L’intera città di Kabul è in questo modo trasformata in un set cinematografico improvvisato, e il gesto stesso del giocare nella proiezione di un film tridimensionale che, coprendosi di polvere e detriti, reca con sé, nell’impressione materica della pellicola, la molteplice memoria di una comunità sospesa fra disintegrazione e ricostruzione, memoria e oblio, passato e futuro, dramma e gioco.
Analogamente ad altre opere dell’artista, Reel-Unreel allude a una dicotomia, da una parte il gesto di srotolare e dall'altro quello di arrotolare, che corrisponde, nel gioioso sovvertimento di ogni regola urbana (check-point ignorati, regole di comportamento disattese), alla creazione di una narrazione alternativa della città di Kabul che fa saltare il contrasto fra l’immagine reale e quella irreale dell’Afghanistan contemporaneo, “arrotolato e srotolato” ad uso e consumo dei media occidentali secondo agende giornalistiche, politiche e socio-economiche che dall’esterno hanno storicamente influenzato, da secoli, e continuano a influenzare, la nostra conoscenza di questo paese, per altro mai veramente compreso dagli occidentali.
Fino al 22 settembre 2014
Francis Alÿs
Reel-Unreel (Afghan Projects, 2010-14)
a cura di Andrea Viliani, Eugenio Viola
in collaborazione con Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Varsavia
MADRE
Via Settembrini 79, Napoli