Il design da collezione sembra avere una tema ricorrente, negli ultimi tempi. I vasi sono i protagonisti di mostre, studio visit, design week. Gran parte della ricerca sembra passare attraverso questi oggetti simbolici, decorativi e funzionali allo stesso tempo, familiari e accessibili. In bilico tra arte e design, indifferenti ai tentativi di definizione ormai sempre più labili.
Perché tanti vasi?
Lo abbiamo chiesto a Carlo Pratis di Daforma Gallery, che inaugura la mostra “La Sindrome di Pandora”. Da Sottsass e Mangiarotti a Cameranesi e Ricciardi, l’oggetto è uno solo: il vaso.
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- Annalisa Rosso
- 08 febbraio 2018
A Roma, la galleria Daforma inaugura il 9 febbraio la sua seconda mostra dedicata al collezionismo di design. “La Sindrome di Pandora” è una eclettica collettiva che parte dai primi del ‘900 per arrivare ai giorni nostri attraversando le produzioni – di vasi, ovviamente – di Ettore Sottsass, Angelo Mangiarotti, Mario Botta, Lino Sabattini, Piero Fornasetti, Coralla Maiuri, Sophie Dries, Federica Elmo, Valentina Cameranesi e Sara Ricciardi. Secondo il mito classico, dal vaso scaturiscono visioni sorprendenti – e poco importa in questo caso che si tratti dei mali del mondo. In mostra, la corista Valeria Pesciarelli interpreterà ogni pezzo attraverso una composizione studiata ad hoc.
Abbiamo chiesto al gallerista Carlo Pratis perché, secondo lui, questo è il momento dei vasi. “Con qualcosa che si può usare, credo ci si senta sempre più a proprio agio. La funzionalità crea un’interazione, quindi un rapporto diretto. La maggior parte dei vasi di cui stiamo parlando, anche se spesso concepiti come vere e proprie sculture, (penso a pezzi realizzati da nomi come Sottsass, Melotti o Fontana), hanno comunque intrinseca un’opportunità di completamento. Non c’è quindi quel distacco estatico che di solito l’arte contemporanea genera in noi. Il vaso diventa in qualche modo la mediazione perfetta fra i due mondi di arte e design: una scultura che autonomamente vive di vita propria, ma che permette, grazie alla sua funzionalità, di essere reinventata e rivissuta quotidianamente completandola anche solo con un fiore. Se mi chiedi cosa apporta un vaso alla nostra vita, ti rispondo che ci permette quel momento di piccola e semplice creatività, quella microscopica soddisfazione nel momento in cui si scelgono i fiori dal fioraio sotto casa. E se ti parlo da collezionista (quale sono), penso appunto a questo aspetto assolutamente interattivo e quindi ludico con la propria collezione. Un aspetto che nella maggior parte delle collezioni di arte invece tende a mancare o ad essere più complesso e mediato”.
Nella project room della galleria, viene presentato un progetto personale di Edoardo Dionea Cicconi. Un’installazione totemica che rivede il mito di Pandora immobilizzandolo per sempre “in una drammatica implosione di bellezza”.