Stefano Seletti

Il segreto di buon creativo? Andare fuori strada

Un design da prendere e sovvertire, per offrire l’inedito: un’intervista al patron dell’irriverente azienda mantovana Seletti.

Stefano Seletti

È un’azienda in evoluzione perpetua, quella di Stefano Seletti. Da quando, nei primi anni Sessanta, suo padre Romano intraprende una serie di viaggi commerciali verso l’estremo Oriente, diventando un pioniere nell’importazione di prodotti per la casa. L’attività cresce e si evolve grazie allo spirito curioso e vitale dei figli, come racconta a oggi il cuore pulsante della realtà colorata che noi tutti conosciamo. L’abbiamo incontrato a Cicognara, frazione di Viadana, un piccolo paese in provincia di Mantova dove vive e lavora a poca distanza perché “casa e ufficio sono un tutt’uno che quotidianamente alimenta la mia felicità”.

Quali sono le esperienze e gli incontri che ti hanno portato a diventare un creativo?
L’approccio alla creatività è nato grazie ai primi viaggi che ho fatto in Oriente insieme a mio padre. Non ero ancora maggiorenne quando, poco prima di iniziare l’anno della maturità, mi ha detto: “Ho deciso che devi venire con me, andiamo 24 giorni in Cina”. Questa proposta così folle è stata l’occasione della svolta. Vedere quei Paesi mi ha collocato in una realtà totalmente diversa, quasi come fossi salito sulla macchina del tempo e tornato indietro di decenni.

Cosa ti ha insegnato tuo padre?
Il suo motto era “mai paura”. Me lo ripeteva sempre. Ho imparato da lui a guardare la vita con più leggerezza, a ridimensionare quelli che mi sembravano problemi importanti, quando invece non lo erano per niente. Mi ha regalato la chiave per alleggerirmi la vita, ecco.

Non ero ancora maggiorenne quando, poco prima di iniziare l’anno della maturità, mi ha detto: “Ho deciso che devi venire con me, andiamo 24 giorni in Cina”. Questa proposta così folle è stata l’occasione della svolta.

E tua madre?
Mia madre mi ha insegnato a preparare la pasta fatta a mano. Conservo ancora con gioia il ricordo vivido di quei momenti.

Le caratteristiche che deve avere un collaboratore per entrare nel tuo team?
L’entusiasmo, la voglia di appartenere a questo che, innegabilmente, è un progetto un po’ folle. Mi sono ritagliato una nicchia creando un prodotto che ha sovvertito le regole: prendere quello che già c’è e sovvertirlo, cercando di trovare l’inedito. Non seguiamo un percorso strettamente connesso al mondo del design, siamo creativi, vogliamo andare fuori strada. Chi viene qui conosce la direzione. Aspetto di trovarmi davanti una persona che somigli ai nostri prodotti: gioiosa e leggera.

Quanto conta l’ambiente per chi svolge un lavoro come il tuo e quanto spesso senti l’esigenza di doverti spostare, per alimentare nuove visioni?
Crescendo è cambiato anche il mio modo di alimentare la creatività. Da irrequieto che ero, oggi sono sicuramente più riflessivo, cerco stimoli legati anche ad altri mondi. Osservo molto le persone, soprattutto le mie figlie e le mie nipoti, ho un panorama generazionale che mi rende spettatore attivo di tante sfumature. Questo è sicuramente utile per offrire al consumatore qualcosa che si aspetta, in una veste rinnovata. Cerco di proporre prodotti esclusivi, inediti, curiosi ma accessibili.

Marcantonio, Jurassic Lamp per Seletti
Marcantonio, Jurassic Lamp per Seletti

Il viaggio che non ti togli dalla testa.
Cina, India, Tailandia dove ho conosciuto nuove realtà e orizzonti che hanno influenzato profondamente la mia visione professionale, stilistica e umana. Il viaggio più importante è stato quello fatto a San Paolo, dov’ero invitato al matrimonio di amici. Lì ho conosciuto la sorella della sposa, che poi è diventata mia moglie. 

Qual è la creazione alla quale sei più affezionato?
Estetico Quotidiano. È diventata un classico, come riproposizione degli articoli monouso in materiali nobili. Ormai ha 11 anni, è stata la prima collezione che mi ha fatto uscire dalla grande distribuzione, quando sentivo quest’ambiente troppo stretto. Così l’ho proposta a destinatari diversi, iniziando a esportare senza però cambiare la nostra struttura.

Mi sono sempre concentrato più sull’aspetto emotivo, che su quello funzionale.

Dove vendi di più, nel mondo?
In Italia, Francia, Inghilterra e Paesi Bassi. Sto nutrendo molta fiducia nella Cina.

Quali sono i passaggi che segui per dar forma a un nuovo progetto?
Deve avere dentro una carica di novità, un potenziale soprattutto estetico, ancor prima che funzionale. Deve contenere un forte lato umano, far sognare, sorridere, essere lo stimolo a iniziare una conversazione. Mi sono sempre concentrato più sull’aspetto emotivo, che su quello funzionale.

Selab, Estetico Quotidiano per Seletti
Selab, Estetico Quotidiano per Seletti

Una caratteristica del tuo carattere che ti è servita ad arrivare dove sei. Ti dai una pacca sulla spalla, e ti dici?
La convinzione di poter cambiare degli oggetti del quotidiano, variando sia le logiche di mercato che il gusto dei consumatori, mi carica in positivo per andare avanti. Il coraggio di (non) continuare a muovermi senza conoscere la destinazione. E fare casino, alimentando il movimento, sempre e comunque. In azienda siamo in 25, poche formiche, ma combattenti.

Futuro, una parola che ti piace tanto.
Mi piacerebbe iniziare una strada legata alla creazione e al potenziamento dei punti vendita: abbiamo il negozio diretto di Milano, lo shopping corner all’interno del department store di Selfridges a Londra, il punto vendita di Verona, il temporary di Parma. Questo per coprire diversi tipi di clientela, con esigenze e prospettive differenti. Sempre con il nostro sottofondo preferito, quello di fare (r)evolution.

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