In un'epoca in cui l'espressione big box (grande scatola) viene disprezzata per eccesso di consumo, il recente progetto dello studio Zellnerplus per la Matthew Marks Gallery, nella zona occidentale di Hollywood, è un contenitore di medie dimensioni privo di finestre. L'architetto Peter Zellner ha progettato al risparmio una galleria di circa 280 metri quadrati. Un'unica porta a vetri di generosa lunghezza si apre su due spazi espositivi dalle pareti bianche, illuminati da una griglia di lucernari ingannevolmente semplice: due gruppi di quattro aperture ciascuno al centro di ogni spazio. La galleria ha aperto il suo avamposto sulla West Coast alla fine di gennaio con la mostra Ellsworth Kelly: Los Angeles (fino al 7 aprile), antologica delle rigorose geometrie dell'artista ottantottenne.
Fuori, la facciata è dominata da una scultura di metallo di Kelly, lunga più di 12 metri e del peso di oltre 2 tonnellate. Sfidando l'abbagliante sole
della California meridionale l'opera si ispira nettamente a pezzi precedenti realizzati sotto altri cieli: Study for Black and White Panels, un collage del 1954 realizzato a Parigi e Black over White, dipinto da Kelly a New York nel 1966. L'artista e l'architetto hanno collaborato all'installazione, appendendo l'opera a cinquanta centimetri dall'intonaco della facciata, a formare un surrogato di intavolatura oppure una specie di cartellone censurato. "Un pomeriggio me ne stavo fuori della galleria: un'anziana signora che passava di lì ha alzato gli occhi per guardare l'opera di Kelly e mi ha chiesto che cosa voleva dire il cartellone", ricorda Zellner. "L'edificio è come mimetizzato, misterioso."
La galleria pare collocarsi proprio tra questi due termini: mimetizzata, nel suo fondersi nel contesto vernacolare commerciale del Santa Monica Boulevard, e misteriosa, nel suo emanare un inquietante mutismo. Per capire questa oscillazione bisogna fare un po' di storia del progetto di Zellner. L'aggiunta della scultura è avvenuta tardi nel percorso del progetto, quando l'architetto e il gallerista hanno iniziato a collaborare con John Chase, l'immaginoso urbanista del Comune di West Hollywood scomparso nel 2011. I tre si erano impegnati a convincere il municipio che il minimalismo era un ottimo tema per gli spazi d'arte e l'opera di Kelly dava corpo alla loro presa di posizione, trasformando l'intero edificio in un'opera d'arte pubblica.
Matthew Marks Gallery
Peter Zellner è l'autore di uno spazio minimalista che si mimetizza nel contesto vernacolare commerciale del Santa Monica Boulevard, emanando un'aura misteriosa.
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- Mimi Zeiger
- 21 febbraio 2012
- Los Angeles
E comunque, fin dall'inizio del progetto, Zellner aveva affrontato uno studio tipologico. Seguendo le indicazioni di Every Building on the Sunset Strip di Ed Ruscha, ha fotografato gli anonimi edifici commerciali dalla facciata vuota che fungono da onnipresente riempimento: magazzini con le porte a saracinesca, negozi di mobili imbottiti con le ante alle finestre, residuo di un'epoca passata, e altre ordinarie facciate ornate di griglie di sicurezza e condizionatori d'aria. Messe insieme le foto in bianco e nero erano un buona ragione per trovare la bellezza nella riduttiva architettura quotidiana.
Ma Zellner non si accontenta semplicemente di riferimenti alla quotidianità; originario della California meridionale, ha un lessico architettonico basato sulla storia del progetto minimalista: gli edifici religiosi dai muri imbiancati e l'astrazione che nei primi anni del XX secolo ne ha tratto Irving Gill. Oppure i primi progetti di Frank Gehry come lo Studio Danziger (1965) e l'edificio della Gemini (1976) che spostano di netto le facciate di stucco bianco dalla sfera del Modernismo di metà secolo a quella di un netto minimalismo. "È un linguaggio decisamente locale", spiega con sicurezza.
Il minimalismo cui mi rifaccio non è quello di John Pawson, ma quello che cerca Isozaki, o il minimalismo di Gehry. È il minimalismo della California
Nella Matthew Marks Gallery questa eredità si dispiega nella scelta del materiale: lo stucco. Il successo di ogni impresa minimalista spesso si gioca sulla semplicità dei gesti che riescono a evocare significati intensi. Per Zellner lo stucco rievoca la sua infanzia nella Valley; l'epoca in cui batteva i pugni su un muro a stucco. Ha ancora una cicatrice su una nocca della sinistra. A chiunque sia cresciuto in mezzo a questo tipo di contenitori il materiale ricorda che, anche se priva di segni, l'architettura non è mai benevola. Per la facciata, lo studio di Zellner ha preparato dodici campioni di stucco, con finiture dalla grana fine alla tessitura più ruvida e li ha portati a Spencertown, presso New York, nello studio di Kelly. L'artista, a complemento della sua scultura, ha scelto una grana media.
Zellner si mostra colpito quando gli racconto che, il pomeriggio in cui ho visitato la galleria, l'ombra di un palo telefonico batteva in mezzo alla facciata, spezzando la purezza armonica del rapporto tra la sua architettura e la scultura di Kelly. Dall'altra parte della strada, di fronte alla galleria, c'è solo un parcheggio: quindi non c'è nessun'altra ombra, solo l'intrusione di un'infrastruttura urbana sulla facciata occidentale dell'edificio. "Sono ombre che, con quell'intensità, non si proiettano in nessun altro luogo", afferma Zellner, "Il minimalismo cui mi rifaccio non è quello di John Pawson, ma quello che cerca Isozaki, o il minimalismo di Gehry. È il minimalismo della California." Mimi Zeiger