Graziella, la bici pieghevole degli anni del boom

Lanciata a metà degli anni Sessanta, ha ridefinito il concetto stesso di bicicletta, da mezzo di trasporto povero a oggetto di tendenza, inventando la tipologia ancora attualissima della bici pieghevole.

Profuma di libertà. Ha un’aria al tempo stesso elegante e sbarazzina. È pratica, leggera, maneggevole. E intercetta con incredibile sincronismo i sogni e i bisogni del suo tempo. Creata nel 1964 dal designer Rinaldo Donzelli e prodotta dalla fabbrica Teodoro Carnielli di Vittorio Veneto (Treviso), la bicicletta Graziella è fin da subito molto più di un semplice mezzo di trasporto. Con il suo design innovativo e la sua praticità, Graziella rivoluziona il mondo delle due ruote e diventa un simbolo di anticonformismo e di modernità.

Le sue ruote sono molto più piccole rispetto ai modelli tradizionali (21 cm rispetto ai 60-70 cm delle altre). Il robusto telaio pieghevole, grazie alla cerniera centrale e all’assenza della canna orizzontale, rappresenta una vera innovazione: Graziella può essere facilmente ripiegata, la si può riporre anche in spazi angusti e soprattutto la si può trasportare finanche nell’abitacolo di un’utilitaria di piccole dimensioni. La sella imbottita e il manubrio facilmente sfilabile ne migliorano ulteriormente la praticità. 

Graziella disegnata da Rinaldo Donzelli © Studio Donzelli

Graziella diventa in breve tempo uno dei modelli di bicicletta più venduti nell’Italia degli anni del boom economico, quando scatena un effetto analogo a quello che la Vespa e la Lambretta avevano suscitato nell’Italia del dopoguerra: rendere possibile e accessibile a tutti il sogno di potersi muovere e spostare con facilità. A usarla sono soprattutto le donne, a cui l’euforica atmosfera dei primi anni Sessanta chiede e concede una più accentuata capacità di muoversi rapidamente in uno spazio attiguo all’ambiente domestico o al luogo del lavoro.

In modo analogo a quanto accaduto con la macchina da cucire Mirella negli anni ’50, anche per la bicicletta realizzata dall’Ufficio Tecnico della Carnielli si sceglie un nome che è al contempo ampiamente popolare, ma anche carico di risonanze colte (Graziella deriva dal nome latino di età imperiale che significa “leggiadra, piacevole, avvenente”, ma è un nome fondamentalmente cristiano perché collegato alla grazia divina). 

Pubblicità della Graziella negli anni '60. © Elena Donzelli

Anche il colore della Graziella diventa un elemento distintivo: disponibile nel classico bianco panna o in un delizioso blu oltremare, la bicicletta viene fornita con un tubetto di vernice per ritocchi, con pennellino incorporato nel tappo. Questo dettaglio non solo permette di mantenere l’integrità della verniciatura, ma aggiunge anche un tocco di eleganza e di attenzione al dettaglio che contribuisce a creare il mito della Graziella. Non solo: se fino ad allora le biciclette erano considerate un mezzo di trasporto povero, con Graziella si assiste a un clamoroso salto di status. 

A usarla sono soprattutto le donne, a cui l’euforica atmosfera dei primi anni Sessanta chiede e concede una più accentuata capacità di muoversi rapidamente in uno spazio attiguo all’ambiente domestico o al luogo del lavoro.

La bicicletta diventa il mezzo di trasporto della gioventù benestante, si diffonde rapidamente anche fuori dai confini nazionali, conquista i mercati di Francia, Germania e Sudamerica, e dopo che a Parigi una delle dive più sexy e popolari dell’epoca viene fotografata mentre pedala su una Graziella, la bici dell’azienda di Vittorio Veneto viene proposta dalla pubblicità come “la Rolls Royce di Brigitte Bardot”. 

Rinaldo Donzelli nel suo studio, 1981 © Studio Donzelli

Ma il fascino della Graziella colpisce e conquista anche lo spirito anticonformista di Salvador Dalì: il celebre pittore, scultore e cineasta surrealista viene infatti ritratto mentre trasporta alcune sue opere a fianco della sua inseparabile Graziella.

Nei suoi sessant’anni di vita, il modello originario disegnato da Rinaldo Donzelli ha subito vari e diversi ritocchi e perfezionamenti, come ad esempio nel 1971 l’aggiunta di un portapacchi in tinta, caratterizzato da due tubi orizzontali di eguale lunghezza raccordati con un tubo piegato a semicerchio. 

Da una brochure Carnielli © Elena Donzelli

Certo: c’è stato un momento in cui Graziella sembrava destinata a diventare solo un oggetto di culto per collezionisti e appassionati di biciclette vintage. Un nobile esempio di modernariato, legato a un certo mondo e a un certo tempo. Invece la crescente attenzione per la mobilità sostenibile ha riportato in auge proprio le biciclette pieghevoli, rendendo la Graziella un esempio pionieristico in questo campo, tanto che eventi e raduni dedicati al suo mito testimoniano la sua perdurante importanza nella cultura popolare italiana. 

Un mito che è il risultato di un connubio perfetto tra innovazione tecnologica, design accattivante e capacità di interpretare i cambiamenti sociali del proprio tempo. Ancora oggi, Graziella continua a evocare non solo nostalgia per quella che fu la nostra “età dell’innocenza”, ma anche un senso di plauso, stima e autentica ammirazione.   

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