Che senso ha una galleria d’arte sulla Luna?

Lo scrittore Bruce Sterling racconta Lunar Codex, il progetto che realizza il sogno di una capsula del tempo sul nostro satellite, dove custodire il patrimonio culturale e artistico umano. 

Questo articolo è stato pubblicato precedentemente su Domus 1092.

Siamo nel bel mezzo della pandemia e un eclettico fisico-poeta piange la sorte delle gallerie d’arte del pianeta. È lieto di essere il curatore di una mostra d’arte (suo padre, scienziato, e sua madre, artista, sono stati anch’essi curatori), ma l’intera Terra è in subbuglio. Il pubblico, colpito dal flagello, non può visitarla. Poi gli viene un’idea: perché non creare una galleria sulla Luna? Il risultato è Lunar Codex: una vera e propria galleria, fisica, sulla Luna.

Non è il primo esempio d’arte a essere collocato lassù: sul suolo lunare c’è arte dal 1969. Tuttavia, si tratta probabilmente della galleria/capsula del tempo/museo più site-specific mai realizzata. È raro che un gesto tanto lirico, decisamente visionario, arrivi a un risultato pratico.

È anche vero che il dottor Samuel Peralta si diletta a costruire orologi da polso. E così si è assunto questo compito e l’ha portato a termine. Le circostanze l’hanno favorito. I razzi sono diventati meno cari. L’elettronica si è drasticamente contratta. Negli anni 2020, una normale capsula lunare americana è una piattaforma a catalogo. Trasporta componenti di proprietà dei clienti. Siamo entrati in un’epoca che si autodefinisce di “servizi commerciali di trasporto lunare”. 

Foto Lunar Codex
Opere di Lunar Codex, a cura di Samuel Peralta. Comprende opere di 35.000 autori (immagini, oggetti, riviste, libri, podcast, film e musica) di 234 Paesi. Foto © Lunar Codex

La tecnologia spaziale destinata al mercato si configura nel modo in cui Astrobotic, Intuitive Machines, una copia di riserva, e ce ne sono moltissime. È diventata una tendenza. L’arte lunare accelera il passo. Insieme con le opere selezionate da Peralta, oggi la Luna vanta due edizioni della ricca Biblioteca lunare del frequentato Billion Year Archive. Hanno fatto la loro comparsa dei venditori di trasporto lunare, che offriranno il trasferimento diretto delle pubblicazioni preparate dagli autori per la modica somma di 75 dollari.

A differenza del “turismo spaziale” – dove un miliardario potrebbe finire sul lastrico per sole poche ore in orbita – portare sulla Luna poche decine di grammi di arte condensata è divenuto un passatempo dei nostri giorni. È un gesto originale, divertente, raffinato, adatto a piccoli gruppi di appassionati: un’attività paragonabile al paracadutismo acrobatico o a quella dei radioamatori. Il Lunar Codex come opera performativa è davvero stupenda. 

Per un solitario poeta/artista/fisico filippino-canadese soffrire emotivamente del lockdown, contemplare il cielo notturno, decidere di cambiare il canale di destinazione e semplicemente collocare la sua arte preferita sulla Luna è un’impresa degna di un romanzo di Jules Verne (in particolare, Dalla Terra alla Luna del 1865, con il protagonista Ardan, modellato su Félix Nadar, fotografo d’arte e appassionato di microfilm).

Il Lunar Codex è fantastico come Verne, ma perché è la Luna a essere intrinsecamente fantastica. In sé e per sé, il contenuto del Lunar Codex è l’arte contemporanea che il curatore ammira e trova online. Di certo sa che cosa gli piace, e gli piacciono la poesia, l’arte spaziale, l’illustrazione di fantascienza e la musica pop filippina.

Viktoria Savenkova, Yesterday Today Tomorrow, 2019. Foto © Lunar Codex

Periodicamente, qualcuno approda sulla Luna ci resta magari per un po’, ma non la possiede mai. Ci si può mettere dell’arte, un’arte che può sopravvivere nel vuoto estremamente secco della Luna per un milione di anni. Ci sono già 187 tonnellate di artefatti umani. Cosa non bella e molto materiale. Spazzatura spaziale abbandonata senza cura dall’uomo, più alcuni rottami sparsi, conseguenza di violenti incidenti.

Il Lunar Codex, invece, è compatto e pesa solo pochi grammi. Ha la forma e le dimensioni di un paio di orecchini per signora in un astuccio da gioielli. Piccoli, scintillanti dischi metallici, simili a monete incise con il laser e microchip di memoria rinforzati. È delicato, è grazioso. La Luna ha arte e archivi, ma non pubblico umano. E, cosa fondamentale, non ha creativi. Neppure uno. Non ha architettura, non ci vive nessuno. Talvolta, i viaggiatori dello spazio diventano artisti: Nicole Stott, Alan Bean, Alexei Leonov. 

Non esistono però artisti lunari che dipingano paesaggi patriottici. La cultura locale lunare non esiste. In questo secolo, per 20 anni, qualcuno ha vissuto in orbita. La Stazione Spaziale Internazionale è l’albergo di lusso più costoso che l’umanità abbia mai progettato e costruito. Si può anche raggiungere la Luna, e non si tratta di una semplice ‘stazione’, ma di un altro mondo a tutto tondo. Lassù nessuno pratica uno stile di vita locale. Come mai? Perché su quel mondo non c’è nulla che qualcuno voglia avere. In apparenza. Per lo meno così sembrava.

Ma, nel 2008, sulla Luna è stato scoperto un po’ di ghiaccio. Acqua ghiacciata, congelata dentro qualche cratere sparso. Nel 2015 il Congresso americano ha reso legale la ricerca e lo sfruttamento del ghiaccio lunare. Il ghiaccio non ha un valore commerciale. Tuttavia, fa apparire più fisicamente praticabile la vita umana sulla Luna. È curioso rendersi conto che la nostra Luna può ospitare alcune oasi d’acqua, ma di fatto è così e si sta silenziosamente sviluppando una “corsa al ghiaccio” al rallentatore. Si concentra intorno al Polo Sud che, a quanto si sa, è ricco di polvere di comete congelata.

L’India ci ha spedito due dispositivi per la ricerca dell’acqua. Un dispositivo russo sfortunatamente è andato distrutto in un incidente. Anche i cinesi progettano un allunaggio laggiù. Gli americani in questo caso hanno decisamente esagerato: hanno delle start-up per l’estrazione dei ghiacci. Se in qualche modo ci fosse abbastanza acqua – un grande lago gelato, un vero e proprio ghiacciaio lunare – be’, ancora non ci sarebbe nessuna ragione economica, politica o militare ineludibile per viverci. E non c’era nemmeno alcuna ragione ineludibile per metterci una galleria d’arte. Ma le gallerie ci sono. 

Heather Horton, A Ring of Bright Water, 2023. Foto © Lunar Codex

C’è un’installazione del Lunar Codex che se ne sta tranquilla lì, avvitata a una sonda scoperchiata vicino al gelido Polo Sud. In teoria, un pubblico per l’arte del Codex – visionario come il suo creatore – potrebbe in qualche modo sentirsi spinto ad andarselo a prendere. A proposito di abitazioni in un altro mondo, le caverne gelate, gli igloo, le piscine e le saune lunari non hanno ancora ottenuto grandi attenzioni dal mondo del progetto. Tuttavia, un ghiacciaio lunare potrebbe essere la proprietà terriera più promettente nel nostro aspro e desolato sistema solare. Perché avventurarsi lassù, perché cercare di viverci? Perché è lì. Perché si può fare. Come affermazione, come dimostrazione. Come performance d’avanguardia. Perché è un’impresa.

Immagine di apertura: Victor Gadino, Robot Betty, 2023. Foto © Lunar Codex

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