Fin dalla sua la sua nascita, la caffettiera si è distinta per essere un prodotto industriale capace di riunire intere famiglie attorno al segno di un architetto o designer. Sedotti da questa possibilità, in molti hanno modellato secondo il proprio modo progettuale un oggetto centrale dello spazio domestico. In questo modo, nel corso degli anni, la caffettiera è diventata non solo un tratto distintivo di identità tecnica e culturale, ma un vero e proprio paradigma interpretativo di più vasti sistemi gastronomici.
Gli assoluti: 21 caffettiere che hanno fatto la storia del design… e del caffè
Dall’infusione per bollitura alla napoletana, dalla moka di Bialetti alla macchina per la crema caffè inventata nel 1948, è attraverso i progressi dei prodotti industriali grazie ai quali trasformare l’acqua in miscela che si è sviluppata la storia del caffè in Italia.
Courtesy Bialetti
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Prodotta da Ilsa, courtesy Ilsa
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Courtesy Giulio Iacchetti. Foto di Luca Corvatta e Valentina D’Addato
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- Nicolò Corigliano
- 10 marzo 2023
Nella sua funzione di oggetto voluttuario, rappresenta la forma e la funzione al suo apogeo, nel suo uso rituale si traduce nel perfetto connubio tra l’esperienza sensoriale e quella tecnica.
A casa, un espresso come al bar.
Un oggetto di uso quotidiano elevato a rituale, con il quale si sancisce l’ingresso della modernizzazione, dei primi del novecento, tra le mura domestiche in chiave progressista. In questo modo il caffè perderà, seppur solo in parte, il tratto distintivo di rito celebrato nello spazio pubblico per diventare una routine intima.
Sebbene già a partire dal 1819 con Morize vedrà la luce un primo modello di caffettiera (la napoletana), bisognerà attendere il secondo dopoguerra affinché questa si affermi come prodotto industriale.
“A casa, un espresso come al bar” così recita lo slogan che renderà famosa la Moka Express di Alfonso Bialetti. La caffettiera domestica automatica con impresso sul fianco l’inconfondibile omino baffuto.
Siamo di fronte a un prodotto di consumo divenuto l’elemento centrale di un ecosistema di architetture domestiche (teiere, tazze, tazzine, bollitori) volte a rendere armoniosa l’esperienza del caffè. Nel corso degli anni, la caffettiera ha assunto innumerevoli forme, con richiami architettonici come il campanile e la cupola, o attraverso l’incastro di geometrie euclidee: il cilindro, la sfera, il parallelepipedo. Tutti capaci di creare, per omologia figurativa, dei veri e propri elementi totemici.
Una menzione speciale va poi riservata a Vesuvio di Gaetano Pesce con cui, oltre a rendere omaggio ad una città intera, la caffettiera assurge a funzione di altare votivo.
In più di mezzo secolo la caffettiera è sopravvissuta al processo di crescente automazione e tecnologizzazione di tutti i suoi apparati, sintetizzandosi in una storia di somma di stili al contempo insostituibili ed incapaci di far invecchiare i precedenti. Un costume, una norma, una tradizione come nel caso della caffettiera capostipite dell’azienda di Carlo Giannini, Giannina La Tradizione pensata nel 1968 e tutt’ora in produzione.
Continua a rappresentare, di fronte all’ondata recente delle macchinette elettriche a cialde, una soluzione più sostenibile. Ma anche simbolica. Così, la caffettiera ha superato la mera dimensione “funzionale” per assumere un valore di conforto e convivio nelle cucine moderne. Come scrive Mendini nel suo Elogio della caffettiera, “Ogni grande architetto ne ha tentato il progetto, ambisce a costruire una caffettiera così come prima di morire vorrebbe fare una torre”.
"Caffettiera domestica automatica, racchiudente la dose di caffè, the o camomilla fra due recipienti serrabili ermeticamente a vite dei quali l’inferiore funge da caldaia, da riscaldare su di un fornello qualsiasi e il superiore funge da raccoglitore dell’infuso". (Tratto dalla descrizione del brevetto di invenzione della Moka Express Bialetti).
Caffettiera in acciaio inox dalla superfice ultralucida. Il nuovo disegno della caffettiera napoletana di Ilsa, che aggiorna il modello in alluminio degli anni Cinquanta, mira a semplificare le forme e pulire le pareti dei due cilindri, che compongono il classico disegno della caffettiera napoletana. I manici sono di acciaio rivolti verso l’esterno. Viene proposta nei formati 1-2/3/6/9 tazze.
Espressione tesa e geometrica quella di Arne Jacobsen che nel 1967 si propone di produrre un'alternativa moderna e funzionale alle tradizionali stoviglie in argento. Realizzata in acciaio inossidabile, la caffettiera Cylindia deve il suo sviluppo a dei semplici tubi di acciaio per la produzione industriale, che con l’aggiunta di un beccuccio ed un manico in bachelite appuntito si trasformano in una Caffettiera a stantuffo capostipite di una collezione composta da 17 elementi.
“Carmencita sei già mia, chiudi il gas e vieni via”.
Marco Zanuso nel 1979 dà vita ad una caffettiera che omaggia le forme e la storia delle prime pubblicità Lavazza nel Carosello. Carmencita il cono con trecce e Caballero il cono con il cappello da cowboy, frutto dell’immaginazione di Armando Testa, presteranno alla caffettiera la loro identità. Zanuso aggiungerà anche un manico posizionato sul lato per una presa più comoda. Un progetto di industrial design che anticipa le forti influenze che la comunicazione avrà sul prodotto e renderà Carmencita un simbolo della storia Lavazza.
Base allargata, beccuccio antigoccia e chiusura a leva (che consente di aprirla con un semplice gesto della mano), sono solo alcune delle caratteristiche che segnano le forme del primo compasso d’oro vinto da Alessi. Con la 9090, nata nel 1979 dall’estro di Richard Sapper, vede la luce la prima caffettiera dell’azienda piemontese di Crusinallo.
Minuscola architettura da tavola, La Conica ha un corpo in acciaio inossidabile e fondo in rame. Primo progetto di industrial design di Aldo Rossi per Officine Alessi, disegnato tra il 1980 e il 1983. Nata come evoluzione del concorso “Tea&Coffee Piazza” promosso da Alessandro Mendini per Alessi, deve il suo nome alla forma del coperchio, una forma geometrica semplice generata “dalla rotazione di un triangolo rettangolo attorno ad un cateto” come lo stesso Aldo Rossi racconta in un’intervista.
Che si presentasse in amaranto metallizzato con manico bianco o in viola con manico rosa, la caffettiera Accademia impressionava anche per i suoi 25cm di altezza. Capace di far coesistere forme morbide e rigidi angoli, la serie Accademia disegnata da Ettore Sottsass e Matteo Thun per Lagostina è un esempio in scala degli esperimenti portati avanti dai due durante l’esperienza Memphis. Il set comprendeva, oltre alla caffettiera, un vassoio, una zuccheriera e una teiera.
Caffettiera napoletana in acciaio inossidabile con manico e pomolo in legno di noce canaletto, la “cuccumella” di Alessi nasce da una lunga ricerca che impegna Riccardo Dalisi dal 1979 al 1987. Oltre 200 diversi prototipi in latta che tracciano l’eredità storica di un prodotto nato nei vicoli di Napoli, tra le botteghe dei lattonieri di Rua Catalana.
Opera è un solido, un incontro tra forme geometriche con cui Cini Boeri ha voluto omaggiare le caffettiere a pressione di vapore. La caldaia è slanciata ed incontra una sfera che posta al culmine del corpo superiore (21 cm in totale) racchiude in uno scrigno il prodotto trasformato. Compenetrazione di solidi primari, Opera è un esempio di micro architettura domestica.
Nel 1990 Ferdinand Alexander Porsche disegna la propria idea di moka. Un esercizio di rielaborazione della forma classica che si concentra sulla superfice esterna del prodotto. Cambia l’esperienza tattile che vede sparire la parte rastremata al centro sostituita da linee rigide e dritte quasi statuarie dei due elementi. Aumentano il numero delle facce, che nella sezione inferiore sono doppie rispetto alla sezione superiore e si completa di un manico in silhouette di acciaio, cavo.
Disegnata tra il 1988 e il 1989 e prodotta nel 1992, Vesuvio di Gaetano Pesce è un oggetto che parla di realtà. Un omaggio alla città di Napoli, un inno al design capace di creare una relazione emotiva tra l’oggetto e l’essere umano che lo usa. Pensata come prodotto antitetico al design astratto e formale, la moka di Gaetano Pesce vuole essere un oggetto di culto celebrativo del rito (collettivo) del caffè.Il progetto, pensato fin da subito per un pubblico di collezionisti, prevedeva di cambiare il colore della resina intorno alla parte superiore (che compone la lava) ogni anno, in modo da poter datare la propria caffettiera.
Un parallelepipedo unisce due coni perfettamente identici. In questo modo nella caffettiera Mach, Isao Hosoe ricopre di valore simbolico e rituale il processo di trasformazione dell’acqua in caffè. La caldaia è unita alla parte superiore da una colonna greca che assume una funzione semantica oltre che funzionale.
Coppia nel progetto e nella vita, Silvana Angeletti e Daniele Ruzza disegnano nel 1994 Zazà per Guzzini. Corpo in alluminio e pomello in materiale plastico trasparente. Forme morbide e generose.
Geometrie classiche rielaborate per sovrapposizione di elementi. Ettore Sottsass con Lazaniezani veste la caffettiera di ispirazioni vittoriane in acciaio alleggerito. Mentre il serbatoio dell’acqua, in fusione di alluminio, presenta una classica geometria conica, la copertura superiore sembra staccarsi dal corpo del prodotto e potrebbe ricordare le forme di una gonna crinolina.
Lavorata su un volume cilindrico, sfogliando le scaglie superflue d’alluminio, Ossidiana suggerisce una nuova ergonomia domestica. Disegnata da Mario Trimarchi per Alessi è un oggetto che racchiude in sé la memoria di oggetti ancestrali, superfici sfaccettate come quelle della pietra vulcanica da cui prende il nome.
“Il racconto di una piacevole pausa caffè passa attraverso le forme semplici ed i profili puliti”. Così Giulio Iacchetti racconta il suo progetto “Caffeina” per Viceversa. Una caffettiera in 2 misure con corpo in alluminio satinato e manico in nylon, piattino e tazzina, mug caffè americano e zuccheriera con cucchiaino. Un tronco di cono sormontato da un coperchio, in contrasto cromatico, che completa il beccuccio.
Forma conica e incisioni a mano sulla ceramica, Sucabaruca è un progetto che ha coinvolto persone di diverse culture e nazioni. Oltre ai galleristi di Mjölk (Galleria d’arte di Toronto attiva dal 2009) che hanno accompagnato Luca Nichetto nella realizzazione del progetto, la ceramista canadese Alissa Coe, Valeria Moiseeva, designer e artista di origine russa ma newyorkese di adozione, ed Elena Freddi, collaboratrice presso lo studio Nichetto di Stoccolma. Caffettiera con filtro, Sucabaruca deve il suo nome ad un termine dialettale veneto che fa riferimento a una varietà di zucca, ricoperta da protuberanze e nervature.
Il progetto di Francesco Fusillo crea una nuova gestualità nel “servire il caffè”. Se in altri progetti il manico è stato spostato, allungato o reso ergonomicamente più comodo, nella caffettiera Lunika 360, Fusillo ha deciso di eliminarlo. Un rivestimento in legno della parte superiore, che isola dal calore, sopperisce alla mancanza del manico permettendo una presa insolita quanto innovativa.
Brew firmata da Tom Dixon è una caffettiera realizzata in acciaio inossidabile in due finiture: argento lucido e rame lucido. Dai materiali al codice visuale, Tom Dixon, rimescola elementi dell’Art Déco e superfici iper-riflettenti in un incontro di solidi primari. La serie comprende ogni elemento utile a officiare il rito del caffè e si completa di un recipiente per caffè macinato, mestolino, caffettiera a stantuffo, lattiera, contenitore per biscotti e vassoio di servizio.
Corpo in acciaio nero rivestito in teflon e manico in legno di quercia per la caffettiera della serie Collar disegnata da Daniel Debiasi e Federico Sandri. Silhouette morbide per una collezione che si completa di una teiera e un infusore in acciaio inossidabile.
Monoblocco in acciaio inox lucidato a specchio, con cono in acciaio inossidabile rimovibile. Lo stand caffettiera con filtro di NM3 e Heliot Emil si presenta come una scultura in sintesi. Taglio, piega e lucidatura di un unico foglio di acciaio per rendere contemporanea l’immagine di un oggetto classico.