C’è chi l’ha dipinto, chi l’ha fotografato e anche chi – come il danese Olafur Eliasson o il messicano Gabriel Dawe – ha cercato di ricrearlo artificialmente dentro le stanze di un museo. Da sempre, l’arcobaleno è uno dei fenomeni naturali più affascinanti non solo agli occhi di qualsiasi essere umano ma anche e soprattutto per quelli di un artista.
Vuoi per la sua capacità di generare meraviglia, vuoi per la sua potenza simbolica e semantica: nella Bibbia – è bene ricordarlo – l’arcobaleno è il segno che Dio invia ai sopravvissuti del Diluvio universale per promettere loro che non inonderà più la Terra, mentre nei codici simbolici contemporanei è divenuto il simbolo sia della pace, sia delle comunità Lgbt.
Lorenzo Damiani – designer che ha fatto della sorprendenza il tratto distintivo e connotativo del suo lavoro – ha scelto proprio l’arcobaleno per connotare la propria partecipazione alla mostra “The New Poetic Activism”, all’Adi Design Museum di Milano dal 29 gennaio al 7 aprile. Il curatore Mario Trimarchi ha chiesto a 17 noti designer italiani di differenti generazioni (tra cui, fra gli altri, Francesco Binfaré, Marta Laudani, Elena Salmistraro e Francesco Faccin), tutti attenti alla ricerca di nuove poetiche espressive e non solo alle logiche commerciali, di mettersi alla prova ricercando territori di progetto inesplorati, capaci di andare oltre la logica della funzionalità per lambire i confini – spesso sfuggenti, problematici, indefinibili – di ciò che siamo soliti chiamare “poesia”.
Il mondo è pieno di arcobaleni che nascono e terminano in modo inaspettato, ma altrettanto sorprendente è riuscire a crearne uno, secondo le regole della natura, esattamente dove lo si desidera.
Lorenzo Damiani
Damiani ha fatto una scelta coraggiosa e coerentemente “sorprendente”: invece di progettare un oggetto o di disegnare un processo, ha immaginato – come si diceva – di ricreare artificialmente il fenomeno dell’arcobaleno. In natura, si sa, l’arcobaleno appare in genere (ma non sempre, e solo in determinate condizioni luministiche) dopo una tempesta: quando la luce del sole attraversa le gocce d’acqua rimaste in sospensione dopo il temporale, o presso una cascata o una fontana.
Damiani pensa invece a un “arcobaleno senza tempesta” (questo il titolo del lavoro): “il mondo – scrive – è pieno di arcobaleni che nascono e terminano in modo inaspettato, ma altrettanto sorprendente è riuscire a crearne uno, secondo le regole della natura, esattamente dove lo si desidera”. Il progetto consiste insomma nell’individuare le condizioni necessarie affinché la natura possa generare questo fenomeno – molto amato ma inafferrabile – in un posto prestabilito: per farlo bisogna scegliere con cura il luogo dell’esperimento e poi considerare che l’arcobaleno può essere ottenuto solo in alcuni determinati momenti della giornata in relazione al variare dell’intensità e all’inclinazione dei raggi del sole.
Damiani ha studiato queste condizioni e poi ha provato a generare l’arcobaleno artificialmente, en plein air, sulla vetrata del suo studio, filmando il processo in un video esposto in mostra e realizzato il 23 novembre 2023 alle ore 13.51. Il video mostra una visione in soggettiva: con una mano Damiani tiene una canna che spruzza acqua sulla grande vetrata del suo studio, con l’altra riprende l’effetto che fa. Vediamo con i suoi occhi, a partire da una posizione preliminarmente studiata.
L’arcobaleno che così si genera interagisce visivamente con l’ambiente dello studio attraverso il filtro della vetrata su cui si riflettono gli alberi, dove esterno e interno si fondono e si sovraimprimono, mentre fanno capolino oltre il vetro anche alcuni dei pezzi più importanti disegnati in passato da Damiani. Ma l’azione poetica del creare arcobaleni – azione segnata da una voluta impermanenza e istantaneità – è raccontata, in mostra, anche da una presenza concreta e più duratura: un vaso trasparente ospita un lungo tubo in gomma per spruzzare acqua, sollecitando l’osservatore a sperimentare la “progettazione” di un arcobaleno, magari – scrive Damiani – “insieme ai propri bambini”.
Indicazione preziosa: c’è quasi un ricordo d’infanzia in un simile progetto di “attivismo poetico”. Non a caso, l’idea stessa del titolo della performance, Arcobaleno senza tempesta, viene da una celebre filastrocca di Gianni Rodari: “Un arcobaleno senza tempesta,/ questa sì che sarebbe una festa./ Sarebbe una festa per tutta la terra/ fare la pace prima della guerra.”
Immagine di apertura: Lorenzo Damiani, Rainbow without storm, “The New Poetic Activism”. Foto Michele Nastasi
- Mostra:
- The New Poetic Activism
- Dove:
- Adi Design Museum, Milano
- Date:
- dal 29 febbraio al 7 aprile
- Curata da:
- Mario Trimarchi