“Per quasi tutti i 100.000 anni di storia dell’umanità, la natura è stata la nostra casa. A essa siamo ancora profondamente legati nei nostri cuori, nelle nostre paure e nei nostri desideri più intimi. Diecimila anni dopo l’invenzione di fattorie, villaggi e imperi, i nostri spiriti abitano ancora nella madrepatria ecologica del mondo naturale. Non viviamo né potremmo farlo a lungo fuori da questo ambiente che si sostiene da sé. Esistiamo in una ristretta nicchia biologica che dipende, in fondo, dalla sua generosità. Il mondo naturale ci fa sentire minuscoli e ha vita illimitata, tanto che a ragione lo chiamiamo Madre Natura”.
Toshiko Mori: “La foresta”
Nel suo primo editoriale, nel numero di giugno, la guest editor spiega la relazione reciproca tra uomo e natura, ponendo l’accento sull’importanza di proteggerne la diversità.
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- Toshiko Mori
- 09 giugno 2023
Edward O. Wilson, Le origini della creatività, 2017
Ho scelto il tema Foresta in segno di continuità con i primi cinque numeri di Domus 2023 diretti da Steven Holl. A partire da “Il sentimento oceanico”, quei numeri metatematici ci hanno fatto viaggiare negli spazi siderali e nei mondi interiori della nostra percezione. L’architettura è stata esaminata attraverso il suo impatto e il suo rapporto con l’ambiente e l’umanità, un approccio che desidero sviluppare ulteriormente. Oggi ci troviamo ad affrontare crisi di ordine ambientale, sociale, culturale ed economico. Stiamo entrando in un’epoca segnata da una confluenza di forze positive e negative senza precedenti. Questo numero è un’indagine introspettiva sul nostro rapporto con la natura, analizza i nostri legami con la progettazione e con le risorse naturali. Intende andare oltre i banali calcoli sull’ambiente costruito, come quelli sull’impronta di carbonio, e avventurarsi nella relazione simbolica e reciproca tra natura e umanità.
La foresta non sopravvive se resistono le specie più forti, ma grazie alla capacità di comunicare al suo interno, proteggendo la diversità e la futura generazione di alberi di ogni specie.
Vivere in città e vivere con la foresta sono due facce della stessa medaglia, e anche l’unica valuta accettabile per un futuro sostenibile. La foresta ha una presenza soverchiante. È simbolica e vasta, ha un’estensione insondabile che rispecchia quella dell’oceano. È stata testimone degli eventi e delle tragedie della storia, è intessuta nella memoria della civiltà e continua a esistere come monumento culturale. La foresta di Białowieża, al confine tra Bielorussia e Polonia – non lontano dalle zone della guerra in Ucraina – è intrisa delle storie di invasioni, violenze e atrocità. Essendo una delle ultime foreste primordiali sopravvissute in Europa, è un deposito di memoria e traversie, descritte da Simon Schama in Paesaggio e memoria. La foresta della Great Dismal Swamp, in Virginia e Carolina del nord, divenne il rifugio dei Cimarroni, ex schiavi fuggiti e unitisi alla popolazione indigena del Sud americano, che impararono le vie misteriose della foresta e strinsero un rapporto salvifico con la natura. Più di recente, Richard Powers, autore de Il sussurro del mondo, ha scritto un articolo per The New York Times intitolato “Cosa può far sì che una persona muoia per gli alberi?” che descrive gli scontri in corso nella South River Forest di Atlanta, in Georgia, dove la Atlanta Police Foundation intende costruire un centro di addestramento su una superfice di 34 ettari acri chiamata Cop City (“Città degli sbirri”). La foresta e le proteste che vi hanno avuto luogo sono diventate il nodo degli attuali conflitti socio-culturali incentrati su iniquità, ingiustizia, ansia ambientale, tensioni razziali e sospetto nei confronti della polizia.
La foresta non è solo simbolica, ma anche viva e comunicativa in modo vitale. Nel suo L’Albero Madre. Alla scoperta del respiro e dell’intelligenza della foresta (2022), Suzanne Simard ci illustra il suo viaggio verso la scoperta scientifica: “Uno dei primi indizi è arrivato mentre intercettavo i messaggi che gli alberi trasmettevano avanti e indietro attraverso una criptica rete fungina sotterranea. Quando ho seguito il percorso clandestino delle conversazioni, ho scoperto che questa rete è pervasiva e attraversa ‘l’intero’ suolo della foresta, connettendo tutti gli alberi in una costellazione di centri arborei e collegamenti fungini. Una mappa approssimativa ha rivelato, in modo sorprendente, che gli alberi più grandi e più vecchi sono la fonte delle connessioni fungine alle piante in fase di rigenerazione. Non solo: essi si collegano a tutti i vicini giovani e vecchi, fungendo da cardine per una giungla di fili, sinapsi e nodi”. Simard ha scoperto che i segnali chimici emessi dagli alberi sono identici ai nostri neurotrasmettitori. È sorprendente contemplare la natura sociale della foresta e quanto essa sia stata fondamentale per la sua evoluzione e sopravvivenza. Metaforicamente e scientificamente, da questa scoperta impariamo un’importante lezione e ricaviamo suggerimenti su come poter sopravvivere insieme come ecosistema totale.
Il mondo non è una semplice linea retta, ma un’accozzaglia di percorsi che si intersecano e che noi architetti possiamo cercare di districare per tessere un tessuto vivibile e sostenibile per le generazioni future.
Come tema del numero, ho scelto la foresta piuttosto che strategie astratte per mitigare il cambiamento climatico o la nostra eccessiva dipendenza da soluzioni tecnologiche “verdi”, per cercare approcci diversificati e sottili ai modi in cui possiamo progettare con le risorse naturali e ricollegare le nostre vite alla natura stessa. Se non seguiremo queste strade, ci troveremo presto a essere ulteriormente complici della crisi climatica, isolando il nostro lavoro dalle forze che influenzano vite umane, società e civiltà. Il mondo non è una semplice linea retta, ma un’accozzaglia di percorsi che si intersecano e che noi architetti possiamo cercare di districare per tessere un tessuto vivibile e sostenibile per le generazioni future. Non possiamo continuare a valutare lo stato della progettazione architettonica in termini di edifici e oggetti isolati, rappresentati all’interno di uno spettro culturale limitato. Dobbiamo guardare la foresta per gli alberi. In questo numero, ci siamo inoltrati in territori, geografie e culture diverse per scoprire elementi altrimenti invisibili – idee, filosofie, inclinazioni e atteggiamenti – per rivalutare il nostro percorso come architetti, designer e artisti al servizio dell’umanità. Come dimostrano i progetti speculativi presentati, stiamo assistendo a un cambiamento epocale, un mutamento che riguarda i sistemi di valori e l’attenzione: dallo spazio all’ambiente, dall’individuo alla comunità, dagli oggetti ai sistemi. Come spiega Simard, la foresta non sopravvive se resistono le specie più forti, ma grazie alla capacità di comunicare al suo interno, proteggendo la diversità e la futura generazione di alberi di ogni specie. Questa è l’idea alla base dei prossimi cinque numeri di Domus. Intendo raccogliere espressioni di consapevolezza, di vigilanza, avvertimenti e intuizioni. Voci che informeranno i nostri passi in avanti così da poter ricominciare a pensare a noi stessi come parte di un insieme complesso, simile a quello delle comunità della foresta.
Immagine di apertura: Parco nazionale Białowieża, Polonia. Photo Lydie Gigerichova / Alamy Photo Stock