Abbiamo bisogno di più design vegano? Il caso di Erez Nevi Pana

Il progetto animal-free conosce un interesse sempre più forte da parte dell’industria. Spingendo il più celebre designer vegano ad un cambio di passo e di metodo nella propria ricerca.

Progressivamente sdoganato tra i consumi alimentari, il veganismo resta ancora una chimera nella produzione di oggetti e arredi, tra il massiccio impiego della pelle o di insospettabili – pensiamo alle colle – componenti animali. Eppure, c’è chi da anni è impegnato in una ricerca etica radicale per individuare alternative senza proteine nella filiera del design. Tra questi sperimentatori, Erez Nevi Pana è senz’altro tra i principali apripista. Paladino della causa animalista e portavoce a tratti scomodo della necessità di ripensare la filiera produttiva secondo logiche cruelty-free, Pana destò sorpresa già da laureando alla Design Academy Eindhoven – era il 2015 - con una serie di sgabelli assemblati con colle vegane e macerati tra i sali del Mar Morto. 

Ho iniziato a coltivare i miei materiali sul tetto del mio studio come un modo per controllare l'origine dei materiali che utilizzo per i miei oggetti.

Erez Nevi Pana

Erez Nevi Pana, Bleached. Courtesy Erez Nevi Pana

Da dieci anni, il suo lavoro di Pana non si è mai distolto da questa focalizzazione, ad esempio mettendo a punto una carta a base di canapa senza componenti animali, poi utilizzata per scrivere la sua tesi di dottorato all’università di Linz (Paper, 2018), o realizzando una serie di tessuti fatti con fibre ricavate dalle piante – banana, bambù, lino, canapa, cotone, alga, loto – capaci di rimpiazzare la lana (Ripening, 2024).

Sbaglieremmo però a identificare questo processo con una mera messa a punto di un catalogo di materiali alternativi. In Pana la concettualizzazione delle pratiche si rivela altamente esigente, e dà spazio ad artefatti che sono l’esito tanto di processi speculativi che di interrogazioni spirituali. Pensiamo a Wasted (2017), una serie di cesti creati attraverso stampi prodotti a ritmo giornaliero assemblando i propri rifiuti durante un soggiorno in India, o a Flora Fauna (2021), una serie di piante con il nome scientifico di animali che ricreano un circo metaforico finalmente liberato dallo sfruttamento.

Erez Nevi Pana, Tropical Milano, video-installazione, 2020. Courtesy Erez Nevi Pana

Recentemente, la frontiera della causa animale di Erez Nevi Pana ha finito per dilatarsi, abbracciando una ricerca intorno al tema della sostenibilità dalle mille sfumature. “Ecco a che punto mi trovo oggi: mettere in discussione tutto e considerare tutti”, racconta a Domus. “Ho iniziato a coltivare i miei materiali sul tetto del mio studio come un modo per controllare l'origine dei materiali che utilizzo per i miei oggetti. Ad esempio, compravo la luffa e mi chiedevo: da dove viene? Su quale terreno è cresciuta? Come è stata raccolta? Quanto sono stati pagati i lavoratori se è così economica da acquistare? Queste domande mi facevano impazzire. Mi sono sentito responsabile come consumatore che paga per averli, quindi ho deciso di coltivarne uno mio. Oggi sono felice, perché entrambi questi dubbi contribuiscono alla mia crescita come designer e come essere umano”.

Molte industrie hanno replicato l’estetica naturale utilizzando materiali artificiali. Allora perché non tornare allo stato naturale? Abbiamo bisogno di progetti più autentici che prendano in considerazione il nostro pianeta.

Erez Nevi Pana

Erez Nevi Pana con la Earth Flag

Oltre alla tracciabilità a tutto tondo della filiera, è anche un contesto propizio, tra dibattito sull’interspecismo e nuovi materiali a base di piante, a spingere Pana verso un salto di scala proprio impatto. L’attenzione dell’industria verso i materiali vegani, ci conferma sempre Pana, non è mai stata così alta.

Ne è un esempio il contest annuale per prodotti vegani lanciato dalla Peta, la più grande organizzazione mondiale per i diritti degli animali, dove le multinazionali accorrono per scovare nuove proposte da poter industrializzare. Un’attenzione di cui Erez Nevi Pana si compiace, pur preoccupandosi dei rischi di greenwashing, dovuti magari al ricorso a filiere globali inquinanti. 

Erez Nevi Pana, Wasted. Courtesy Erez Nevi Pana

“Il primo decennio del mio lavoro si è concentrato principalmente su approcci sperimentali. Il prossimo decennio dovrebbe approfondire i collegamenti con i mercati commerciali. Per abbracciare lo stile di vita vegano, i consumatori dovrebbero avere accesso ai design vegani. È un po’ ingenuo dedicare il lavoro esclusivamente alla sperimentazione e al lavoro concettuale.

Voglio collaborare con marchi di design per ampliare la mia ricerca e creare tecniche personalizzate utilizzando materiali locali ed etici. Molte industrie hanno replicato l’estetica naturale utilizzando materiali artificiali. Allora perché non tornare allo stato naturale? Abbiamo bisogno di progetti più autentici che prendano in considerazione il nostro pianeta”. Le opere di Erez Nevi Pana sono attualmente esposte nella prima mostra monografica dedicata al designer, Every Thing (a cura di Maria Cristina Didero), presso il Museum on the Seam di Gerusalemme.

Mostra:
Every Thing, Erez Nevi Pana
Curata da:
Maria Cristina Didero
Dove:
Museum on the Seam, Gerusalemme, Israele
Date:
Dal 19 luglio al 13 dicembre

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