Questo articolo è stato pubblicato su Domus 957, aprile 2012
L'aggettivo che per Dirk Vander Kooij meglio
definisce il proprio modo di progettare è onesto,
perché basato sulla sperimentazione di un
materiale che denuncia la propria origine ed è
plasmato da un robot che crea "in trasparenza".
L'onestà non è certo il primo concetto che viene
alla mente guardando il robot industriale che ha
programmato per 'stampare' mobili e che, nel suo
laboratorio di Eindhoven, estrude plastica riciclata
per forgiare sedie e tavoli facendo percorrere
al proprio braccio meccanico un movimento
potenzialmente infinito. Ma è un concetto che ha
sicuramente a che fare con il designer olandese e il
suo percorso progettuale.
Appassionato costruttore
sin da adolescente—a 13 anni ha disegnato una
collezione di utensili e ha poi iniziato a realizzare
piccoli mobili per i compagni di scuola e la
famiglia—, ha frequentato il Wood and Furniture College prima di iscriversi alla Design Academy
di Eindhoven, dove è passato dal lavoro sul legno
alla plastica riciclata dello sgabello Elephant Skin,
un progetto sviluppato proprio nel corso di studi
all'Academy.
Autoprogettazione robotica
Con una stringa di plastica ottenuta dal riciclo di componenti di vecchi frigoriferi plasmati da un robot, il designer olandese Dirk Vander Kooij ha creato una micro-industria a chilometro zero che arriva a produrre fino a 4.000 pezzi all'anno.
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- Loredana Mascheroni
- 11 aprile 2012
- Milano
Il metodo di 'cottura' in forno seguito da una fase di raffreddamento, che produceva un materiale plastico dall'aspetto corrugato simile alla pelle di un elefante, gli vale le attenzioni di Ingo Maurer, che gli offre un periodo di apprendistato nel proprio studio di Monaco. Il percorso di Dirk è così tracciato. In contemporanea al conseguimento del diploma nel 2010, usa la propria tecnica per produrre tavoli (la serie Endless) e li espone quello stesso anno al Salone del Mobile, dove ad aprile porterà il suo Endless Robot (con l'ultima collezione di oggetti) per la performance live a Palazzo Clerici, nella mostra di Domus The future in the making.
Il suo "approccio robotico" ha impresso un marchio al lavoro di Dirk, che però ne prende le distanze. "Non credo che usare stampanti in 3D sia il modo migliore per produrre qualsiasi oggetto", precisa. "Ho lavorato al robot perché non esisteva un mezzo simile per realizzare ciò che avevo in mente. Il mio obiettivo non è essere un'azienda 3D ma solo un designer affascinato da texture e materiali". A confermarlo, anticipa che al Salone la sua performance consisterà nel rompere la perfezione della produzione della sedia intervenendo sul processo. Il robot produrrà una striscia molto più spessa della precedente (5 cm), l'accoppierà con una seconda e le piegherà ancora calde per forgiare una nuova seduta. "Senza l'invento creativo che sa conferire valore all'oggetto, quello che esce da una stampante 3D non è poi così speciale. Le macchine sanno produrre solo strutture simili tra loro e assolutamente cheap".