Cinquant’anni dopo è difficile capire la forza dirompente con cui le creazioni radicali di Poltronova fecero piazza pulita delle convenzioni borghesi. “Oggetti-bomba” e “cavalli di Troia”, due delle definizioni coniate all’epoca, rendono però ancora bene l’idea dello sconquasso nell’immaginario collettivo, abituato a prodotti in serie giustapposti a quadretti in bello stile. Ancora di più se si pensa a quanto poco siano applicabili alla produzione attuale, decisamente più addomesticata. Ma allora, tra il 1969 e il 1973, a opera di nomi perlopiù toscani, fu un evento di proporzioni ridicole per vitalità, e legami intrinsechi con la Pop art, Las Vegas, il mondo della pubblicità. Talmente ridicolo che infatti Ettore Sottsass si chiedeva: "ci può essere qualcosa di più ridicolo" di piazzare delle lucette come quelle eterne dei cimiteri sotto il fiberglass dei suoi Mobili Grigi? E di conseguenza: di una lampada a forma di palma chiamata Sanremo? Oppure di una poltrona guanto da baseball all’anagrafe Joe, come il DiMaggio marito di Marilyn Monroe? Col tempo questi oggetti bislacchi, residui di un sogno mai concluso sono diventati dei classici, ma non per questo meno meritevoli di un ripasso celebrativo.
Poltronova e la foresta di oggetti impertinenti
A Bruxelles una mostra sull’esperienza “insurrezionale” di una manciata di designer contro convenzioni e buone regole dello stile, guidati dalla fiducia nel potere di sognare in grande.
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- Cristiano Vitali
- 19 settembre 2018
- Bruxelles
Quello appena inaugurato con Oggetti nella foresta - Jouets à jouer all’Istituto di Cultura Italiana di Bruxelles dal Centro Studi Poltronova, possiede tra l'altro una caratteristica più unica che rara nella storiografia di questa esperienza progettuale: avere raggruppato per la prima volta tutti gli oggetti sotto un unico tetto. Dal divano Superonda alla lampada-mollusco Gherpe; dalla poltrona Mies di Archizoom Associati alla specchiera Ultrafragola di Ettore Sottsass. Nessuno escluso. Così che a nemmeno un arredo di questo linguaggio che al progresso scientifico ha preferito “un cartaceo orizzonte radioso solcato dall’arcobaleno” – come scrivevano gli Archizoom su Domus 455 dell’Ottobre 1967 – sia demandato l'onere di colmare una lacuna espositiva. Ne avrebbe risentito in primis l’allestimento di Donatello D’Angelo, che rimanda al ciclo pittorico delle “città trasparenti” di Alberto Savinio attraverso stanze in cui “arbusti, chiome fluenti, guanti si fanno, d’incanto, lampada, specchio, divano e poltrona”. Isolati nella loro potenza cromatica da un “terreno” nero di palloni assiepati. L'effetto complessivo è appunto quello di una di una foresta, ma di plastica. Divertente, eppure carica della stessa ambiguità di un tempo, quando tra sovrapposizione di segni e instabilità sociali, la fuga nel sogno poteva essere contemporaneamente trappola e libertà.
- Oggetti nella foresta – Jouets à jouer
- fino al 13 ottobre
- Istituto di Cultura Italiana
- Rue de Livourne 38, 1000 Bruxelles