L'emanazione in diversi Paesi europei di norme che limitano le nuove edificazioni e incentivano la trasformazione dell'esistente ha innescato nel dibattito architettonico del XXI secolo la ricerca di strategie di riciclaggio degli spazi dati. Si assiste alla ri-proposizione di una pratica 'progettuale', in realtà antica, definita parassitaria, che vede l'immissione di corpi architettonici nuovi in edifici e strutture urbane preesistenti.

Il termine 'parassita' viene utilizzato in una serie di ricerche culturali, progettuali e artistiche dagli anni '80 a oggi. Il testo Le parasite di Serres, edito nel 1980, è all'origine, per esempio, dell'opera omonima di Diller e Scofidio esposta al Museum of Modern Art di New York nel 1989. L'installazione, alterando le tradizionali regole di fruizione e di visione dello spazio, critica la propria 'reclusione' all'interno del museo.

Nel 2001 Korteknie e Stuhlmacher realizzano il prototipo "Las Palmas parasite", che occupa temporaneamente il tetto di un magazzino in disuso di Rotterdam chiamato appunto Las Palmas. All'interno di questa architettura i due progettisti olandesi allestiscono la mostra "Parasites. The city of small things". Il tema dell'esposizione viene raccontato attraverso l'acronimo P.A.R.A.S.I.T.E. (Prototypes for Advanced Ready-made Amphibious Small scale Individual Temporary Ecological Houses).

Nel 2003 a Leidsche Rijn, espansione residenziale presso Utrecht, ha avuto luogo la mostra "Parasite Paradise", inserita in una serie di esercizi nel campo dell'arte, dell'architettura e dell'urban planning sul territorio; il termine 'parasite' viene adottato con il sottotitolo Manifesto for Temporary Architecture and Flexible Urbanism. L'evento ha visto la partecipazione di architetti e artisti internazionali tra i quali Vito Acconci con Mobile Linear City, che apre un ciclo di progetti dedicati al tema "parasite-virus". La mostra è documentata nel testo Parasite paradise (a cura di J. Allen, H. Ibelings, O. Koekebakker, Nai Publishers) dove, in una retrospettiva sull'architettura mobile, viene presentata tra le altre l'opera paraSITE di Michael Rakowitz, abitazione trasportabile per homeless, riflessione sul diritto all'abitare.

Nel 2004 a Hoogvliet, sempre in Olanda, viene realizzato il progetto School parasite: attraverso la costruzione di tre architetture temporanee una scuola viene implementata dei necessari servizi. Il termine, ancora, viene utilizzato nella denominazione di alcune strutture espositive: il P.A.R.A.S.I.T.E. Museum of Contemporary Art di Lubiana e il Para/Site Art Space di Hong Kong, e testimonia il tipo di rapporto che queste organizzazioni e i relativi spazi intrattengono con la città.

Alla Biennale di Venezia del 2006 il padiglione tedesco allestisce la Convertible City: progetti incentrati sul riutilizzo dell'esistente come risposta alle nuove norme che limitano le costruzioni ex-novo; mentre il padiglione francese subisce una vera e propria occupazione da parte dei progettisti, spiegata nel manifesto L'occupazione di un palazzo, come atto di richiesta di una distribuzione equa dello spazio nella città.

L'organismo parassita risulta distinto dall'ospite sia formalmente sia spazialmente, ma legato a questo da uno stato di necessità (di suolo, di impianti, di significato, etc.). Le sperimentazioni e le realizzazioni che adottano la relazione parassitaria si immettono nel disegno urbano e nelle aree di più recente espansione come commento al disegno trovato e come critica alla mancanza di spazi e servizi pubblici nel susseguirsi di confini che sanciscono la privatizzazione dei suoli. Rappresentano un invito a ripensare alle 'capacità' del progetto e ai rapporti che questo intrattiene con le arti e le scienze ma soprattutto al legame necessario tra architettura e disegno della città.

Il termine parassita, non semplice vocabolo ma "area semantica", "insieme fluido" secondo Serres, entra nel dizionario architettonico a chiedere una riflessione urgente sul modello urbano e sul senso del progetto: non più incremento incondizionato dello spazio ma sua ottimizzazione, attraverso una proiezione per un futuro imminente. L'architettura declina legami parassitari con corpi ospiti esistenti per densificare la città, per tradurre spazialmente richieste che emergono da storie ordinarie utilizzando 'quello che c'è' e che in breve tempo ha già assunto i connotati dell'abbandono. L'architettura parassita è il riflesso di un ripensamento del valore dei territori e della necessità che la città cresca su se stessa e non più oltre.
Sara Marini


Didascalie
1. Artec Architekten, Raum Zita Kern [Courtesy Richard Manahl, Artec Architekten], la casa realizzata
2. Artec Architekten, Raum Zita Kern [Courtesy Richard Manahl, Artec Architekten], la casa in cantiere
3. Artec Architekten, Raum Zita Kern [Courtesy Richard Manahl, Artec Architekten], l'interno del nuovo spazio costruito
4. Artec Architekten, Raum Zita Kern [Courtesy Richard Manahl, Artec Architekten], il giardino pre-esistente
5. Copertina del libro di Sara Marini, Architettura parassita. Strategie di riciclaggio per la città, Quodlibet, Macerata 2008. Immagine di copertina: copyright Les frères Chapuisat, Hyperespace (installation entrance), Kunsthalle St.Gallen, 2005. Foto Stefan Rohner. www.chapuisat.com
6. In P.A.R.A.S.I.T.E. We Trust, Museum of Modern Art, Lubiana, 2005 [Courtesy Tadej Pogacar, P.A.R.A.S.I.T.E. Museum of Contemporary Art, Ljubljana]
7. – 8. Casa a Buenos Aires, 2005
9. Meixner Schlüter Wendt Architekten, Wohlfahrt-Laymann house [Courtesy Florian Schlüter, Meixner Schlüter Wendt Architekten], la casa prima della realizzazione del progetto
10. Meixner Schlüter Wendt Architekten, Wohlfahrt-Laymann house [Courtesy Florian Schlüter, Meixner Schlüter Wendt Architekten], la casa dopo la realizzazione del progetto
11. – 12. Meixner Schlüter Wendt Architekten, Wohlfahrt-Laymann house [Courtesy Florian Schlüter, Meixner Schlüter Wendt Architekten], la casa pre-esistente palesata all'interno e all'esterno
13. – 14. Stefan Eberstadt, Rucksack House [Courtesy Stefan Eberstadt]. Oltre il corpo dell'edificio: verso la città
15. – 16. Armand Grüntuch e Almut Ernst, Convertible City, padiglione tedesco, Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, 2006. Materiali dell'esposizione: l'allestimento stesso e uno dei modelli esposti
17. – 18. Francis Lacloche, Métaville, padiglione francese, Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, 2006. Dettagli della nuova 'casa' costruita nel padiglione