L'Hotel Parco dei Principi di Sorrento celebra il suo cinquantenario con un atto che consacra ancora una volta la devozione dei suoi proprietari verso l'universo creativo di Gio Ponti.
Nel 1962 l'ingegnere Fernandes incaricava l'architetto di convertire in hotel l'antico Poggio del Conte di Siracusa, costruzione della fine del '700, sospesa tra il golfo e i 27 ettari di parco secolare. Ponti risponde con un design sobrio e innovativo, contenuto in un'architettura quasi assente che preferisce mimetizzarsi con i maestosi profili rocciosi in cui si innesta.
All'interno, i molteplici motivi decorativi delle ceramiche dei pavimenti e i ciottoli bianchi e blu incastonati nelle pareti verticali formano un collage idealmente connesso ai paesaggi marini circostanti, definendo al contempo uno specifico linguaggio estetico, in cui arti differenti convergono e si fondono.
Gio Ponti firma così uno dei primi design hotel al mondo, le cui sorti sono state decisamente più felici di altre sue architetture cadute in stato di degrado dopo aver visto la loro destinazione d'uso variare in maniera drastica (si pensi all'Albergo Paradiso nella Val Martello progettato tra il 1935 e il 1936, occupato dall'esercito tedesco nel 1943 e in stato di abbandono dal 1955). Dopo 50 anni, dunque, l'Hotel Parco dei Principi se indubbiamente rappresenta il simbolo dello sviluppo turistico di Sorrento, non di meno va visto come un contenitore che testimonia di un momento glorioso del design italiano degli anni '50.
50 anni di Gio Ponti a Sorrento
L'Hotel Parco dei Principi celebra il suo cinquantenario con un atto che lo vede evolversi da primo design hotel a inaspettato hotel museo.
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- Fabrizia Vecchione
- 09 luglio 2012
- Sorrento
L'intervento di ristrutturazione, indispensabile per rispondere alle esigenze di un albergo di lusso, è stato condotto dal 1999 al 2004 dall'architetto napoletano Fabrizio Mautone, il quale afferma di aver seguito "un oculato restauro del moderno".
Partendo da un processo di depurazione, guidato dallo studio approfondito dei disegni originali del maestro, sono stati eliminati pareti e tramezzi introdotti nel tempo, che in qualche modo avevano compromesso la spazialità estroversa del progetto originario. Gli arredi sono stati restaurati fedelmente dai Fratelli Bruno, terza generazione di maestri ebanisti napoletani che sin dalle origini si è occupata della manutenzione degli arredi di Ponti di Sorrento e del Royal di Napoli. Per il restauro delle ceramiche, si è trattato letteralmente di un intervento di ricucitura al dettaglio, per cui dove non vi era altra scelta si è proseguito con la sostituzione dei pezzi danneggiati, coinvolgendo artigiani e aziende del posto.
Il risultato è quindi un interno purificato, che mette in risalto l'ingegno tecnologico e l'armonica coesistenza di arti differenti.
Quasi prevedendo la diffidenza che arredi così scarni avrebbero potuto generare in un pubblico abituato a un altro tipo di 'lusso', l'architetto Mautone in occasione del cinquantenario, compie un passo ulteriore trasformando quello che fu il primo design hotel in un inaspettato hotel museo.
Il percorso "didattico - espositivo", messo in scena negli spazi comuni del piano terra, fa luce su personaggi e aziende coinvolti nel progetto originario. Dopo averci presentato figure come Ico Parisi, autore di una poltroncina e di un divano, o Fausto Melotti, artefice delle ceramiche artistiche, il percorso ci conduce a un nuovo livello di consapevolezza mostrandoci oggetti sacri della produzione di Ponti, smontati a terra e spogliati di ogni segreto.
Il nuovo livello del "museo" si sovrappone al resto senza disturbare in alcun modo la percezione degli spazi
"La genialità di Ponti", afferma Mautone, "era stata quella di immaginare un elemento scomponibile ma con elevata resistenza strutturale, rimanendo sempre a metà tra produzione industriale in serie e raffinato lavoro artigiano". Ed ecco che mentre la 'Superleggera', sospesa in aria, si fa osservare da nuovi punti di vista, la nota poltroncina 'Lisa', scomposta nei suoi "8 pezzi" (un sedile e uno schienale imbottito, due sostegni in legno curvato e quattro gambe metalliche) rivela la sua logica, figlia di un design pensato per essere riprodotto in serie e assemblato, in continuità con la linea già anticipata dalla viennese Thonet.
Il nuovo livello del "museo" si sovrappone al resto senza disturbare in alcun modo la percezione degli spazi. Come una traccia "illuminata", si apre non solo ai clienti ma a tutti gli appassionati, offrendo nuovi strumenti per comprendere un mondo che si rivela ancora potenzialmente innovatore.