La pandemia ha cambiato la nostra idea di spazio di lavoro. O almeno, l’ha fatto per quella fetta consistente di lavoratori che definiamo knowledge workers. Non semplicemente perché ha tolto dal piedistallo il ruolo dell’ufficio, di fatto polverizzando la separazione tra lavoro e tempo libero. Ma perché ha rimesso in discussione quello di cui abbiamo bisogno per lavorare e come le relazioni all’interno di questo spazio si possano intrattenere. Sottrarre il lavoratore alla sua consuetudine ne ha ricalibrato le necessità. Consegnandogli una agenda che prevede soprattutto connessioni da remoto laddove prima c’era l’ansia del faccia a faccia. La tecnologia ha provveduto al resto.
Prendete per esempio l’audio: difficilmente ci eravamo accorti di quanto fosse importante avere una bolla acustica protetta dentro cui operare, che fosse al bar, a casa o proprio in ufficio. Le cuffie sono diventate il nuovo accessorio fondamentale, il simbolo putativo della nuova era del lavoro. Recentemente Urbanista, un collettivo scandinavo, ne ha presentato un paio che si ricarica con l’energia solare. Unendo la necessità all’immaginario del lavoratore “da remoto” che d’inverno fugge da Berlino alle Canarie. Ma la svolta sull’audio arriva anche nelle postazioni fisse, con device come il Logi Dock di Logitech, che integra all’interno di un hub da scrivania, pensato per ottimizzare le connessioni (e fare sparire i cavi), uno speaker integrato, ottimizzato – ovviamente – per le conversazioni su Zoom, Teams o Meet.
L’idea di portare con noi l’energia è sempre più essenzialmente collegata al lavoro mobile: Lenovo ha recentemente lanciato una “super batteria” da 20mila mAh per ricaricare il laptop tra i suoi accessori Go pensati per il lavoro agile; su Kickstarter ha raccolto quattro milioni di dollari di Hong Kong (mezzo milione di euro, circa) Storm 2, una super batteria dal look trasparente vagamente futuristico pensata per i digital nomad. E nel catalogo di un produttore come Anker si trovano soluzioni che impiegano la luce solare per ricaricare dispositivi.
Un altro fenomeno in crescita è la moltiplicazione degli schermi: fino a qualche mese fa, pensavamo che esistesse qualcosa come “il computer del lavoro”, un monolitico desktop che entrava in azione soltanto negli orari d’ufficio. La situazione per molti non è più quella, frammentata tra diversi monitor e display, non solo quelli di smartphone e tablet e laptop, ma anche monitor esterni che ne amplificano l’esperienza o dispositivi di nuova generazione per prendere appunti, come ReMarkable. Anche dispositivi come gli ereader, che associavamo al tempo libero, integrano sempre più funzioni per essere utili al lavoro: i nuovi Kobo hanno schermi più grandi e uno stilo, trasformandoli in strumenti di lettura produttiva, ottimi anche per documenti di lavoro, che ci permettono di lasciare a casa faldoni e cartellette.
Infine, in una società che si sta ancora assestando, tra il sogno di un post-pandemia e la necessità di convivere con il Covid, impossibile tralasciare l’importanza di borse e zaini pensati per chi lavora in mobilità, come Unico, la custodia-zaino pensata per il lavoratore al tempo della crisi climatica. Perché non dimentichiamoci che la prossima sfida del nostro mondo, non solo quello lavorativo, è appunto quella.