Il numero di marzo di Domus si concentra sul tema progettuale dell’urbanistica. Holl, nel suo Editoriale, racconta dubbi e speranze sul divenire delle città, attraverso la lettura di sette metropoli. “Pur lavorando con il dubbio, nutriamo la speranza che si avvii un’opera di protezione, restauro e riforestazione di una porzione di territorio equivalente a quella delle nuove costruzioni urbane, permettendo all’aumento della densità urbana di diminuire lo sprawl distruttivo”.
Partendo da Tokyo, Holl indaga l’identità della città più popolosa del pianeta si trova nelle sue stratificazioni urbane, nell’alternarsi di caos, grattacieli, piccoli edifici, tecnologia elettronica e ikebana. A seguire i guest editor di Domus 2023 ricordano Arata Isozaki, scomparso di recente, tratteggiando un suo ritratto personale e professionale.
Domus 1077 è in edicola, un numero dedicato all’urbanistica
Il magazine di marzo, a cura del Guest Editor 2023 Steven Holl, si concentra sulla progettazione urbana e il suo lavorare con il dubbio. Sfoglia la gallery per scoprire i contenuti della rivista.
Testo Steven Holl. Disegno Steven Holl
Testo Steven Holl. Foto © Yoshio Futagawa
Testo Toshiko Mori e Steven Holl. Disegno © The Museum of Modern Art, New York / Scala, Firenze
Testo Steven Holl. Foto Iwan Baan
Testo Gideon Fink Shapiro. Foto Lucas Blair Simpson © Empire State Development | SOM
Testo Cino Zucchi. Foto Cino Zucchi
Testo Steven Holl. Foto Civica Raccolta delle Stampe Achille Bertarelli, Castello Sforzesco, Milano
Testo Cecilia Fabiani. Foto Claudia Zalla
Testi Franco Raggi, Antonia Jannone. Foto copyright Massimo Scolari
Testo Durganand Balsavar. Foto Iwan Baan
Testo Alessandro Benetti. Foto © B.O. Kane/ Alamy Stock Photo
Testo Victoria Easton. Foto Ciro Miguel
Testo Kenneth Frampton. Foto Nelson Kon
Testo Steven Holl. Foto Iwan Baan
Testo Enrique Norten. Foto Mark Kanning / Alamy Stock Photo
Testo Steven Holl. Foto Rafael Gamo
Testo Steven Holl. Foto Enrique Norten by SIAE 2023
Testo Marianna Guernieri. Foto Mariana Achach
Testo Mark Morris. Foto David West / Wikicommons
Testo Steven Holl. Foto Richard Brine
Testi Steven Holl e Richard Fadok
Testo Steven Holl. Disegno Steven Holl
Testo Arthur Sze. Foto © Kiki Smith
Testo Steven Holl. Foto © Jay Lazarin/iStock by Getty Images
Testo Walter Mariotti. Foto Valentina Petrucci
Testo Elena Sommariva
Testo Cecilia Fabiani
Testo Alessandro Benetti. Foto Filippo Romano
Testo Giulia Ricci. llustrazione Felix Petruška
Courtesy © Estate of Lebbeus Woods
View Article details
- La redazione di Domus
- 07 marzo 2023
La seconda metropoli trattata nel numero è New York, per la quale Holl dedica un’osservazione alla penisola di Manhattan, dove si è diffuso un nuovo tipo di grattacielo residenziale: esclusivo, estremamente alto e sottile. Questi edifici, però, proiettano la loro ombra su Central Park, sottraendo luce alla città. Quindi Gideon Fink Shapiro scrive della Moynihan Train Hall firmata Skidmore, Owings & Merrill. Il riuso adattivo di un edificio postale d’inizio Novecento restituisce alla città lo spazio pubblico sottratto con la demolizione della vecchia Penn Station di McKim, Mead & White.
Per la città di Milano, Cino Zucchi scrive della metamorfosi tra urbanità e natura. Le attuali trasformazioni del capoluogo lombardo hanno esiti diversi: dai poco convincenti torciglioni a specchio ai riempimenti edilizi anonimi e mimetici. Gli esempi migliori sono quelli che mescolano apertura e understatement, guardando anche a esempi della tradizione architettonica milanese. “L’edificio di via Lanzone di Asnago e Vender rappresenta in miniatura molti dei caratteri che fanno di Milano uno degli esempi più interessanti di come una città contemporanea possa evolvere verso un futuro ecologico e una consapevolezza globale”. Holl intervista Fulvio Irace, parlando dei temi di modernità e umanesimo: negli ultimi anni, alcuni architetti stranieri hanno dimostrato come un approccio scrupoloso nel cogliere lo spirito di Milano sia l’unico modo per ottenere una solida presenza in città. Cecilia Fabiani scrive dei sette collezioni di tappeti per l’azienda milanese CC-Tapis firmati Patricia Urquiola. La sensibilità per il colore e il progetto d’interni della designer si traduce in tappeti dalle forme organiche, con tinte che nascono una dall’altra. A chiudere la sezione Franco Raggi e Antonia Jannone raccontano la Galleria Antonia Jannone. Nata nel 1976, la galleria milanese ha ospitato in oltre 250 mostre i nomi più importanti del mondo del progetto.
A seguire Dheka, per la quale Durganand Balsavar scrive delle discontinuità e le incertezze del suo territorio e la sua travagliata storia offrono un nuovo spazio d’azione a questa città complessa che si alimenta di una cultura d’acqua. Victoria Easton descrive la cifra che caratterizza la metropoli brasiliana come la continua evoluzione tipologica, Alessandro Benetti scrive del complesso del Parlamento di Dacca, collocato su un rilievo e circondato da un lago artificiale. Descrive l’Arco del Patriarca, per il quale l’opera del maestro brasiliano a Praça do Patriarca è un’infrastruttura e un monumento civile nel cuore della caotica metropoli brasiliana. Holl scrive conseguentemente l’iconico Edifício Copan di Oscar Niemeyer, una struttura monumentale e sinuosa che raccoglie destinazioni d’uso diverse. Con i suoi 5.000 abitanti è quasi, in sé, una città.
Per Mexico City Enrique Norten scrive della forma della capitale messicana, generata dalle stratificazioni della sua storia millenaria. Per renderla più efficiente ed equa, oggi si sta adottando un nuovo modello. Steven Holl intervista Young & Ayata, per il quale I progetto residenziale, in un quartiere in trasformazione, articola in facciata un gioco di aperture realizzato attraverso una particolare tecnica di getto del calcestruzzo. A seguire le pagine dedicate alle Torres de Satélite, un monumento urbano che attesta, al di là del colore, la capacità di Luis Barragán di comporre gli aspetti cruciali dello spazio. In chiusura gli oggetti del designer Joel Escalona, dove compare un carattere scultoreo ispirato al lavoro di Constantin Brâncuși.
Come ultima città Mark Morris scrive di Londra, dove con l’aumento della densità della popolazione e il riscaldamento del pianeta, i servizi resi dalle piazze londinesi diventano sempre più preziosi. “Le piazze invitano a presentare ai loro margini architetture di spicco, edifici che possono essere visti nella loro totalità, cosa impossibile in una via. Una piazza, però, può anche identificare un luogo, definire una comunità”. Holl scrive poi sull’elemento fondamentale dello skyline londinese: il grattacielo. La tipologia edilizia non è di per sé negativa: un ricco mix di programmi in un edificio ibrido può creare infatti un elemento urbano vitale. Per chiudere la sezione il Guest Editor narra le potenzialità degli edifici ibridi, spiegando come serva una nuova strategia progettuale per affrontare gli orizzonti compositi e i moltepolici punti di fuga della vita nelle metropoli del XXI secolo. In chiusura il Guest Editor racconta la copertina del numero, con un disegno di Lower Manhattan creato nel 1999 da Lebbeus Woods e descritto da László Krasznahorkai in Spadework for a Palace nel 2018.
Il Diario di questo mese, pagine dedicate all’attualità, è aperto dalla sezione Viaggo in Italia, dove il Direttore Editoriale Walter Mariotti affronta un viaggio lungo la penisola che durerà tutto l’anno. Indagheremo un tema strategico per l’intero Paese: la fragilità del suo territorio. A seguire Elena Sommariva scrive del workshop Corpi estranei e si muove tra performance, installazione, com’è abituale nella pratica dell’artista che, spesso, intreccia tecniche e mezzi espressivi diversi. Per Viel, però, non è tutto qui: la cosa più importante resta la relazione con gli altri. Per Aziende una storia di famiglia che, dalla Spagna, si estende a tutto il mondo. La racconta Ignacio Garcìa Rubio, managing director di Roca e Laufen Italia. Per Punti di Vista Charlotte Malterre-Barthes e Philipp Misselwitz dialogano di come spingere l’architettura al cambiamento. Più la crisi ambientale si manifesta, più i progettisti s’interrogano sul proprio ruolo: nascono così i nuovi manifesti per l’architettura.
Nell'editoriale di Domus 1077, il guest editor racconta dubbi e speranze sul divenire delle città, attraverso la lettura di sette metropoli.
L’identità della città più popolosa del pianeta si trova nelle sue stratificazioni urbane, nell’alternarsi di caos, grattacieli, piccoli edifici, tecnologia elettronica e ikebana.
I guest editor di Domus 2023 ricordano l’architetto giapponese scomparso di recente, tratteggiando un suo ritratto personale e professionale. Il suo importante lascito deve essere un esempio per le giovani generazioni.
A Manhattan, si è diffuso un nuovo tipo di grattacielo residenziale: esclusivo, estremamente alto e sottile. Questi edifici, però, proiettano la loro ombra su Central Park, sottraendo luce alla città.
Il riuso adattivo di un edificio postale d’inizio Novecento restituisce alla città lo spazio pubblico sottratto con la demolizione della vecchia Penn Station di McKim, Mead & White.
Le attuali trasformazioni di Milano hanno esiti diversi: dai poco convincenti torciglioni a specchio ai riempimenti edilizi anonimi e mimetici. Gli esempi migliori sono quelli che mescolano apertura e understatement.
Negli ultimi anni, alcuni architetti stranieri hanno dimostrato come un approccio scrupoloso nel cogliere lo spirito di Milano sia l’unico modo per ottenere una solida presenza in città.
La sensibilità per il colore e il progetto d’interni della designer si traduce in tappeti dalle forme organiche, con tinte che nascono una dall’altra.
Nata nel 1976, la galleria milanese ha ospitato in oltre 250 mostre i nomi più importanti del mondo del progetto.
Le discontinuità e le incertezze del suo territorio e la sua travagliata storia offrono un nuovo spazio d’azione a questa città complessa che si alimenta di una cultura d’acqua.
Collocato su un rilievo e circondato da un lago artificiale, il complesso in scala monumentale del Parlamento introietta le dinamiche di trasformazione di Dacca.
La cifra che caratterizza la metropoli brasiliana è la continua evoluzione tipologica, figlia del mutare delle leggi e della normativa urbanistica.
L’opera del maestro brasiliano a Praça do Patriarca è un’infrastruttura e un monumento civile nel cuore della caotica metropoli brasiliana.
L’Edifício Copan è una struttura monumentale e sinuosa che raccoglie destinazioni d’uso diverse. Con i suoi 5.000 abitanti è quasi, in sé, una città.
La forma della capitale messicana è stata generata dalle stratificazioni della sua storia millenaria. Per renderla più efficiente ed equa, oggi si sta adottando un nuovo modello.
Il progetto residenziale, in un quartiere in trasformazione, articola in facciata un gioco di aperture realizzato attraverso una particolare tecnica di getto del calcestruzzo.
Le Torres de Satélite sono un monumento urbano che attesta, al di là del colore, la capacità di Luis Barragán di comporre gli aspetti cruciali dello spazio.
Il designer messicano distilla nella collezione Noviembre un carattere scultoreo ispirato al lavoro di Constantin Brâncuși.
Con l’aumento della densità della popolazione e il riscaldamento del pianeta, i servizi resi dalle piazze londinesi diventano sempre più preziosi.
La tipologia edilizia non è di per sé negativa: un ricco mix di programmi in un edificio ibrido può creare infatti un elemento urbano vitale.
Un week-end invernale tra Malo, dove nacque Luigi Meneghello, e Salgareda, dove scelse di ritirarsi Goffredo Parise
Articolato in tre momenti successivi, Corpi estranei si è dipanato nell’arco di sei mesi tra la Fondazione Pietro e Alberto Rossini di Briosco (Brianza), il Centre Pompidou di Malaga e Villa Zito a Palermo, sede della Fondazione Sicilia
Una storia di famiglia che, dalla Spagna, si estende a tutto il mondo. La racconta Ignacio Garcìa Rubio, managing director di Roca e Laufen Italia
Nel centro storico di Milano, Spiga26, progetto di retrofitting di Scandurra Studio Architettura, legittima i caratteri di un’architettura contemporanea e ne nobilita l’immagine
Più la crisi ambientale si manifesta, più i progettisti s’interrogano sul proprio ruolo: nascono così i nuovi manifesti per l’architettura. Ne abbiamo parlato con Charlotte Malterre-Barthes e Philipp Misselwitz
Lebbeus Woods, Lower Manhattan, 1999.