Nel mondo del progetto ci sono due figure che si ergono in modo esemplare a guida del suo lavoro: Enzo Mari e Aldo Rossi, fari distanti della stessa storia. Parla Giulio Iacchetti, designer della guardia italiana dal profilo singolare che disegna per brand come Abet Laminati, Alessi, Danese, Globo Ceramiche, Hastens, Magis e Meritalia.
Giulio Iacchetti
Dal segreto del suo lavoro, fatto di “piccoli avanzamenti, ripensamenti, strappi, ricuciture, azzeramenti” agli ultimi progetti, per Alessi, Internoitaliano e WoodyZoody. Iacchetti “industrial designer dal 1992” si racconta. #MDW2016
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- Maria Cristina Didero
- 15 aprile 2016
- Milano
Medaglia all’onore (condivisa con l’amico e collega Matteo Ragni – Compasso d’Oro del 2001) ricevuta per la posata biodegradabile Moscardino, realizzata per Pandora design un anno prima, al giro del millennio; cui segue, otto anni dopo, il “Premio dei Premi” per l’innovazione ricevuto dalle mani dell’allora Presidente della Repubblica Italiana per Eureka Coop (2005). Si tratta del primo progetto collettivo nel Belpaese (nato in un bar inseguendo il sogno design democratico) con l’ambizione di portare il design all’interno della grande distribuzione. Chapeau. La chiacchierata da bar, come succede spesso nella città meneghina, diventa poi una presentazione al supermercato Coop di via Arona, a Milano, di 20 prototipi.
Nel 2012, lancia il suo marchio Internoitaliano (in un appartamento milanese in via Palermo 1), poetica operazione che guarda all’artigianato con un occhio seriale connettendo e facendo sistema tra più laboratori artigiani per quella che lui chiama la fabbrica diffusa, una task-force con cui produce oggetti d’arredo “ispirati al fare e al modo di abitare italiani”. Perché, se il design non ha passaporto, ce l’ha invece chi tiene la matita in mano. E Iacchetti (che lo fa con sicurezza e grande mestiere) è colui che mette insieme il meglio delle suggestioni della bella Italia con un gesto contemporaneo. Lo immagino anche un grande lavoratore, uno di quelli che a testa bassa ci mette l’anima per raggiungere l’obiettivo. E, infatti, doppietta: il secondo Compasso d’Oro arriva nel 2014 sempre con Ragni, per Sfera, una serie di tombini in ghisa disegnati per la Fonderia Montini (2012). È la prima volta che il design tocca tale tipologia di prodotto. Sul suo sito, in home page, è scritto “Giulio Iacchetti, industrial designer dal 1992”. È “incappato”, come dice lui, nel design “quasi casualmente alla tenera età di 25 anni”.
Maria Cristina Didero: Come è successo? Giulio Iacchetti: Ci ho messo poco a capire che quella del design sarebbe stata la mia vita. Nel 1992, ho aperto il mio studio ed eccomi qui, immerso in un eterno presente a infornare progetti e ad aspettare che cuociano per poi servirli, e così via… Giorno dopo giorno.
Maria Cristina Didero: Perché la progettazione? Giulio Iacchetti: Per me il design è teoria che precipita in qualcosa di solido, percepibile al tatto. Amo la teoria, il pensiero etico, ma altresì adoro gli oggetti, ecco perché il design.
Maria Cristina Didero: L’approccio di Giulio Iacchetti? Giulio Iacchetti: Non disgiungere etica dall’estetica, non solo quando si progetta, ma avendo cura che questa regola armonica sia applicata a ogni attività, al rapporto che s’intrattiene con i collaboratori, con le aziende e con tutte le persone che partecipano alla tua vita.
Maria Cristina Didero: Il segreto del tuo lavoro? Giulio Iacchetti: Il segreto del mio lavoro è darsi un metodo, ovvero rispettare le regole per poi trasgredirle, bandire ogni bizzarro sussulto creativo per procedere secondo una road-map progettuale fatta di piccoli avanzamenti, ripensamenti, strappi, ricuciture, azzeramenti e così via, fino a che il progetto si innesta apparentemente casualmente tra i disegni sparsi sul tavolo. Maria Cristina Didero: Sei scaramantico? Giulio Iacchetti: Ovviamente sì, ma mi dimentico di esserlo 15 secondi dopo essere passato sotto una scala, aver rovesciato il sale di venerdì, e così via. Maria Cristina Didero: In un’altra vita? Giulio Iacchetti: Avrei voluto essere un bravo contrabbassista.
Maria Cristina Didero: Passioni extra-design? Giulio Iacchetti: I film dei fratelli Cohen, l’okonomiyaki (una grande frittata giapponese specialità di Osaka), i libri di Dino Buzzati e la musica canzonettara italiana degli anni Settanta. Maria Cristina Didero: Cosa presenti al Salone di quest’anno? Giulio Iacchetti: Per Alessi ho pensato una serie di orologi d’angolo, una variazione inedita che si distingue nel panorama già molto frequentato degli orologi da parete. Nel mio studio ospito l’evento “Alessi Goes Digital”, ovvero la presentazione di un lavoro afferente la stampa digitale sviluppato per l’azienda di Omegna. Il risultato al quale siamo pervenuti è una collezione di penne bellissime realizzate in fibra di vetro mediante stampa digitale: sei pezzi assoluti a cui affidare la testa di ponte dello sbarco per Alessi nell’era della stampa 3D.
Maria Cristina Didero: Com’è iniziato il rapporto con Alessi e qual è il concetto che ti ha portato a realizzare questi progetti? Giulio Iacchetti: Sin da quando ho iniziato a fare design, ho posto l’approdo in Alessi come una meta fantastica, al di là di ogni aspettativa. Nel 2008, complice una piccola mostra al Salone del Mobile intitolata “20 coltelli inutili”, incontrai Chiara Alessi e Gloria Barcellini, e tutto cominciò con un incarico ricevuto proprio da Alberto Alessi per disegnare una famiglia di vassoi. Pensare l’Alessi come un’azienda del settore design è a dir poco riduttivo. Per me, è realmente la “fabbrica dei sogni”; conosco maniacalmente tutti suoi cataloghi in cui sono rappresentate linee di prodotti che si espandono in ogni direzione dello scibile produttivo: mi piacerebbe un giorno pensare una mostra scegliendo, tra la sterminata produzione dell’Alessi, quei pezzi forse dimenticati, come una pinza per il camino, attrezzi da giardinaggio, un cappello, una spugna da mare che illustrano in modo esemplare l’atteggiamento onnivoro e universale della mia azienda preferita.
Maria Cristina Didero: Altri progetti di aprile? Giulio Iacchetti: Presento anche Il Capodoglio per WoodyZoody, che è invece un piccolo oggetto in legno ispirato alle forme zoomorfe organiche e semplici di Antonio Vitali, un designer svizzero di origini italiane misconosciuto ai più che ha fatto grandi cose per i bambini, disegnando giocattoli speciali. Infine per Nousaku, piccola e speciale realtà artigiana giapponese, ho disegnato un set da caffè realizzato in stagno puro: al progetto sono pervenuto tramite il disegno di una linea che, in un unico tratto, senza interruzioni, delinea la campitura della tazzina e il profilo del manico che si erge sopra il suo volume. (NdR: e il materiale utilizzato, lo stagno, esalta gli aromi e tiene la temperatura).
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Giulio Iacchetti
12–17 aprile 2016
WoodyZoody
Spazio ASAP, corso Garibaldi 104
Internoitaliano
via Palermo 1, Milano
Ottica Aspesi 1910, Largo Richini 1, Milano
Moleskine Smart Writing Set
BASE_Milano, via Bergognone 34, Milano
12–15 aprile 2016
Alessi Goes Digital
c/o Studio Giulio Iacchetti, viale Tibaldi 10, Milano