Circondata da un ambiente che si lascia scivolare verso il declino, questa casa è un'isola di ottimismo.

Nella camera da letto padronale, una parete-armadio pivottante introduce a un guardaroba e dà accesso al bagno

Architetti: Nicolas Firket Architects—NFA
Gruppo di progetto: Nicolas Firket, Marie-Noëlle Meessen
Cliente: Aline & Régis Robinot Albert
Ingegneria strutturale: Régis Robinot, Philippe Closset
Ingegneria meccanica ed elettrica: Régis Robinot
Direzione lavori: NFA, Régis Robinot
Imprese di costruzione: Stoffels (impresa di costruzione generale), Alustyl (alluminio e vetro), Ibic (tetto), Callebaut & Sons (carpenteria)
Superficie del sito: 3,000 mq
Superficie edificata: 192 mq (superficie interna netta); 70 mq (terrazza)
Progetto: 01/2006—03/2007
Realizzazione: 05/2008—06/2010