“Ci troviamo a un punto critico della riflessione sul modo di coltivare, distribuire e consumare gli alimenti, e sul tipo di sistema alimentare che vogliamo per il futuro”, dicono le curatrici May Rosenthal Sloan e Catherine Flood. “Il sistema moderno dell’alimentazione, che in gran parte ha preso forma nella seconda metà del Novecento, non funziona per dare alle persone quel che dovrebbe, ed è ora di porsi delle domande serie sul suo modo di essere e sul suo sapore di domani.” La loro mostra, Food: bigger than the Plate, riunisce progetti piccoli ma suscettibili di ampliamento, che ripensano certe convinzioni sul cibo: si può davvero chiacchierare con le piante? È da vegetariani fare un sanguinaccio con il sangue cavato a un maiale ancora vivo? Sembrano domande peregrine, che però diventano più pertinenti se vengono presentate accanto a istantanee di allevamenti intensivi corredate da avvertenze a chi osserva. “Non stiamo dicendo alle persone che cosa dovrebbero mangiare né rimproverando nessuno per le sue scelte”, dichiarano a Domus Rosenthal Sloan e Flood. “Quel che facciamo è mettere in luce la realtà del sistema alimentare attuale e il suo impatto sul mondo e sui suoi abitanti, illustrando idee e proposte interessanti su come progettare un futuro alimentare più sostenibile, più giusto e più gustoso.” La mostra si fonda sulle crescenti preoccupazioni a proposito della sostenibilità del sistema alimentare, con l’agricoltura urbana, i giardini verticali e il veganismo che conquistano spazio nelle settimane del design e nelle biennali di tutto il mondo, e sulle motivazioni di numerosi progetti concepiti per la mostra. Le innovazioni sono esposte in bocconi di mostra – intitolati Compostaggio, Coltivazione, Commercio e Mangiare – racchiusi da panneggi dai toni carnicini. “Uno degli enormi punti di forza che artisti, designer e altri creativi possono offrire è la capacità di comunicare idee complicate in modo che colpiscono l’immaginazione”, spiegano le curatrici. “Nel dibattito sul futuro dell’alimentazione abbiamo bisogno più che mai di voci nuove e alternative. Il pensiero creativo e la sperimentazione devono dedicare un’attenzione centrale a questo aspetto.” Esauriti da tempo i primi duecento biglietti commestibili, chiuso temporaneamente lo snack bar del LOCI Food Lab – che prepara su misura bocconcini secondo requisiti di gusto e di etica scelti su un tablet – e solo con un debole aroma proveniente dalla vetrina del contenitore di fermentazione, i sensi si ritrovano insolitamente inibiti, per una mostra dedicata esclusivamente al cibo. Ma con l’esposizione di funghi orecchioni che crescono in contenitori di fondi di caffè che sembrano sacchi da boxe, destinati a essere serviti al ristorante del Victoria and Albert, del bagno senz’acqua Loowatt, già in uso nei festival di tutta la Gran Bretagna, e delle impiallacciature di foglie di granturco, si può vedere concretamente come queste idee saranno messe in tavola.
Più grande del piatto: la mostra sul cibo al V&A
Formaggio dai batteri di un’ascella del bassista dei Blur Alex James, sanguinaccio di maiale ancora vivo ed escrementi trasformati in servizi da tavola. Ma, novità a parte, che ci si porta a casa dalla mostra del Victoria and Albert?
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- Jessica Mairs
- 12 giugno 2019
- Food: Bigger than the plate
- Victoria and Albert Museum, London
- May Rosenthal Sloan e Catherine Flood
- 18 maggio - 17 novembre 2019