"Armoured, Confortable, Conformist, Creased, Essential, Fashionable, Loose, Measured, Plain, Pretentious, Tight". Parole che associamo all'abito, parole che, fatte esplodere, rivelano significati che interrogano il nostro rapporto con il vestito, connessioni sfuggenti, slittamenti inquietanti. Occorre fermarsi a riflettere, occorre darsi il tempo di formulare delle domande a cui cercare di rispondere. Senza necessariamente trovare la risposta, ma riscoprendo il valore e il potere dell'interrogativo. Così può succedere di ricordare che la definizione di "misurato" non rimanda solo a un fatto tecnico, scientifico, numerico, ma anche all'idea del contenimento estremo, del controllo. A queste parole corrispondono undici definizioni, messe a punto dallo psicanalista Adam Phillips: sono tracce, segnali, indicatori blandi che ci guidano attraverso le sale della Blythe House, sede dal 1978 del monumentale archivio del Victoria & Albert Museum di Londra, dove la fashion curator Judith Clark ha disseminato undici installazioni, una per ogni definizione.
Si chiama "The Concise Dictionary of Dress" la mostra curata da Judith Clark e Adam Phillips e commissionata da Artangel: in questo dizionario, però, le installazioni non sono una traduzione delle definizioni, così come le definizioni non sono didascalie delle installazioni. Si tratta piuttosto di un dialogo aperto fra parole e oggetti, fra concept e display tridimensionale. Mentre si legge la definizione di "misurato", ci si trova di fronte a un armadio a muro, che appare improvvisamente fra gli armadi dove sono conservate le porcellane del museo; all'interno, nello spazio rivestito da pannelli di legno a rombi, sono esposti due gobbi di porcellana e un guanto francese del XIX secolo. Così, "misurato" diventa lo scarto dalla norma, la deformità, ma anche il contegno espresso dal guanto, forma massimamente estetizzata del distacco e del pudore.
Gli oggetti raccontano le loro storie individuali, ma anche una storia comune, quella che sommessamente li unisce: il disegno a rombi che ritma le pareti di legno compare anche sul guanto, decorato da piccole figure fra cui si riconoscono dei gobbi del tutto simili alle due porcellane. Oggetti, che nell'archivio non condividono la stessa collocazione, sono avvicinati in modo da diventare strumenti per generare visioni e riflessioni. Innescare processi, senza la necessità o la pretesa di esaurirli e chiuderli attraverso risposte rassicuranti.
Le definizioni accompagnano la visita silenziosa e religiosa (non più di sette persone alla volta, accompagnata da una guida) e dialogano con le installazioni che si insinuano e interrompono l'austera atmosfera cimiteriale della Blythe House, che per la prima volta è aperta al pubblico, come apparizioni.
Il dizionario incontra l'archivio e lo attraversa, per rivelarne le potenzialità. Archivio che non è più solo un luogo fisico, e che si rivela in quanto spazio concettuale, dove citazioni, riferimenti, ossessioni da collezionista, parole, oggetti e immagini entrano in cortocircuito dando vita a racconti inediti e inattesi. Archivio come costellazione, come meccanismo che funziona proprio perché mette costantemente in discussione il proprio ordine, inventando altre regole. Archivio come l'Atlante Mnemosyne di Aby Warburg, chiaro riferimento che muove il progetto e che viene evocato in modo diretto dall'installazione che accompagna la definizione di "essenziale". Il processo di definizione di un abito può diventare un dispositivo per raccontare le storie, e soprattutto per riflettere su come si raccontano le storie.
Il lavoro realizzato da Judith Clark e Adam Phillips alla Blythe House ci ricorda che lo sguardo del curatore è anche lo sguardo che il curatore chiede al visitatore di ricostruire e assumere. Uno sguardo che è implicato e costruito spazialmente nei percorsi della mostra. Attraversare questo spazio è (farsi) raccontare delle storie, e simultaneamente interrogarsi su come raccontarle. Nella maestosa sala della Blythe House dove sono conservati i tessuti, alla complessa definizione di "plain" (da intendersi come semplice, pulito, disadorno) corrisponde un'installazione che è il tentativo di mettere in scena il gesto impossibile di archiviare una mostra: silhouette di abiti e didascalie in Tyvek bianco alludono al calco di un ipotetico allestimento, tentativo estremo di consegnare ai posteri la storia di qualcosa che per definizione è temporaneo. Definire, archiviare, raccontare, alludere: sfogliare (e attraversare) "The Concise Dictionary of Dress" è interrogarsi su queste azioni concettuali. Maria Luisa Frisa
The Concise Dictionary of Dress
Maria Luisa Frisa ci guida tra le sale del monumentale archivio del Victoria & Albert Museum di Londra, dove (fino a fine giugno) la fashion curator Judith Clark e lo psicanalista Adam Phillips indagano sul nostro rapporto con il vestito.
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- 04 giugno 2010
- Londra