Il numero di marzo di Domus si concentra sul tema progettuale dell’urbanistica. Holl, nel suo Editoriale, racconta dubbi e speranze sul divenire delle città, attraverso la lettura di sette metropoli. “Pur lavorando con il dubbio, nutriamo la speranza che si avvii un’opera di protezione, restauro e riforestazione di una porzione di territorio equivalente a quella delle nuove costruzioni urbane, permettendo all’aumento della densità urbana di diminuire lo sprawl distruttivo”.
Partendo da Tokyo, Holl indaga l’identità della città più popolosa del pianeta si trova nelle sue stratificazioni urbane, nell’alternarsi di caos, grattacieli, piccoli edifici, tecnologia elettronica e ikebana. A seguire i guest editor di Domus 2023 ricordano Arata Isozaki, scomparso di recente, tratteggiando un suo ritratto personale e professionale.
La seconda metropoli trattata nel numero è New York, per la quale Holl dedica un’osservazione alla penisola di Manhattan, dove si è diffuso un nuovo tipo di grattacielo residenziale: esclusivo, estremamente alto e sottile. Questi edifici, però, proiettano la loro ombra su Central Park, sottraendo luce alla città. Quindi Gideon Fink Shapiro scrive della Moynihan Train Hall firmata Skidmore, Owings & Merrill. Il riuso adattivo di un edificio postale d’inizio Novecento restituisce alla città lo spazio pubblico sottratto con la demolizione della vecchia Penn Station di McKim, Mead & White.
Per la città di Milano, Cino Zucchi scrive della metamorfosi tra urbanità e natura. Le attuali trasformazioni del capoluogo lombardo hanno esiti diversi: dai poco convincenti torciglioni a specchio ai riempimenti edilizi anonimi e mimetici. Gli esempi migliori sono quelli che mescolano apertura e understatement, guardando anche a esempi della tradizione architettonica milanese. “L’edificio di via Lanzone di Asnago e Vender rappresenta in miniatura molti dei caratteri che fanno di Milano uno degli esempi più interessanti di come una città contemporanea possa evolvere verso un futuro ecologico e una consapevolezza globale”. Holl intervista Fulvio Irace, parlando dei temi di modernità e umanesimo: negli ultimi anni, alcuni architetti stranieri hanno dimostrato come un approccio scrupoloso nel cogliere lo spirito di Milano sia l’unico modo per ottenere una solida presenza in città. Cecilia Fabiani scrive dei sette collezioni di tappeti per l’azienda milanese CC-Tapis firmati Patricia Urquiola. La sensibilità per il colore e il progetto d’interni della designer si traduce in tappeti dalle forme organiche, con tinte che nascono una dall’altra. A chiudere la sezione Franco Raggi e Antonia Jannone raccontano la Galleria Antonia Jannone. Nata nel 1976, la galleria milanese ha ospitato in oltre 250 mostre i nomi più importanti del mondo del progetto.
A seguire Dheka, per la quale Durganand Balsavar scrive delle discontinuità e le incertezze del suo territorio e la sua travagliata storia offrono un nuovo spazio d’azione a questa città complessa che si alimenta di una cultura d’acqua. Victoria Easton descrive la cifra che caratterizza la metropoli brasiliana come la continua evoluzione tipologica, Alessandro Benetti scrive del complesso del Parlamento di Dacca, collocato su un rilievo e circondato da un lago artificiale. Descrive l’Arco del Patriarca, per il quale l’opera del maestro brasiliano a Praça do Patriarca è un’infrastruttura e un monumento civile nel cuore della caotica metropoli brasiliana. Holl scrive conseguentemente l’iconico Edifício Copan di Oscar Niemeyer, una struttura monumentale e sinuosa che raccoglie destinazioni d’uso diverse. Con i suoi 5.000 abitanti è quasi, in sé, una città.
Per Mexico City Enrique Norten scrive della forma della capitale messicana, generata dalle stratificazioni della sua storia millenaria. Per renderla più efficiente ed equa, oggi si sta adottando un nuovo modello. Steven Holl intervista Young & Ayata, per il quale I progetto residenziale, in un quartiere in trasformazione, articola in facciata un gioco di aperture realizzato attraverso una particolare tecnica di getto del calcestruzzo. A seguire le pagine dedicate alle Torres de Satélite, un monumento urbano che attesta, al di là del colore, la capacità di Luis Barragán di comporre gli aspetti cruciali dello spazio. In chiusura gli oggetti del designer Joel Escalona, dove compare un carattere scultoreo ispirato al lavoro di Constantin Brâncuși.
Come ultima città Mark Morris scrive di Londra, dove con l’aumento della densità della popolazione e il riscaldamento del pianeta, i servizi resi dalle piazze londinesi diventano sempre più preziosi. “Le piazze invitano a presentare ai loro margini architetture di spicco, edifici che possono essere visti nella loro totalità, cosa impossibile in una via. Una piazza, però, può anche identificare un luogo, definire una comunità”. Holl scrive poi sull’elemento fondamentale dello skyline londinese: il grattacielo. La tipologia edilizia non è di per sé negativa: un ricco mix di programmi in un edificio ibrido può creare infatti un elemento urbano vitale. Per chiudere la sezione il Guest Editor narra le potenzialità degli edifici ibridi, spiegando come serva una nuova strategia progettuale per affrontare gli orizzonti compositi e i moltepolici punti di fuga della vita nelle metropoli del XXI secolo.
In chiusura il Guest Editor racconta la copertina del numero, con un disegno di Lower Manhattan creato nel 1999 da Lebbeus Woods e descritto da László Krasznahorkai in Spadework for a Palace nel 2018.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Viaggo in Italia, dove il Direttore Editoriale Walter Mariotti affronta un viaggio lungo la penisola che durerà tutto l’anno. Indagheremo un tema strategico per l’intero Paese: la fragilità del suo territorio. A seguire Elena Sommariva scrive del workshop Corpi estranei e si muove tra performance, installazione, com’è abituale nella pratica dell’artista che, spesso, intreccia tecniche e mezzi espressivi diversi. Per Viel, però, non è tutto qui: la cosa più importante resta la relazione con gli altri. Per Aziende una storia di famiglia che, dalla Spagna, si estende a tutto il mondo. La racconta Ignacio Garcìa Rubio, managing director di Roca e Laufen Italia. Per Punti di Vista Charlotte Malterre-Barthes e Philipp Misselwitz dialogano di come spingere l’architettura al cambiamento. Più la crisi ambientale si manifesta, più i progettisti s’interrogano sul proprio ruolo: nascono così i nuovi manifesti per l’architettura.