In occasione del cinquantesimo anniversario del discusso 1968 – un anno cruciale nella storia recente che ha visto nascere numerosi movimenti sociali in tutto il mondo, da Parigi a Praga e Washington – la mostra “Cloud ’68 – Paper Voice”, ospitata presso il centro gta exhibitions dell’ETH di Zurigo, svela lo spirito rivoluzionario che ha condizionato il mondo architettonico nel periodo tra gli anni Cinquanta e Settanta.
Basata in gran parte sulla collezione personale di opere grafiche appartenenti al movimento dell’architettura radicale dell’architetto cileno Smiljan Radić, l’esposizione esplora la vena creativa alternativa che ha plasmato quegli anni attraverso le opere di progettisti sperimentali come Superstudio, Ugo La Pietra, Archizoom, Archigram e molti altri. Curata dallo stesso Radić e dall’architetto Patricio Mardones, la mostra è divisa in due sezioni. La prima mette in luce una selezione, raramente esposta, di litografie, disegni, incisioni originali e oggetti effimeri raccolti da Radić nel corso degli anni. La seconda presenta 13 registrazioni video e trascrizioni di interviste realizzate dal critico d'arte e storico dell'arte svizzero Hans Ulrich Obrist con alcuni degli attori del movimento radicale.
Come affermano i due curatori, “il Maggio ’68 è stato un momento critico in termini di trasferimento di idee e conoscenza alle masse. Eravamo molto interessati al fatto che, nonostante la produzione di diversi scritti e manifesti ideologici non facili da comprendere di primo acchito, i movimenti radicali erano altamente consapevoli della comunicazione visiva come strumento efficace per coinvolgere un pubblico più vasto. L’uso di disegni, collage, fumetti e alterazioni di pubblicità mostra la grande efficacia delle immagini e ha sicuramente avuto un enorme impatto sul discorso architettonico attuale.” Assieme a numerosi progetti urbani visionari – come la New Babylon di Constant Nieuwenhuys o il Dymaxion di Buckminster Fuller – la mostra fa emergere anche le teorie dell’Internazionale Situazionista sull’appropriazione urbana con manoscritti e documenti dell’artista danese Asger Jørn e del filosofo francese Guy Debord.
Ma gli architetti radicali non si limitarono solo alle strade. E così la mostra “Cloud ’68” affronta anche l’ambito domestico andando ad analizzare alcuni dei progetti più utopici sviluppati nel corso di quei due decenni. Celebrate da molti e messe in discussione da alcuni, le strutture gonfiabili sono un aspetto importante di questa sperimentazione. Un elemento che l’esposizione sottolinea attraverso i lavori dell'architetto francese e fondatore del gruppo Utopia, Jean-Paul Jungmann, dello studio di progettazione americano Ant Farm – noto per i suoi media van e le ricerche sulla mobilità – e l’installazione del 1972, Oase n.7, sulla facciata del Fridericianum a Kassel a firma del gruppo viennese Haus-Rucker-Co.
I movimenti radicali erano altamente consapevoli della comunicazione visiva come strumento efficace per coinvolgere un pubblico più vasto.
Spiegano i curatori: “Volevamo riflettere su quegli autori che in qualche modo hanno lavorato ai confini, quasi marginalmente, (dell’architettura, ndr). Non sono quelli che hanno costruito cose, ma sono quelli che hanno spinto le loro idee al limite senza accettare alcun compromesso. Questo è anche il motivo per cui le strutture gonfiabili e le bolle di plastica sono così significative per i radicali. Erano tutte basate sull'architettura leggera, artefatti che si potevano costruire con le proprie mani in maniera molto semplice.”
- Titolo:
- Cloud '68 – Paper Voice
- Date di apertura:
- fino al 18 maggio 2018
- A cura di:
- Smiljan Radić, con Patricio Mardones
- Luogo:
- ETH Zurich, Hönggerberg