Leggi l’articolo completo sulla Innovation issue di Domus, in allegato con il numero di marzo 2018.
Sul corpo, nel corpo, per il corpo
Tecnologia digitale, manifattura additiva e biodesign sono i motori di una rivoluzione che riguarda l’umano e il suo ambiente.
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- Stefano Maffei
- 08 marzo 2018
I primi grandi indagatori del tema della relazione tra materiali, corpo e tecnologia sono stati due fashion designer: Issey Miyake, con il sistema A-POC di design-costruzione di abiti-dei, e Hussein Chalayan. Entrambi hanno realizzato una visione originale della relazione tra abiti e corpo che alludeva a una realtà in cui la tecnologia aveva un ruolo centrale (anche quando nascosta). In un mondo sempre più digitale, la commistione con il biologico costruisce uno spazio di ricerca che produce meticciamento e ibridazione.
Iris van Herpen con le sue collezioni di abiti Voltage in additive manufacturing, realizzati assieme a Neri Oxman e Julia Koerner, ha realizzato la trasformazione dell’abito in un’estensione del corpo che ricorda biomimeticamente lo scheletro di una forma vivente o la pelle-corazza di un crostaceo-mollusco marino. Dal fashion design al wearable design, si assiste a una ricerca sofisticata sulle funzioni attive e l’interazione, attraverso la sperimentazione di materiali non tessili e nuove tecnologie di produzione (la stampa 3D a polveri o filamenti) che trova una sua evoluzione nella dimensione fashiontech di Anouk Wipprecht. I suoi abiti performativi, realizzati con la manifattura additiva, sono prodotti da un accoppiamento futuristico con il digitale: l’evocazione di esoscheletri, la presenza di dispositivi connettivi e computazionali, l’abbinamento con sorgenti di energia e luce, servono a creare strutture-abito che diventano attive (come nel suo Spider-dress), attraverso una percezione ambientale basata su sensori e attuatori.
La sintesi di queste due linee di evoluzione della ricerca su materiali, forme e processi di produzione è il tratto saliente del lavoro di Neri Oxman, che ne immagina la convergenza all’interno di quella che lei definisce come Material Ecology. Oxman ritiene che computazione (la generazione della forma), fabbricazione (il processo digitale-biologico di materializzazione) e materia-materiale siano gli elementi costitutivi di un nuovo approccio al design con cui affrontare tutte le scale del progetto, dagli oggetti all’architettura. Un esempio di questa sintesi è Mushtari, una sorta di organo-protesi indossabile che imita la struttura dell’intestino umano che contiene al suo interno batteri modificati attivati dalla luce solare in grado di trasformare biomasse in zuccheri.