Le 8 luci di Artemide che non puoi non conoscere

Nata nel 1960, ha nel suo catalogo alcune delle più belle luci mai realizzate, firmate da grandissimi nomi del design: ecco una selezione dei suoi prodotti più emblematici.

Un piede in due scarpe: l’innovazione tecnica e l’umanesimo. Artemide viene fondata da Sergio Mazza ed Ernesto Gismondi nel 1960 con questo posizionamento. Il loro linguaggio non è però quello oggi in uso nel marketing. Ad animarli, è piuttosto una visione olistica del benessere, che sa guardare al contesto, ha fiducia nella capacità di innovazione data dalla tecnica, ma non dimentica la centralità dell’uomo e delle sue esigenze in divenire.  Di Artemide, Gismondi sarà l’animatore e la colonna vertebrale fino alla recente scomparsa nel 2020; il motto di riferimento, condiviso da tutto il gruppo di lavoro – tra cui spicca Carlotta de Bevilacqua, oggi Amministratore Delegato – diventerà col tempo “The Human and Responsible Light”.

È del resto la atipica formazione di Gismondi a spiegare come e perché Artemide sia un caso unico nel panorama delle aziende di illuminazione. Dopo solidi studi classici, tipici del milieu borghese a cui appartiene, Gismondi si laurea due volte in due ambiti dove la tecnologia è il differenziale netto: l’ingegneria aeronautica e l’ingegneria missilistica. È da qui che nasce lo spiccato Dna tecnico del catalogo. Nei primissimi anni di vita di Artemide, i primi progetti includeranno, complice Mazza, anche arredi e accessori impiegando il nuovo materiale del decennio, la plastica, come testimoniano oggetti come Toga (di Sergio Mazza) e Selene (di Vico Magistretti). Successivamente, però, l’illuminazione diventerà la specializzazione verticale dell’azienda. I primi successi commerciali e di critica, in quell’Italia del boom che è tutta un brulichio di imprenditorialità, crescita ed ottimismo, arriveranno presto, prendendo i nomi di Alfa, Eclisse, Nesso, Aggregato, e quindi Tizio, Tolomeo...

Richard Sapper, Tizio. Courtesy Artemide

Niente però per cui restare sugli allori. Superando la sfera del prodotto consumer, la progettualità di Artemide ha manifestato precocemente la volontà di dimostrarsi sistemica e architettonica. Tanti prodotti in catalogo sfuggono all’ideale scultoreo del corpo illuminante, per aprirsi all’inserimento sartoriale in un ambiente dato: è il nuovo corso incarnato nel 1985 da Aton, la prima barra illuminante a sospensione, a cui seguiranno moltissimi altri progetti. Altro punto di svolta, il progetto Metamorfosi, con cui Artemide lancia negli anni Novanta lo studio sulla luce colorata, intesa non come una virtuosistica hubris tecnologica, ma come la restituzione emozionale di un’affinità a servizio del benessere psicofisico dell’utente.

Interessandosi agli avanzamenti tecnologici, Artemide ne anticiperà le applicazioni nel campo illuminotecnico. Le due prime lampade a Led, Sui e Kaio, rispettivamente di de Bevilacqua e Gismondi, vengono presentate a cavallo del millennio. Quindici anni più tardi, seguiranno le prime ricerche e sperimentazioni sull’IoT, l’Internet delle cose, e sul Li-Fi, una tecnologia di comunicazione dati che utilizza la luce visibile e che, grazie a sorgenti Led, consente a un sistema di illuminazione di funzionare anche come infrastruttura per la trasmissione e gestione dei dati. Le collaborazioni con i grandi nomi del mondo dell’architettura saranno l’altro fiore all’occhiello della casa di Pregnana Milanese, con il coinvolgimento tra gli altri di Big – Bjarke Ingels Group, Mario Cucinella, Foster+Partners e Herzog & de Meuron.

Il missile che Gismondi sognava di costruire da giovane non è mai divenuto realtà. Il che non è necessariamente un male. La dea greca della caccia, da cui Artemide prende il nome, sembra comunque aver preso una buona mira, portando fortuna a questo marchio così longevo. Nel 1994 l’azienda ha ricevuto il Compasso d’Oro alla carriera, a cui hanno fatto seguito l’European Design Prize nel 1997 e il Premio Leonardo Qualità Italia nel 2012.

Immagine di apertura: Vico Magistretti, Eclisse. Courtesy Artemide

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