Da circa 20 anni Kateřina Šedá è attiva nello spazio pubblico con interventi basati su una frequentazione diretta dei luoghi e sul contatto diretto con gli abitanti, e su ricerche riguardanti dinamiche sociologiche e comportamentali specifiche delle aree di volta in volta interessate. Le sue imprese muovono da sempre nell’ambito dell’arte contemporanea. Ma il suo metodo tocca campi limitrofi: architettura, urbanistica, sociologia, antropologia, etnografia. In occasione della 16. edizione della Biennale di Architettura di Venezia, dedicata al tema del freespace, l’artista rappresenta il padiglione Ceco e Slovacco con UNES-CO: un progetto incentrato sulla situazione creatasi a Ceský Krumlov, cittadina di 13.000 abitanti, fino ad alcuni anni fa marginale e trascurata, poi dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità e assurta a visitatissima meta turistica; un successo che si è ritorto contro i cittadini del luogo.
Il turismo di massa ruba l’anima dei centri storici
Kateřina Šedá, curatrice del Padiglione delle Repubbliche Ceca e Slovacca a Venezia, ci racconta il progetto UNES-CO, una ricerca-azione che indaga il sovraffollamento di turisti e lo svuotamento dei centri cittadini.
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- Gabi Scardi
- 29 agosto 2018
- Venezia
Gabi Scardi: Come è nato il progetto UNES-CO?
Kateřina Šedá: Il mio progetto riguarda un tema molto dibattuto: l’incremento del turismo e i problemi che porta con sé. Il problema maggiore è il graduale spopolamento dei centri cittadini e la migrazione della popolazione verso le aree periferiche. Purtroppo ciò porta allo svuotamento di scenari dove non esiste virtualmente nulla di simile a una ‘vita normale’. Lo scopo principale del progetto UNES-CO sta nell’analisi e nell’identificazione dei problemi di una città sovraffollata di turisti, nella promozione del dibattito, nella raccolta della massima varietà di opinioni possibile, nell’individuazione di un minimo comun denominatore dei problemi e, soprattutto, della loro corretta soluzione. È per questo che mi concentro soprattutto sul lavoro sul territorio, prendo contatto con le persone, discuto i loro problemi e vado alla ricerca di modalità d’azione che nel mondo della teoria semplicemente non esistono.
Per realizzare la mia idea ho scelto in primo luogo Český Krumlov: la scorsa estate ci sono andata su invito di Hana Jirmusová Lazarowitz, direttrice dell’Egon Schiele Art Centrum. In un primo tempo non avevo una gran voglia di andarci: un centro pieno di turisti era l’ultimo posto dove avrei voluto portare d’estate i miei bambini. Ma quel che ho trovato è andato di gran lunga oltre le mie aspettative. Non si riesce semplicemente a passare nelle strade, mi sentivo come in una gabbia affollata. Case in cui non viveva nessuno. Negozi che non servivano a nessuno. Ho avuto la netta sensazione di aver già visto qualcosa di simile. “Ma che ladri!”, diceva mia madre, guardando certi cartellini dei prezzi in una vetrina. “Non è un posto da viverci”, concluse. Io osservavo e cercavo di tenere a mente. Tutto mi pareva in certo qual modo familiare, anche se completamente ribaltato. Erano i sintomi di un luogo marginalizzato. A prima vista può sembrare l’accostamento totalmente assurdo di luoghi diametralmente opposti, ma se si osserva più a fondo si trovano moltissimi punti in comune tra luoghi socialmente marginalizzati e le più belle città del Patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Come hai concepito il progetto?
Dato che avevo deciso di considerare la città vecchia come un luogo marginalizzato, nel progetto ho adottato intenzionalmente la strategia destinata a questi luoghi: riportare la vita normale nel sito, che sia visibile nelle strade, offrire agli abitanti i lavori per loro più necessari, e aiutare le famiglie impegnate in questi lavori mettendo a loro disposizione abitazioni direttamente nel luogo marginalizzato. Un’analisi accurata mi ha fatto capire che il lavoro più necessario nel centro di Krumlov era “qualcuno che conducesse visibilmente una vita normale”. È proprio il tipo di attività che fa di una città una città reale e non solo un fondale per le attività turistiche. Così ho assunto a tempo pieno 15 famiglie sistemandole in abitazioni della città vecchia per tre mesi (dal giugno all’agosto 2018). La fittizia società UNES-CO che ho costituito offre anche lavoro a tempo parziale oppure a ore agli studenti.
Il progetto è stato esposto a Venezia: una città storica in cui la vita e le attività quotidiane sono profondamente influenzate dal turismo e dal costante flusso di persone.
Il padiglione della Repubbliche Ceca e Slovacca a Venezia è prima di tutto un luogo dove viene presentato un modo di reagire a questo fenomeno direttamente nella Repubblica Ceca. Il padiglione è stato trasformato nella società UNES-CO, dove i visitatori possono assistere in diretta a una manifestazione trasmessa dalle vie di Český Krumlov. A Venezia il turismo inizia a essere regolato sotto vari aspetti e perciò mi interessava collegare i due luoghi riguardo a questo tema.
Il caso di Český Krumlov può essere considerato una metafora? E, inversamente, fino a che punto l’arte deve guardare a distanza ravvicinata a una situazione specifica?
È vero che il progetto UNES-CO è una metafora valida per tutti i casi analoghi. Dopo una lunga ricerca sugli abitanti ho creato un Elenco delle attività a rischio di estinzione. Contiene i tipi di attività che gli abitanti del luogo dicono essere completamente scomparse dalla città vecchia, oppure che non sono presenti ma che agli abitanti piacerebbe ritrovare nel centro urbano. Per la maggior parte si tratta di normali attività comuni, come spazzare o eliminare i rifiuti durante la giornata, ma certe ci fanno veramente fermare a riflettere. Sono state citate perfino cose banali come leggere un libro e prendere il sole. A prima vista pare che Venezia, a paragone di Krumlov, stia molto peggio. Si sente nell’aria la costante presenza della volontà degli abitanti di combattere per il loro spazio e di non lasciarselo portar via. I veneziani stendono i panni all’aperto e non gli importa se sgocciolano sulla testa dei turisti, e non c’è modo che un abitante trovi un posto al ristorante… A Krumlov non è così. È come se gli abitanti del luogo si fossero ritirati e avessero abbandonato il campo ai turisti, come se vivessero in un luogo completamente diverso. È questo il tema del mio progetto, che pone la domanda: “Di chi è realmente questo posto?” Quando raccoglievo nomi e definizioni per la città molti esprimevano il concetto di “città rubata”. Parecchi siti dell’UNESCO possono decisamente essere compresi in questa categoria. Il mio progetto intende occuparsi di questo problema sotto forma di una specie di sintesi per assurdo. E funziona, perché ha suscitato forti reazioni tra gli stessi abitanti del luogo.
Quando qualcuno sta seduto su una panchina con un libro, come parte del progetto, i turisti cominceranno a fotografarlo. I nostri dipendenti offrono ai turisti pane e sale, un gesto di benvenuto tradizionale ceco. E i giapponesi, per esempio, si meravigliano proprio che qualcuno viva nella città.
Hai detto che il tuo scopo “non è la critica del turismo, ma trovar modo di fermare gli estranei e renderli per un istante abitanti del luogo”. Possiamo definire questo lavoro come una forma di impegno militante per suscitare consapevolezza nei cittadini, nei turisti e nei viaggiatori?
Certamente. Per esempio invito le famiglie che ho assunto a prendere contatto con i turisti. Come quando giocano al calcio di fronte a casa loro e passano la palla a un passante. E credo che i turisti siano interessati a qualcosa di più di quello che trovano attualmente a Krumlov. Per esempio quando qualcuno sta seduto su una panchina con un libro, come parte del progetto, i turisti cominceranno a fotografarlo. I nostri dipendenti offrono ai turisti pane e sale, un gesto di benvenuto tradizionale ceco. E i giapponesi, per esempio, si meravigliano proprio che qualcuno viva nella città. Mi aspettavo che il progetto suscitasse emozioni e interesse in molti, ed è andata proprio così. Ma non è solo questione di emozioni, sono solo un sottoprodotto. La cosa principale è che si parla della città, si parla di viverci, si suscitano certe reazioni da cui possono nascere delle soluzioni concrete.
- Progetto UNES-CO
- Repubbliche Ceca e Slovacca
- Kateřina Šedá
- 16. Mostra Internazionale di Architettura
- Giardini della Biennale
- fino al 26 novembre 2018