Quando ha fondato OnePlus, Carl Pei voleva creare un'alternativa Android all'iPhone che fosse altrettanto elegante, costasse meno e fosse attenta al design dell’hardware e del software. Una filosofia che ha resistito qualche anno, prima che il percorso dell'azienda sfuggisse al controllo di Pei e il marchio diventasse solo un altro dei tanti marchi cinesi a cui più del design interessa la possibilità di spalmare il nome del brand su quante più fasce di prezzo possibile.
Con Nothing, la sua nuova startup, Pei punta ora a un obiettivo più alto. Non vuole solo competere con Apple a livello di hardware e software. Sta invece cercando di creare un concorrente dell'aura che Apple è così brava a creare intorno ai suoi prodotti. Un’aura che è un mix di abilità nel design, solide basi culturali e marketing eccezionale, abbinato a un ecosistema software altamente avanzato. Tutti elementi intangibili, che nel concreto possono sembrare Niente (Nothing, appunto) ma che in realtà sono tutto.
È proprio quello che Nothing sta provando a replicare con phone (1), il suo primo smartphone Android. L'azienda ha scelto l'Art Basel per mostrare in anteprima il design del prodotto, inquadrandolo già come un'opera d'arte più che come un prodotto tecnologico. Non avendo a disposizione le risorse di marketing di Apple, Nothing sta giocando una partita diversa, sfruttando i riferimenti al design del passato come strumento mitopoietico per un nuovo marchio senza storia. In aggiunta il percorso di crescita dell’azienda passa per la creazione di una scarsità artificiale, non giustificata da alcun tipo di limite di produzione ma solo dalla necessità di creare hype attorno al dispostivo.
Uno dei riferimenti di design più forti nella mitopoiesi di Nothing è la mappa della metropolitana di New York degli anni Settanta di Massimo Vignelli e Bob Noorda. Vignelli e Noorda semplificarono la grande complessità della rete di trasporto della città grazie a un uso intelligente dei principi del design. Allo stesso modo, Nothing sta cercando di trasformare la complessità dei componenti dello smartphone in un layout bello da vedere che non verrà coperto da un panello di vetro o plastica scuri, ma sarà mostrato a tutti attraverso una scocca posteriore trasparente. È lo stesso principio applicato al primo prodotto dell'azienda, le cuffie ear (1), ma qui declinato a un livello di complessità tecnica assai superiore.
Quando si parla di scarsità, Nothing attinge direttamente dal manuale del mercato dell’arte, ed è per questo che l'azienda ha organizzato un evento esclusivo (ed elusivo) proprio ad Art Basel. Il telefono Nothing phone (1) sarà inizialmente disponibile in una serie di 100 pezzi su StockX, il marketplace online - celebre soprattutto tra gli appassionati di sneaker - in cui i venditori possono “droppare” edizioni limitate di prodotti altrimenti già ampiamente mercificati come scarpe da ginnastica, console elettroniche o carte collezionabili. I prezzi probabilmente saliranno alle stelle, alimentando l'interesse per un telefono che dal punto di vista dell'hardware e del software non sarà troppo lontano da un telefono Android di fascia alta. Pei e il suo team del resto stanno cercando di vendere non solo il telefono in sé, ma l'intero valore “socialmente condiviso” del marchio che stanno costruendo intorno ad esso. I critici potrebbero giudicarla un’operazione pretenziosa, insincera o addirittura poco adeguata allo stato attuale di un'economia globale che si sta avviando a grandi passi verso la recessione.
Tuttavia, anche se il phone (1) dovesse essere solo un altro telefono Android con un buon software customizzato, Nothing sta seguence un percorso di marketing e comunicazione che nessuna startup tecnologica prima d'ora ha mai sperimentato a questi livelli, mettendo insieme strategie di go-to-market prese da settori ad alto valore aggiunto che non hanno niente a che fare con il mercato degli smartphone. Un esperimento senz’altro interessante che, al netto del prodotto, vale la pensa seguire con attenzione.