Termine di derivazione economica, lo “spiazzamento” implica sempre la presenza di due soggetti: uno che compie un movimento e un secondo, spesso antagonista o concorrente, che a tale movimento reagisce in una direzione non da lui determinata. Spiazzato è un calciatore rispetto a una finta ben riuscita. Spiazzato, lo spettatore del nuovo Museo del Design della Triennale di Milano rispetto all'assenza in esposizione degli ultimi 40 di storia del progetto italiano. Spiazzati tutti gli astanti, 40 anni fa, all'apparizione di Memphis: esperimento che prendeva nome dalla città dei faraoni e da un pezzo di Bob Dylan, ascoltato allo sfinimento da un gruppo di giovani designer dal futuro luminoso, penetrati fin nel profondo collettivo da quel cavaliere oscuro dell'inconscio che rispondeva al nome di Ettore Sottsass.
Spiazzante è oggi anche la mostra Memphis - Plastic Field al Museum of Decorative Arts and Design di Bordeaux: un tempo carcere illuminista dove oggi trovano libertà da radici ormai banalizzanti alcuni dei più importanti lavori realizzati durante quell'esperienza. Curato da Jean Blanchaert e Constance Rubini, l'evento spiazza innanzitutto perché (de)contestualizza gli oggetti e la loro storia, traslandoli nello spazio oltre che nel tempo, e permettendoci così di osservarli sotto una luce del tutto nuova, come se fossero appena (ri)nati. Ricorda Blanchaert che il primo esordio di Memphis corrisponde al momento in cui “la poesia entra a pieno titolo nel progetto e si unisce all'ignoto”. Una psicosi datata 18 settembre 1981: 2.500 persone bloccano il traffico di Corso Europa per vedere 55 oggetti assurdi, esposti alla galleria Arc '74. La domanda che dunque ci poniamo noi, prigionieri volontari del design: può esistere oggi qualcosa di altrettanto spiazzante?