Con Ernesto Nathan Rogers e Gio Ponti come professori, il suo destino di direttore era segnato. Dopo gli anni del vulcanico e spiazzante Mendini, Mario Bellini porta a Domus un approccio rigoroso e il suo tocco da industrial designer. Nato sotto il segno dell’Acquario – il 1° febbraio del 1935 – è organizzato, curioso e aperto. Incontra la sua redazione tutti i mercoledì mattina, per discutere sui progetti ma soprattutto per fare da arbitro agli accesi scontri tra le falangi conservatrici e quelle più progressiste. La sua voce è più severa sul design – la sua passione originaria – che sull’architettura, ma concede a tutti grande fiducia. A tenere a bada i redattori negli altri giorni della settimana ci pensano i suoi due instancabili bracci destri: il suo futuro successore Lampugnani e l’ineffabile Lupi.
Un’architettura – il Guggenheim Museum di Bilbao progettato da Frank Gehry. Ha cambiato il corso della storia dell’architettura.
Un oggetto di design – lo smartphone. Ha cambiato la vita di tutti gli abitanti del pianeta Terra.
Un’opera d’arte – il primo taglio di Lucio Fontana (1959). Ha rivoluzionato il concetto di opera d’arte.
Un libro – The singularity is near di Raymond Kurzweil (2005). Uno dei pochi libri che parla di futuro senza cadere nel grottesco.
Una città – Chandigarh. L’unica città al mondo disegnata su carta da un architetto (visionario) che non ha prodotto l’ennesimo fallimento.
Mario Bellini
Domus: 1986–1991
Consulente del direttore: Vittorio Magnago Lampugnani
Art direction: Italo Lupi