Sp10 ha progettato un ascensore specchiato per eliminare le barriere architettoniche e garantire il libero accesso al primo piano della villa Durazzo Bombrini di Cornigliano, Genova. Il piccolo intervento disegna un volume prismatico tra gli alberi e la facciata, una torre che rispecchia i suoi dintorni.
Breve viaggio in ascensore
Sp10 ha progettato un ascensore riflettente per la villa settecentesca Durazzo Bombrini a Cornigliano, Genova, raccontato in un testo di Piero Frassinelli (Superstudio).
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- 26 maggio 2014
- Genova
Il progetto si ispira anche ai fotomontaggi radicali delle Architetture Riflesse di Superstudio. Piero Frassinelli, membro del gruppo fiorentino, ha scritto un testo in cui racconta il progetto.
“Quando vidi quella torre di specchi ne fui subito attratto e desiderai entrare a vedere cosa c'era dentro.
Chi come noi riflette da lungo tempo sugli specchi, sa che è facile entrarvi: basta dirigersi verso di essi con sicurezza e non arrestarsi quando si sente il freddo della superficie; per un attimo si vede il riflesso della propria schiena e si sa di essere dentro.
Mi ritrovai così in una cabina di ascensore anch'essa tutta di specchi; l'ambiente infinito, che le ripetute riflessioni creavano e che sfumava tutto attorno a me nel buio della lontananza (dovuto come ben sapevo alla trasparenza incompleta dei cristalli), mi ricordò ovviamente l'environment che creammo per il MoMA nel 1972. Ma ora c'era solo il pavimento a quadretti bianchi sul quale la pulsantiera dell'ascensore, con i tasti e le spie luminose, si rispecchiava moltiplicandosi in immagini galleggianti nello spazio in maniera surreale.
Cominciai a percorrerlo quello spazio asettico; la mancanza della siepe di licheni e della piastra con le sue lucette colorate e ammiccanti, mi rendeva tutto più estraneo; della Supersuperficie era sparita, con l'immagine, l'idea stessa, proprio ora che la tecnologia avrebbe quasi potuto realizzarla quella nostra utopia libertaria, l'unica positiva che avevamo saputo creare. Ma in questi quaranta anni l'Occidente aveva condotto i suoi desideri in direzione opposta: mentre noi indicavamo la fine dell'architettura in quanto ormai sostituibile con la tecnologia si perseguiva un ipermonumentalismo velleitario e muscolare fine a se stesso, gli architetti progettavano monumenti a se stessi e ai loro mandanti in cui il miglioramento delle condizioni di vita appariva un alibi per giustificarne i costi iperbolici e le folli ambizioni anche quando era tra gli obiettivi progettuali.
Adesso, percorrendo quello spazio deprivato delle nostre speranze, era la sola presenza delle pulsantiere galleggianti che mi obbligava a qualche cambio di direzione complicato dal fatto che, come ben sapevo, la destra e la sinistra erano invertite. Mi sentivo solo e mi ero intristito; stavo per girarmi e tornare indietro quando dal buio orizzonte cominciarono a concretizzarsi due figure che venivano verso di me: un ragazzo, che indossava solo larghi pantaloni di tela marrone leggera e una ragazza con una lunga veste color sabbia dello stesso tessuto. Quando mi incrociarono mi dissero ‘ciao’ con un evidente accento statunitense; li riconobbi, erano gli hippyes che abitavano i nostri fotomontaggi della Supersuperficie o sarebbero comunque stati perfetti per abitarla se ancora fosse esistita. Mi volsi a guardarli; dopo che ebbero fatto pochi passi scomparvero: la vista della loro schiena che, nello specchio, coincise all'ultimo momento con il loro riflesso frontale, mi fece capire che erano usciti.
Non c'era altro da vedere; non ebbi ragione di spingere i pulsanti di salita perché non conoscevo nessuno degli abitanti della casa; quindi uscii a mia volta, cercando, per sfida, di prolungare la visione della mia schiena nell'attimo dell'attraversamento; per far ciò, in quell'attimo quindi, effettuai un ondeggiamento del corpo avanti e indietro, ma il solo risultato fu una lieve vertigine.
Mi ritrovai all'esterno. I due ragazzi erano davanti a me, distesi a terra, nel sole, si erano tolti le scarpe. Mentre attraversavo lo spiazzo mi accorsi che anch'esso era a riquadri come il pavimento dell'ascensore; qui i riquadri erano molto più grandi, ma tanto meno qui c'erano siepi di licheni e macchinette per soddisfare i bisogni vitali. Piero Frassinelli, aprile 2014
Ascensore esterno, Cornigliano, Genova
Architetti: Sp10
Committente: Società per Cornigliano
Completamento: 2014