Gatos, che in portoghese significa “gatti”, è il termine usato a Rio per definire i collegamenti elettrici non ufficiali, e spesso illegali, realizzati per portare l’energia elettrica nelle favelas e in altre aree urbane. Molte persone che vivono nelle favelas sfruttano l’energia elettrica attaccando i loro fili, i loro Gatos, ai lampioni nelle vicinanze.
Il Gatos, che può essere considerato come un simbolo se inteso come emblematico del rapporto tra i regolamenti urbani formali e informali in un contesto di vita spontaneo, rappresenta il punto di transizione da una rete prevedibile controllata e regolata a un complesso di relazioni “invisibili” e non documentate.
Visivamente guidati dal caos affascinante creato dai Gatos delle grandi città, come Rio de Janeiro e San Paolo, dal loro modo di attraversare le strade e creare una mappatura diversa dello spazio, i progettisti hanno analizzato questo elemento in modi diversi. Seguendo una metodologia sperimentale hanno sezionato fisicamente i cavi e hanno scoperto il loro nucleo interno: il rame. La sua bellezza ha fatto sì che decidessero di utilizzarlo come materia prima.
Lo scopo di questo progetto è quello di riflettere sulla natura nascosta di elementi di uso quotidiano come i cavi elettrici, che possono assumere la forma di pasticcio inestricabile. Il progetto è composto da vari elementi e azioni: una grande installazione, fatta di cavi elettrici e del rame ricavato dal loro interno, che riempe il centro della stanza. La gente si sposta intorno a questa presenza di rame, riflettendo sul ruolo e il significato dei Gatos. Allo stesso tempo pubblico è invitato a prendere un po’ di rame dalla struttura principale per creare le proprie opere. In questo modo, la nube di rame si dissolve gradualmente e contemporaneamente la mostra si popola degli oggetti realizzati dai visitatori. Due lampadari di rame appesi al soffitto ricordano sia l’importanza che il fascino di questo materiale comune.
Project Brazil
Design: Analogia Project, Giorgio Bonaguro e Marco Guazzini
a cura di Waldick Jatobà