“Sono d’accordo di rimandare l’esposizione a ottobre per avere tutto il tempo di fare una cosa straordinaria, perché con Parigi non si scherza”. Così, il 29 marzo del 1978, Gio Ponti ringraziava Tony e Carla Bouilhett che gli avevano proposto di creare una grande mostra sul suo lavoro. Ponti però muore l’anno successivo e il progetto è per il momento archiviato.
Quarant’anni dopo, Sophie Dumas, nipote di Tony Bouilhett – per cui Ponti aveva disegnato la villa neopalladiana l’Ange Volant a Garches, appena fuori Parigi – raccoglie il testimone dell’iniziativa: Gio Ponti torna nella capitale francese con la mostra “Gio Ponti Archidesigner”, curata da un team franco-italiano: Sophie Dumas, Dominique Forest, curatrice della sezione moderna del MAD e Salvatore Licitra, conservatore degli archivi di Gio Ponti e Chiara Spangaro, ricercatrice che si era già occupata del lavoro di Ponti in un' esposizione milanese di qualche anno fa.
Gio Ponti: “Con Parigi non si scherza”. Al MAD la mostra dedicata al fondatore di Domus
La curatrice Sophie Dumas ci parla della grande retrospettiva al Musée des Arts décoratifs che racconta la creatività dell’architetto milanese in un allestimento scenografico creato dello studio Wilmotte & Associés.
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- Cristina Moro
- 15 dicembre 2018
- Parigi
Ci sono voluti tre anni di studio, la mobilitazione di collezionisti da tutto il mondo e la collaborazione con diversi archivi per ricostruire l’universo pontiano, cercando di rappresentare tutte le discipline in cui si è cimentato. Impossibile essere esaustivi con un progettista tanto poliedrico, ma la mostra racconta bene, soprattutto al pubblico francese digiuno di mostre sull’architetto milanese, il suo approccio curioso che abbraccia ogni espressione artistica.
Lo studio Wilmotte & Associé ha risolto la difficoltà di allestire l’altissima navata del palazzo del Louvre attraverso una struttura imponente e scenografica che fraziona lo spazio in modo neutro e riempie la parte superiore dell’edificio con immagini e video degli ambienti pontiani originari. Mentre all’ingresso la ricostruzione della trama traforata della facciata della Cattedrale di Taranto accoglie il visitatore, senza svelare subito il contenuto della mostra.
Passeggiando per le quattro sezioni – artigianato, design, arredi e ricostruzione di ambienti – si ha l’impressione di sfogliare le pagine dei primi numeri di Domus: i vasi per la Richard Ginori, le pubblicità disegnate e pubblicate sulla rivista, i vetri colorati per Venini, le lampade per FontanaArte, le posate e le teiere per Christofle. Sono illustrati anche aspetti solitamente non esposti nelle numerose mostre pontiane, come il coinvolgimento nel gruppo Il Labirinto e il lavoro per Domus Nova, esperienze in cui Ponti inizia a proporre idee di artigianato e arredo moderne, per incoraggiare gli acquirenti alla formazione di un gusto personale nello spazio domestico e fuggire dall’imitazione dell’antico che Ponti condanna sin dai primi editoriali su Domus.
Nella navata principale, alcuni mobili, provenienti da collezioni di tutto il mondo, raccontano il suo stile in continuo mutamento: dal tavolo in marmo scuro disegnato negli anni Trenta per la famiglia Contini Bonacossi sino ai mobili pensati negli anni Settanta per la Casa Adatta, quando Ponti, ottantenne, immaginava arredi su rotelle, leggeri, personalizzabili, adattabili alle nuove esigenze del vivere domestico. Il percorso si conclude con la rievocazione di alcuni dei più caratteristici ambienti progettati dall’architetto: gli uffici per il Palazzo Montecatini, il salotto della casa di via Dezza con il ritratto di famiglia eseguito da Massimo Campigli e la villa Planchart a Caracas.
Una consistente esposizione di materiale d’archivio racconta la fase progettuale del lavoro di Ponti e la sua personalità: la poetica corrispondenza con gli amici di tutto il mondo, ma anche i disegni degli interni delle navi degli anni Quaranta, gli schizzi per gli argenti Christofle. Olivier Gabet, direttore del MAD, nell’introduzione del catalogo che accompagna la mostra, avvicina Ponti a uno spirito rinascimentale italiano, per il suo approccio creativo instancabile e totale.
Photo Luc Boely
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Com’è nata la mostra e come avete lavorato per creare “Gio Ponti Archidesigner”?
Penso a questa mostra da quasi dieci anni. Sono partita leggendo Domus in modo frenetico, mi sono entusiasmata subito, Ponti è un personaggio incredibile. Il lavoro di ricerca è stato lungo, ma Parigi doveva in qualche modo a Ponti questa mostra, proposta dai miei nonni allo stesso architetto già nel 1978. Ho raccolto il loro testimone e ho capito che la storia di Ponti meritava di essere raccontata proprio a Parigi, che lui considerava la sua seconda patria
Quale ruolo hanno avuto gli archivi nella creazione di questo progetto?
Un ruolo indispensabile, a partire dall’archivio di Domus disponibile online, che è stata la mia base. Per anni ho letto gli articoli scritti da Ponti e grazie a Domus ho potuto studiare come parlava dei suoi progetti, come li presentava al pubblico.
Anche lo CSAC di Parma ha aperto le porte dei suoi archivi con grande disponibilità, permettendoci di mostrare anche materiale mai esposto prima, così come il Museo della ceramica di Doccia, che ha partecipato con grande collaborazione: siamo così riusciti a creare ben tre vetrine dedicate al lavoro per la Richard Ginori.
Il Museo Christofle, che si trova a Rouen, purtroppo chiuso al pubblico, ha un patrimonio enorme ed è stato fondamentale per i lavori di Ponti della fine degli anni Venti.
Come avete scelto di raccontare il lavoro editoriale di Ponti?
Le riviste ideate e dirette da Ponti sono tante e hanno storie molto interessanti. Ponti amava condividere i suoi pensieri: ha scritto più di 1.000 pezzi per il Corriere della Sera, per Domus, per Stile.
Con Italo Lupi, che si è occupato della grafica della mostra abbiamo scelto di raccontare la sua attività nell’editoria sulle pareti della navata, attraverso la riproduzione delle immagini delle copertine, che testimoniano la sua voglia di sperimentazione incontenibile. Avremmo potuto dedicare più spazio a questo racconto, ma correvamo il rischio di canalizzare l’attenzione solo su una parte della sua vita, forse la più conosciuta.
Che rapporto c’è tra Ponti e la Francia?
Gio Ponti è un ponte tra l’Italia e la Francia, che considerava la sua seconda patria. Qui, nel 1925, ha vinto il premio per la ceramica nella grande esposizione universale di Parigi, che l’ha condotto al successo. È tornato a Parigi con un altro trionfo, quello del 1957 con la mostra Formes Idées d'Italie alla Galleria Christofle, dove ha presentato i suoi lavori assieme a quelli di amici come Fausto Melotti, Paolo De Poli e Lino Sabattini. Infine, nel 1973, il direttore di Domus è stato invitato dallo stesso MAD a celebrare i 45 anni della rivista. A distanza di 45 anni, era doveroso omaggiare Ponti nel tempio dell’arte, in Rue de Rivoli.
- Tutto Ponti: Gio Ponti, Archi-Designer
- Musée des Arts Décoratifs (MAD)
- 19 ottobre 2018 – 10 febbraio 2019
- Dominique Forest, Sophie Bouilhet-Dumas, Salvatore Licitra, Chiara Spangaro
- 107 rue de Rivoli, Parigi