Architettura vaticana. Un’isola e le sue undici cappelle

Alla Biennale di Venezia 2018, undici sperimentazioni nella costruzione definiscono la nuova identità dell'architettura della Santa Sede.

Eduardo Souto de Moura, padiglione per “Vatican Chapels” alla 16. Mostra Internazionale di Architettura, La Biennale, Venezia, 2018. Realizzata da Laboratorio Morselletto. Foto Marianna Tedeschini

Fra le notizie che hanno anticipato questa 16. Mostra Internazionale di Architettura, quella della prima partecipazione della Santa Sede ha senz’altro riscosso grande curiosità. È il Cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano, a condurre l’operazione di rebranding della sede pontificia, tesa ad aggiornare il dialogo fra chiesa cattolica e mondo contemporaneo. In queste vesti ha sostenuto, fra le altre iniziative, la mostra “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination” al MET Museum, dove ha sfilato sul tappeto rosso  – al fianco di Anna Wintour e Donatella Versace – durante la serata di gala dello scorso 7 maggio.
Come per la moda, per l’architettura la Santa Sede coglie un’occasione d’eccellenza: la Biennale di Architettura di Venezia.

Il luogo scelto è il bosco all’ombra della candida chiesa San Giorgio Maggiore di Andrea Palladio, sull’omonima isola veneziana che si affaccia sul bacino di San Marco. Il programma curatoriale del padiglione è affidato a Francesco Dal Co, che ha scelto come riferimento la Skogskapellet – o la cappella del bosco – progettata dal maestro svedese Erik Gunnar Asplund nel 1918 per il cimitero di Stoccolma. L’isola accoglie un intervento diffuso, costituito da undici strutture; all’opera di Asplund è dedicata la ‘cappella zero’, realizzata da Francesco Magnani e Traudy Pelzel, dove sono esposti materiali d’archivio della Skogskapellet. Il direttore di Casabella ha invitato dieci celebri architetti internazionali: Andrew Berman, Francesco Cellini, Javier Corvalán, Ricardo Flores e Eva Prats, Norman Foster, Terunobu Fujimori, Sean Godsell, Carla Juaçaba, Francesco Magnani, Traudy Pelzel, Smiljan Radic ed Eduardo Souto de Moura.

La distribuzione di questi artefatti nel sito suggerisce un itinerario senza però imporlo: mentre si visita una delle cappelle, le fronde basse degli alberi nascondono e rivelano al tempo stesso la presenza di quella più vicina. Camminando quindi sull’isola di San Giorgio Maggiore, le strutture che di volta in volta si incontrano si esperiscono individualmente come oggetti pressoché isolati ed autonomi. Alcune di esse sono completamente immerse nel verde, come nel caso dei progetti di Carla Juacaba o di Javier Corvalán, mentre la Cappella del Mattino di Flores&Prats è un percorso che culmina avvicinandosi alle sponde della laguna; o ancora, quella di Sean Godsell si relaziona al cielo attraverso una struttura verticale, aperta sul tetto.

Alcuni progettisti si rivolgono alle tradizioni costruttive e cultuali dei loro paesi di origine: ad esempio, Andrew Berman realizza una struttura che è quasi un balloon-frame, tecnica costruttiva ampiamente diffusa negli Stati Uniti d’America, rivestito da lastre di policarbonato traslucido. Il cileno Smiljan Radic sceglie come riferimento le animite cilene, piccoli edifici commemorativi. La struttura tronco-conica è costituita da monolitici conci di cemento che riportano il pattern dei fogli di pluriball applicati alle casseforme. La cappella è chiusa da una porta ad unico battente in legno, anche questa riferimento alle porte usate nei recinti degli allevamenti in Cile. La cappella del giapponese Ternobu Fujimori invece nasce dalla reinterpretazione della croce, un simbolo che i cristiani giapponesi furono costretti a calpestare durante la persecuzione in Giappone, sin dall’arrivo della fede nel paese nel XVI secolo. Mescolando riferimenti architettonici e memorie personali, l’architetto integra il simbolo nella struttura lignea, che campeggia sul fondo della costruzione, dietro all’altare.

La tipologia viene scelta quindi “come edificio religioso che diventa anche luogo di orientamento, incontro, mediazione e saluto, così come fece il celebre architetto svedese Gunnar Asplund con la Cappella nel bosco costruita nel 1920 nel cimitero di Stoccolma”.
La dimensione contemporaneamente monumentale e domestica, connaturata alla tipologia, si ritrova declinata nei diversi progetti, dove la connotazione religiosa è inequivocabile: in ognuno di questi progetti sono infatti presenti un altare e un leggio, come elementi di riferimento al culto. Tutte le cappelle sono state progettate in collaborazione con diverse imprese di settore, le quali hanno fornito i materiali per la realizzazione, talvolta sperimentando assieme agli stessi architetti stessi nuove modalità di produzione per questi piccoli edifici. I progettisti sono stati selezionati per le capacità espressive della loro poetica in rapporto alla sperimentazione costruttiva e per rappresentatività geografica, in relazione alla presenza della chiesa cattolica nel mondo. Vatican Chapels alla 16. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia si configura come un efficace avvicinamento ai diversi linguaggi contemporanei della disciplina da parte della Santa Sede.

Titolo della mostra:
Vatican Chapels
Partecipazione nazionale:
Città del Vaticano
Curatore:
Francesco Dal Co
Partecipanti:
Andrew Berman (Moretti, Terna), Francesco Cellini (Panariagroup), Javier Corvalán (Simeon), Ricardo Flores e Eva Prats (Saint-Gobain Italia), Norman Foster (Tecno), Terunobu Fujimori (LignoAlp, Barth), Sean Godsell (Maeg, Zintek), Carla Juaçaba (Secco), map studio – Francesco Magnani e Traudy Pelzel (Alpi), Smiljan Radic (Moretti, Saint-Gobain Italia), Eduardo Souto de Moura (Laboratorio Morselletto)
Date di apertura:
26 maggio – 25 novembre 2018
Sede:
Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia

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