L’iconografia del design italiano del periodo d’oro, da Albini a Zanotta, è tanto nota da costituire una specie di vocabolario autoreferenziale. È diventata materia di un gioco di società le cui carte vengono continuamente mescolate e rimescolate in cerca di nuove corrispondenze e di nuovi schemi. Un gioco alchemico cui hanno partecipato via via curatori della Triennale di Milano e che va avanti almeno dall’istituzione del Compasso d’Oro.
A questo pantheon vengono ammessi nuovi oggetti, ma nessuno ne viene espunto. Inevitabilmente, con l’uscita dall’èra analogica, il loro significato si è trasformato. Sono diventati, da utili oggetti che definivano il nostro modo di vivere, una specie di repertorio archeologico che ci dice molto di com’era la vita di una volta. Hanno perso il peso dell’utile ma rimangono oggetto di studio, un po’ come il greco antico. Analizzare le icone del design italiano significa ormai definire noi stessi e confermare i nostri gusti tanto quanto esplorare i molteplici significati di questi artefatti. Andiamo alla ricerca dei pezzi in grado di rendere manifesto il nostro senso critico. Un esercizio particolarmente impegnativo, dato il cambiamento della situazione dell’Italia, un tempo dominante, ora incerta. Si tratta di oggetti essenziali che definiscono il passato del paese, mentre il suo futuro non appare garantito.
20 oggetti simbolo del design italiano scelti da Deyan Sudjic
Gli oggetti più rappresentativi del design italiano scelti dall’ex direttore di Domus e del Design Museum di Londra.
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Oggetti straordinari di un’epoca straordinaria. Progettati nel 1985, quando l’artificialità dei laminati stampati affascinava i contemporanei di Branzi. L’integrazione di rami d’albero grezzi rendeva questi pezzi schiettamente inquietanti. Hanno la capacità di fissarsi nella memoria, ci chiedono di ridiscutere che cosa ci attendiamo da oggetti e materiali.
La memoria di un tempo precedente lo smartphone e le app, quando ci si aspettava che gli oggetti svolgessero delle funzioni e mostrassero come le svolgevano. Il Cubo TS502 di Marco Zanuso e Richard Sapper, del 1963, era una radio che suggeriva portabilità e controllo.
Una volta l’Europa produceva televisori e lottava per domare il tubo catodico. Nessuno ci è riuscito in modo più affascinante di Brionvega. Ciò che rendeva interessante l’Algol del 1964 era il modo in cu permetteva al televisore di sfuggire al ruolo di pezzo d’arredamento e di atterrare sul pavimento diventando un oggetto autonomo, osservando il proprietario dal basso, come un animale domestico.
Putrella: un centrotavola in forma di trave a doppio T, quasi una lettera d’amore al Movimento Moderno. Lo straordinario, oggetto progettato nel 1958, svela un altro aspetto di Enzo Mari decisamente lontano dagli arredi fai-da-te di Autoprogettazione. Nonostante il suo radicalismo Enzo Mari sapeva come realizzare oggetti in grado di offrire qualcosa fuori dell’ordinario.
A differenza della Nuova 500 di qualche anno dopo, la Fiat Multipla del 2000 recuperava l’essenza di una configurazione classica senza scadere nella nostalgia o nella routine del revival. Adottava un insolito, nuovo atteggiamento nei confronti dello stile che la rese davvero eccezionale. All’epoca il commentatore di Domus ne descrisse l’aspetto come quello di un rospo insolente. Per il pubblico cui era destinata era decisamente troppo, e perfino i miei si rifiutarono di lasciarmene guidare una.
Non ho mai posseduto una Valentine di prima mano. Oggi ne ho una sullo scaffale che sta sopra la mia scrivania, a ricordarmi l’eccellenza di Sottsass. Aveva capito come trasformare uno strumento per l’ufficio in un artefatto che, nella sua indimenticabile soluzione, poteva frequentare la compagnia dei poeti nelle solitarie giornate in campagna. Verso l’ultima parte della vita Sottsass si arrabbiava di essere ricordato solo per quel che chiamava un “fallimento”. Ma, fallimento o meno, la Valentine precedette di trent’anni gli altrettanto colorati e domestici iMac.
Conosciamo Fronzoni per il suo lavoro di grafico e di architetto, ma la valigetta di cuoio nero progettata per Valextra negli anni Settanta è una lezione di sobrietà formale sotto forma di oggetto, sommessamente straordinaria.
Quando Miuccia Prada iniziò a gestire l’azienda di famiglia, Prada si limitava ancora alle valige di lusso in cuoio. Il primo passo del suo percorso di trasformazione del linguaggio della moda e dell’edilizia in un’impresa internazionale fu il passo apparentemente iconoclasta della creazione di uno zaino di nylon nero: Vela, del 1984.
È straordinario come Michele De Lucchi sia stato capace di inventare un altro modo di fare qualcosa che era già stato fatto prima tante volte: progettare nel 1987 una altra versione della lampada da tavolo regolabile. Una dinastia iniziata con la Anglepoise.
Il primo computer mainframe italiano, lanciato nel 1959, era opera di una squadra di ingegneri guidati dall’eccellente Mario Tchou, cui diede forma Ettore Sottsass. Come proposta commerciale fu un fallimento. Come progetto che considerava il computer un sistema da progettare invece che un’architettura di laboratorio fu una rivoluzione.
Il successo della trasformazione, nel 1946, di un’azienda che costruiva aerei militari tra le rovine di un’Italia sconvolta in un produttore di mezzi di trasporto economici è una delle vicende più interessanti del dopoguerra. Dal punto di vista sociale la Vespa segnò un punto di svolta.
La sopravvivenza delle riviste all’èra analogica è un riconoscimento del patrimonio ereditato dall’epoca d’oro della stampa. L’identità di Domus nel corso degli anni è merito tanto dei suoi direttori editoriali quando dei suoi direttori artistici. Lupi, a partire dal 1986, ha dato a Domus un’identità inconfondibile, che rispecchiava il suo umorismo ma anche la sua capacità di usare una rivista per raccontare una storia.
Le radici di Solari nell’orologeria settecentesca contraddistinguono un’azienda che non ha mai smesso di cercare nuove tecnologie e nuove occasioni di perpetuarsi. La lunga collaborazione con Gino Valle riflette una profonda attenzione al design. Un tabellone meccanico da aeroporto come il teleindicatore del 1996, che dà conto dei movimenti dei padroni dell’universo mentre incrociano su e giù per il mondo nelle loro fusoliere argentee, è stato reso tecnicamente superfluo dagli schermi a LED.
Tanto pesante che definirla portatile è davvero un eccesso di ottimismo, e a malapena in grado di stampare una riga lineare di caratteri, la Lexikon 82 di Bellini, fabbricata in uno stabilimento scozzese della Olivetti, è la macchina con cui scrissi il mio secondo libro. Il primo l’avevo scritto su una macchina manuale, e al paragone la Lexikon sembrava la chiave del mondo moderno.
La brillante impresa di Aldo Rossi, quando nel 1987 creò il primo orologio da polso per Alessi, consisteva nel fatto che l’orologio pareva esistere da sempre. Poteva essere convertito da orologio da polso in orologio da taschino. Aveva una personalità che in qualche modo sembrava offrire qualcosa di più della firma di un celebre architetto.
L’umorismo e la fantasia dei fratelli Castiglioni crearono questo meraviglioso assemblaggio di objets trouvés progettato nel 1962: una sega a telaio, un faro d’automobile, una canna da pesca e un trasformatore in un’affascinante lampada a luce indiretta.
L’opera di Gio Ponti non può non figurare in qualunque elenco di design italiano. Ciò che distingue la Superleggera da tanti altri dei progetti di Ponti che potrebbero entrare nella gara è il senso di essere al di là di uno specifico momento della storia del design.
Il Piccolo Teatro, dalla sua fondazione a Milano nel 1947, divenne il polo d’attrazione della comunità creativa della città, grazie alle sue messe in scena brechtiane e alla sua attenzione per la tradizione della commedia dell’arte. L’identità del teatro si riflette nel coerente trattamento grafico dei suoi materiali di comunicazione da parte di Massimo Vignelli.
Anna Castelli Ferrieri apparteneva a un’epoca precedente a quella in cui la plastica divenne l’incarnazione di ogni male. Il suo lavoro trasformò la Kartell da azienda di prodotti per la casa, come i secchi, a esponente di punta del mondo del design, rappresentato dalla gamma dei Componibili di ABS iniziata nel 1967.
Il design si fonda sulle competenze ingegneristiche e sul processo di produzione tanto quanto sulla creatività formale e sulle qualità sensoriali. Per Titania, progettata nel 1989, Alberto Meda è partito dalle prime, infondendo senso poetico nella tecnologia.