Oltre le atrocità di Putin e gli errori fatali di europei e americani, l’invasione dell’Ucraina ci porta al cuore del design e del suo potere attuale, permettendoci di comprendere perché esso abbia così tanta importanza nel nostro tempo. L’invasione dell’Ucraina, infatti, accende di nuovo il riflettore sulla millenaria storia dei confini che da sempre rappresentano una forma archetipica di design, militare prima che civile, perché sono gli eserciti a spostare i confini e con essi a modificare i perimetri degli stati e delle città, delle politiche e delle economie, degli individui e dei loro sogni e desideri.
Dall’alba dell’uomo, questa realtà non è mai cambiata salvo in un dimenticato racconto di Jorge Louis Borges del 1946 dove si narra di un impero dove l’arte della cartografia era arrivata ad un livello di perfezione tale da riprodurre in scala reale città, province e territori. Borges racconta come questa carta si sovrapponesse e sostituisse il territorio reale, al punto da espandersi e ridursi automaticamente al cambiare delle guerre finché un giorno l’Impero cominciò a decadere e scomparve. A differenza della sua minuziosa mappa, che continuò a vivere e fluttuare in aria nonostante gli eventi come l’unica, vera, assoluta realtà.
Per molti anni le cose sono andate proprio come aveva descritto Borges. Dopo la fine della Guerra Fredda si è pensato che la mappa avesse davvero sostituito la realtà e quindi che il design fosse più reale del reale. L’evoluzione di Internet e degli OTT, come Google, Facebook hanno accelerato questo effetto, facendo credere che lo spazio e il tempo si fossero prima contratti, come dimostra il servizio Prime di Amazon, e poi del tutto assorbiti in quel “deserto del reale” che apre il film Matrix. Un paesaggio infinito e rarefatto che raffigura quel che resta della realtà, o meglio, della realtà precedente a quella virtuale, liquida, instabile di cui ha parlato il sociologo Zygmunt Bauman. Un mondo nuovo in cui l’individuo annaspa in un flusso costante di big data in continua metamorfosi, che gli impediscono non solo di riconoscere quale sia la vera realtà ma quale sia il senso delle cose.
L’invasione dell’Ucraina non è solo il ritorno della storia, che in realtà non è mai finita, ma anche l’irruzione dell’antica realtà in cui si usano tecnologie come tali ma dove la guerra non è quella che si combatte su Fortnite e gli altri giochi elettronici. Non solo: l’assalto a Kiev dimostra che il regime russo e il suo leader non sono la narrazione che l’Occidente ha imposto ma quella che ha rimosso come in un transfert psicoanalitico, perché è almeno dall’intervento in Cecenia del 1999 – applaudito dall’Europa e dal mondo come baluardo contro l’estremismo islamic – che Putin aggredisce in maniera sistematica per realizzare il suo progetto: la Grande Russia erede dell’Unione Sovietica, ma soprattutto degli Zar. Un progetto metastorico che somiglia molto al Metaverso dei social network, dove ognuno è libero di costruirsi il proprio mondo secondo il proprio volere.
L’Ucraina è quindi la dimostrazione in chiave geopolitica del potere del design, che dal Cavallo di Troia ad oggi inganna la realtà sostituendola con qualcosa di artificiale. Il primo a spiegare che la realtà sociale era il risultato di un processo di redesign, ovvero di simulazione, fu Jean Baudrillard. Negli anni Sessanta del secolo passato, quindi prima dell’avvento di internet, il sociologo francese spiegò come questo processo sarebbe terminato quando il simulacro della realtà avrà finito di essere copia della realtà distaccandosene per sempre, cioè diventando iper-reale. E l’Ucraina è l’ultima, atroce dimostrazione che le cose stanno esattamente così. Non solo dimostra che la narrazione dei fatti – la democrazia ucraina, le violenze contro le minoranze, il presidente nazista che in realtà è ebreo – viene inevitabilmente manipolata dai media che instaurano circoli di fake news, ma anche come l’eccesso di notizie e di conoscenza disponibile sulla rete e sui social non permette di uscire dalla matrice e tornare alla vera realtà. Piuttosto, rafforza ancor più la dipendenza dalle narrazioni fallaci.
L’Ucraina è quindi la dimostrazione in chiave geopolitica del potere del design, che dal Cavallo di Troia ad oggi inganna la realtà sostituendola con qualcosa di artificiale. Il primo a spiegare che la realtà sociale era il risultato di un processo di redesign, ovvero di simulazione, fu Jean Baudrillard
Più che dell’arbitrarietà dei confini, la guerra in Ucraina è l’ultima dimostrazione dell’abolizione del confine tra realtà e virtualità. E il costo umano di innocenti che ci rimettono è il prezzo che la realtà paga a questa sostituzione fatale, a questa strategia che trova anche altri esempi i social network, gli NFT e soprattutto un Metaverso, un mondo alternativo a tutti gli effetti che permetterà agli utenti di condurre le proprie vite a piacimento, indipendentemente dalla realtà. All’interno del Metaverso si potrà lavorare, stringere amicizie, comprare casa o investire in arte, appunto in quei Non fungible Token che a differenza dei bitcoin sono unità informatiche di dati crittografati non interscambiabili e regolati dal meccanismo decentralizzato della blockchain.
Si può essere d’accordo o meno su tutto questo, ma sarebbe difficile discutere che Metaverso rappresenti una società virtuale eppure altamente reale, totalmente assuefatta dalla mercificazione di ogni avvenimento, oggetto e sentimento. Proprio come l’attacco all’Ucraina rappresenta la piena realizzazione della dittatura dell’immagine, del simulacro che prima sostituisce mistificandola e poi uccide la vecchia realtà precedente, quella dominata dalla verità aristotelica, ovvero dell’equazione fatti=rappresentazioni. Naturalmente la fatica, la giustizia, il male, il dolore, la gioia esistono ancora e sono altamente reali. Ma la matrice in cui siamo immersi, il marketing virale che coincide con l’apoteosi del consumismo e della quarta globalizzazione tendono a sostituirli con un Truman show quotidiano, dove quando la realtà appare d’improvviso, come nei razzi lanciati contro l’Ucraina, il sistema va in corto circuito.
Eppure, c’è da scommettere che il redesign del mondo operato dalla tecnologia e sintetizzato dai sociale da Metaverso invaderà presto ogni attività umana, dall’abbigliamento alla finanza, accelerando e portando ad un livello superiore la sostituzione della realtà con la verità dell’illusione. E qui ancora una volta ci viene in aiuto Baudrillard: poiché nel design il valore del segno non è inferiore a quello dell’uso, ma è indipendente, avremo presto una “realtà senza realtà”. Sarà la vittoria Zuckerberg e del capitalismo digitale, perché la tendenza all’accumulo è facilmente esportabile in mondi virtuali e paralleli. Senza bisogno di colonizzare la Luna o Marte.
In questi drammatici giorni si decide il futuro dell’Ucraina. E tutti ci auguriamo che la diplomazia riesca a fermare il massacro e ristabilisca la pace. Meno realistico è invece pensare a ristabilire la verità, perché essa è prigioniera della simulazione e trascinata a fondo dal potere del redesign della realtà. Jean Baudrillard era molto pessimista su questo, Jorge Louis Borges pure. Speriamo che si sbagliassero e che gli eventi ci sorprendano ancora.
Immagine di apertura: manifestazioni a Vancouver, Canada. Foto Bruno via Unsplash