Il nuovo museo dedicato a Michelangelo Antonioni è firmato Alvisi Kirimoto

Il duo italo-giapponese di progettisti ha restaurato il Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara, un edificio storico che ospita una collezione permanente dedicata al grande regista.

Alvisi Kirimoto ha firmato il restauro del Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara dedicato a Michelangelo Antonioni, il notissimo maestro del cinema di origini ferraresi. Il progetto integra una collezione permanente basata sull’opera del regista, e una serie di spazi dedicati a incontri, seminari e mostre temporanee. 

Spazio Antonioni occupa uno degli edifici storici all’ingresso del Parco Massari, su Corso Porta Mare, collocandosi tra il Palazzo dei Diamanti e il Palazzo Massari, due dei più celebri palazzi di Ferrara. 

Il legame di Antonioni con la sua città d’origine è messo in risalto dal progetto di restauro del padiglione, che ha previsto la riapertura delle sue bucature originali per mettere gli interni del museo in connessione diretta con la città. 

Tono grigio e cielo coperto sono sovente caratteristiche dei miei film. Una predilezione figurativa? Non tanto e non solo. Il fatto è che quando non c’è sole, io posso girare con maggior libertà; è una scelta dettata anche da motivi pratici. Con il sole, le angolazioni della macchina da presa sono obbligate.

Michelangelo Antonioni, Fare un film è per me vivere. Scritti sul cinema

Michelangelo Antonioni, Al di là delle nuvole, 1995, Fotografia di scena

Sviluppata su due piani di circa 300mq ciascuno, la nuova disposizione degli spazi è pensata per rispondere al progetto curatoriale di Dominique Païni, curatore e teorico del cinema francese, che suddivide il percorso espositivo in aree tematiche, da Ferrara e gli esordi, passando per La Trilogia Moderna e Il deserto rosso, fino agli ultimi anni. Pellicole, appunti, sceneggiature originali, fotografie, manifesti, premi, disegni e perfino dipinti di Antonioni sono esposti con un allestimento dall'impianto più rigoroso al piano terra che diventa più fluido al piano superiore. 

Lo studio Alvisi Kirimoto è ricorso allo stesso concetto di climax per la caratterizzazione cromatica dei setti espositivi, intensificando sempre di più il grigio utilizzato a rivestimento in ricordo delle atmosfere ricercate dal regista. 

Blow Up, 1966, Fotografia di scena. Courtesy Spazio Antonioni

La scelta di utilizzare finiture fortemente materiche, come la resina dei pavimenti e la pietra lavica della scala, si unisce a quella di lasciare gli elementi tecnici a vista, ancora una volta come tributo al regista di Zabriskie Point da parte dello studio, che aveva avuto occasione di collaborare direttamente con Antonioni nel 2006, per l’allestimento delle sue opere pittoriche nella mostra Il Silenzio a Colori a Roma: “Per il maestro, il modo in cui si attaccava il quadro era importante quanto il quadro stesso, e questa devozione per il particolare come per l’insieme, per ciò che è di fronte e dietro la telecamera, è quello che abbiamo voluto tradurre in architettura.” 

Immagine di apertura: Michelangelo Antonioni sul set di Blow Up. Courtesy Spazio Antonioni

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