Il numero di maggio di Domus si concentra sull’esperienza sensoriale dello spazio architettonico. Holl, nel suo Editoriale, spiega come la matericità degli elementi possa modificare sensibilmente la percezione degli spazi. “Quando la materialità dei dettagli che formano uno spazio architettonico diviene evidente, il dominio aptico si spalanca e l’esperienza sensoriale si intensifica, coinvolgendo la dimensione psicologica. La percezione degli spazi dipende da questi fattori, così come il gusto di un cibo dipende dal sapore originale degli ingredienti”. Partendo dalla sezione Dettaglio, materiale, Kenneth Frampton scrive del Point William Cottage disegnato da Shim-Sutcliffe Architects. Il complesso si confronta con un paesaggio onirico e con le qualità tattili degli elementi naturali del sito: la roccia granitica, l’acqua e la vegetazione. A seguire Fulvio Irace ripercorre l’opera di Carlo Scarpa, dove ricorre una propensione per la qualità materica che connota i dettagli e le soluzioni d’angolo e che suggerisce una concezione manuale dell’arte. Steven Holl intervista Boonserm Premthada, fondatore dello studio tailandese Bangkok Project Studio, il quale racconta dell’incertezza insita nei materiali che sceglie, un elemento che permette all’architettura di diventare memoria. Aaron Betsky scrive della Desert Outpost Residence disegnata da Jones Studio. Erede delle tradizioni costruttive della colonizzazione spagnola del Settecento, la residenza controlla la relazione con il paesaggio aspro attraverso spessi muri di terra e frangisole di legno.
Domus 1079 è in edicola, un numero dedicato alla percezione in architettura
Il magazine di maggio, a cura del Guest Editor 2023 Steven Holl, si concentra sull’esperienza sensoriale dello spazio architettonico. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Steven Holl. Courtesy of Museum of Fine Arts, Houston / Bridgeman Images
Testo Kenneth Frampton. Foto James Dow
Testo Fulvio Irace. Foto © Pino Guidolotti, 2000
Testo Steven Holl. Foto Spaceshift Studio
Testo Aaron Betsky. Foto Bill Timmerman
Testo Steven Holl. Foto Steven Holl
Testo Steven Holl. Foto © Zhu Runzi
Testo Diana Carta. Foto © Stefano Baldini / Bridgeman Images
Testo Steven Holl. Foto © Robert Konieczny– KWK Promes
Testo Leah Kelly. Foto © Succession H. Matisse, by SIAE 2023. Photo David Huguenin
Testo Michael Bell. Foto di Matteo Cirenei
Testo Mark Mack. Foto Charles Duprat © Anselm Kiefer
Testo Agnieszka Kurant
Testo Richard Tuttle. Foto courtesy of Pace Gallery
Testo Steve Pulimood. Foto Fredrik Nilsen Studio. Courtesy of Pace Gallery © 2023 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York
Testo Lars Müller
Testo Durganand Balsavar. Foto © Iwan Baan
Testo Steven Holl e Nina Stritzler-Levine. Courtesy Rizzoli
Testo e disegno Steven Holl
Testo Robert Kelly. Foto Charlotte Mandell
Testo Steven Holl e Toshiko Mori
Testo Walter Mariotti. Foto Valentina Petrucci
Testo Loredana Mascheroni
Testo Cecilia Fabiani
Testo Walter Mariotti. Illustrazione Felix Petruška
Testo Giulia Ricci. Illustrazione Felix Petruška
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- La redazione di Domus
- 08 maggio 2023
Continuiamo con il tema Il tempo aptico. Per Holl unendo esperienza, relazione e poesia, l’architettura può essere l’indice, o un ponte metafisico, per misurare, capire e percepire tempi diversi. Il Guest Editor continua intervistando lo studio Open Architecture per la Shanfeng Academy Suzhou. Il centro culturale e sportivo progettato dallo studio cinese è pensato per risvegliare i sensi ed emozionare, partendo da una molteplicità di dimensioni. Diana Carta scrive delle fontane di Roma: la presenza dell’acqua nella città storica interagisce con i sensi e amplifica le emozioni, dilatando il tempo nella percezione dello spazio. Robert Konieczny parla della Contemporary art gallery disegnata a Ostrava, dove, usando grandi pareti mobili, è riuscito a portare l’arte all’esterno, oltre che a incoraggiare il contatto aptico con l’edificio. Per la sezione Lo spazio aptico, Leah Kelly spiega come il corpo umano comunica con l’ambiente attraverso i sensi in maniera crossmodale. Questa consapevolezza avvicina neuroscienze e architettura. Michael Bell racconta Villa Bianchi, meno nota di altri lavori di Giuseppe Terragni, ma la sua scala esterna è in sé un’opera strutturale raffinata e complessa. Percorrerla è un’esperienza architettonica aptica. Mark Mack affronta il tema di come preservare la natura attraverso l’arte. Alle volte in maniera non del tutto consapevole, l’arte è stata uno strumento nella battaglia più grande della nostra epoca: la difesa dell’ambiente naturale.
A chiudere il numero la sezione Extra ottico, Agnieszka Kurant scrive della stratificazione inarrestabile di interazioni: risultato della commistione tra le sfere del regno umano, animale, batteriologico e digitale, le opere dell’artista polacca decodificano la complessità del mondo. Steve Pulimood scrive della sinergia tra i due giganti della scultura – Alexander Calder e Richard Tuttle – messa in atto alla galleria Pace di Los Angeles ha creato un cortocircuito virtuoso in cui artista e curatore si sono fusi, amplificano l’uno il lavoro dell’altro. Lars Müller ricorda AG Fronzoni: insuperabile per radicalità e coerenza, il design minimale, in equilibrio tra razionalità e umanesimo, del maestro italiano è ancora di grande ispirazione a 100 anni dalla sua nascita. Durganand Balsavar porta tributo a Balkrishna Doshi, delineando i tratti distintivi della filosofia progettuale del visionario architetto indiano scomparso lo scorso gennaio. In chiusura Steven Holl e Toshiko Mori raccontano la copertina del numero, ispirata alla tavola periodica degli elementi chimici.
Il Diario di questo mese, con le consuete pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Viaggo in Italia, dove il Direttore Editoriale Walter Mariotti racconta un’altra tappa del viaggio lungo la penisola che durerà tutto l’anno. Questa volta ci fermiamo a Tresigallo. Fondata 90 anni fa da Edmondo Rossoni, la cittadina ferrarese è un buon punto per osservare la complessità del Novecento. A seguire Loredana Mascheroni scrive del senso di Daniel Rybakken per gli spazi urbani: al suo primo progetto per un’azienda norvegese, Rybakken applica la sua visione minimale e poetica a una panca essenziale e flessibile, non solo per esterni. Walter Mariotti intervista Lesley Lokko, curatrice della 18. edizione, racconta il suo “Laboratorio del futuro” che, per riflettere sulla produzione, le risorse, i diritti e i rischi legati alla disciplina, punta i riflettori sull’Africa. Infine per la rubrica Punti di vista, una conversazione tra Alexander Schwarz e Antonio Gioli: l’architettura del Dopoguerra è fragile, a partire dai materiali di cui spesso è fatta. Per questo, l’approccio al suo riuso deve comprenderne la natura.
Nell’editoriale di Domus 1079 il guest editor affronta il tema dell’esperienza tattile, spiegando come la matericità degli elementi possa modificare sensibilmente la percezione degli spazi.
Il complesso si confronta con un paesaggio onirico e con le qualità tattili degli elementi naturali del sito: la roccia granitica, l’acqua e la vegetazione.
Nell’opera dell’architetto ricorre una propensione per la qualità materica che connota i dettagli e le soluzioni d’angolo e che suggerisce una concezione manuale dell’arte.
Boonserm Premthada, fondatore dello studio tailandese, racconta dell’incertezza insita nei materiali che sceglie, un elemento che permette all’architettura di diventare memoria.
Erede delle tradizioni costruttive della colonizzazione spagnola del Settecento, la residenza controlla la relazione con il paesaggio aspro attraverso spessi muri di terra e frangisole di legno.
Unendo esperienza, relazione e poesia, l’architettura può essere l’indice, o un ponte metafisico, per misurare, capire e percepire tempi diversi.
Il centro culturale e sportivo progettato dallo studio cinese è pensato per risvegliare i sensi ed emozionare, partendo da una molteplicità di dimensioni.
La presenza dell’acqua nella città storica interagisce con i sensi e amplifica le emozioni, dilatando il tempo nella percezione dello spazio.
Il fondatore dello studio KWK Promes racconta come, usando grandi pareti mobili, sia riuscito a portare l’arte all’esterno, oltre che a incoraggiare il contatto aptico con l’edificio.
Il corpo umano comunica con l’ambiente attraverso i sensi in maniera crossmodale. Questa consapevolezza avvicina neuroscienze e architettura.
Villa Bianchi è meno nota di altri lavori di Giuseppe Terragni, ma la sua scala esterna è in sé un’opera strutturale raffinata e complessa. Percorrerla è un’esperienza architettonica aptica.
Alle volte in maniera non del tutto consapevole, l’arte è stata uno strumento nella battaglia più grande della nostra epoca: la difesa dell’ambiente naturale.
Risultato della commistione tra le sfere del regno umano, animale, batteriologico e digitale, le opere dell’artista polacca decodificano la complessità del mondo.
E se gli occhi fossero dita? Nell’arte amarniana, i raggi del sole terminavano proprio con delle dita.
La sinergia tra i due giganti della scultura messa in atto alla galleria Pace di Los Angeles ha creato un cortocircuito virtuoso in cui artista e curatore si sono fusi, amplificano l’uno il lavoro dell’altro.
Insuperabile per radicalità e coerenza, il design minimale, in equilibrio tra razionalità e umanesimo, del maestro italiano è ancora di grande ispirazione a 100 anni dalla sua nascita.
Collaboratore storico dell’atelier Sangath, Balsavar delinea i tratti distintivi della filosofia progettuale del visionario architetto indiano scomparso lo scorso gennaio.
Fondata 90 anni fa da Edmondo Rossoni, la cittadina ferrarese è un buon punto per osservare la complessità del Novecento.
Al suo primo progetto per un’azienda norvegese, Rybakken applica la sua visione minimale e poetica a una panca essenziale e flessibile, non solo per esterni.
Dario Presotto, presidente di Modulnova, racconta la storia dell’azienda, fondata in Friuli 35 anni fa con i fratelli Giuseppe e Carlo.
Lesley Lokko, curatrice della 18. edizione, racconta il suo “Laboratorio del futuro” che, per riflettere sulla produzione, le risorse, i diritti e i rischi legati alla disciplina, punta i riflettori sull’Africa.
L’architettura del Dopoguerra è fragile, a partire dai materiali di cui spesso è fatta. Per questo, l’approccio al suo riuso deve comprenderne la natura. Ne abbiamo parlato con Alexander Schwarz e Antonio Gioli.
Agnieszka Kurant, The Half-Life of Facts, 2017